CITY OF THIEVES - Beast Reality

Frontiers
I Greta Van Fleet vengono considerati, a torto o a ragione, gli eredi naturali dei Led Zeppelin: un singer di grande livello e promettenti qualità compositive sembrano deporre a favore di una loro totale autonomia dal Dirigibile nel prossimo futuro. Un discorso analogo potrebbe essere esteso ai City Of Thieves, giovane gruppo londinese al debutto sulla lunga distanza con "Beast Reality"; ma il paragone tra i percorsi delle due giovani band crolla al primo ascolto come un effimero castello di carta. I nostri, anziché trarre semplicemente ispirazione da qualche mostro sacro della musica eleggendolo a proprio Penate, prediligono comporre un centone dell'hard'n'heavy anni '80 dalla verniciatura moderna e luccicante da cui riesce davvero difficile, però, scorgere dei barlumi di originalità. Partenza fulminante con la veloce e convincente “Reality Bites”, pezzo dalle grandi sonorità, coinvolgente e globalmente ben riuscito. La marca hard rock si fa sentire preponderante in “Fuel And Alcohol”, martellante e senza freni inibitori, un brano ruvido, sporco ed energetico. “Buzzed Up The City” è accattivante ma complessivamente poco originale, molto simile a tutta quella gamma sonora tipica del genere, dal quale attinge a piene mani. Le ritmiche si fanno più cupe strascicate su “Lay Me To Waste”, potente e spietato, dagli ottimi fraseggi chitarristici. “Control” risulta nel complesso abbastanza scontato, al contrario del ben più stimolante singolo “Incinerator”, cadenzato, spregiudicato e piacevolissimo in tutte le sue componenti musicali. “Animal” ha un buon tiro e una coralità di livello, ma come altri brani presenti nell’album non eccelle per originalità.Cambio di atmosfera sulla profonda “Right To Silence”, leggermente stoner, che graffiando e pestando porta l’ascoltatore a “Born To Be Great”, vera sorpresa del disco, solare e frivola, pezzo gagliardo e suonato in modo impeccabile. Un grandioso assolo distorto spicca nella chiassosa “Damage” mentre intrecci puramente rock’n’roll spadroneggiano in “Give It Away”, anch’essa urlata e lineare.Terminata la conclusiva “Something Of Nothing”, intensa e sentita, ci rimane nelle orecchie e nel cuore un buon lavoro complessivo, sicuramente ben realizzato ma a conti fatti poco fresco e quasi per nulla originale, dal leggero sapore di incompiutezza. 

Voto: 8/10 

Bob Preda