THOBBE ENGLUND - Hail To The Priest

Metalville
Da circa 3 anni il chitarrista svedese Thorbjörn "Thobbe" Englund si è amichevolmente separato dalla sua precedente band, gli ottimi Sabaton, per assestare la sua attività musicale secondo le sue esigenze. Già fautore di 5 albums realizzati con il suo progetto musicale nominale, il nostro (ora anche cantante) decide di tributare un colosso del passato, nientepopodimenochè i Judas Priest, con un intero album di covers. La caratteristica peculiare di "Hail To The Priest" è, ovviamente, che il nostro Thobbe ha deciso di omaggiare i Priest in maniera del tutto personale. Evitando una volta tanto di riproporre, graziaddio, le solite reiterate "Breaking The Law" et similia, canzoni che ormai tutti conoscono a memoria e coverizzano fino allo sfinimento. No, lui ripropone sì un paio di classici sempreverdi come "Hell Bent For Leather" e "The Ripper", ma associati a molte perle dimenticate. Ripescate dagli angoli più oscuri della discografia dei Priest. Ad esempio, "The Sentinel" da "Defenders Of The Faith", "I'm A Rocker" e la spaventosamente epica "Under Blood Red Skies" del sottovalutato album "Ram It Down", che ha il solo torto di essere uscito subito prima del capolavoro "Painkiller" e subito dopo il platelmente bistrattato "Turbo"... da cui il nostro trae una buona riproposizione di "Reckless". E che dire di "Desert Plans" tratta dal sottovalutato (forse a ragione) "Point Of Entry"? Il caro Thobbe pesca addirittura una "Into The Pit" direttamente dall'album "War Of Words" dei Fight di Rob Halford... e "Burn In Hell" da "Jugulator", primo dei due albums in cui Tim Owens sostituiva sua maestà Halford. La resa delle songs in media è tra il buono ed il sufficiente, e si avverte moltissimo il sollazzo autentico di Englund nel riproporre le mitiche vocals di Halford con la propria voce (anche se... beh arrivare al livello espressivo del Rob dei bei tempi è un altro paio di maniche... ma almeno ci hai provato!) Voglio segnalare giusto una produzione un po' troppo scarna e poco rifinita, che non aiuta tantissimo l'ascolto, e spesso lascia a desiderare di riascoltare immediatamente gli originali (soprattutto le chitarre di "Under Blood Red Skies", secondo me, avrebbero avuto bisogno di ben altri suoni). Ciò nonostante, questo disco è da considerare un omaggio, onesto ed abbastanza rispettoso, da parte di Englund ai suoi brani preferiti dei Priest. Null'altro. Ora però, niente più sollazzi: stiamo a vedere gli sviluppi della sua attività da solista.

6,5/10

Alessio Secondini Morelli