LARS ERIC MATTSSON - Into The Unknown

Lion Music
Arieccolo! Oltre 30 anni di attività e ancora non si è stancato. Parlo ovviamente del chitarrista/shredder/polistrumentista finlandese Lars Eric Mattsson. Che per Lion Music da alle stampe il suo sedicesimo album. In cui canta anche (non so da quanto tempo lo faccia). Oltre, come di consueto, a suonare basso e tastiere, limitando gli interventi esterni a Christer Jansson per la batteria e Alexander King per gli assoli di tastiera e piano. Tranquillizzatevi voi fanatici dello shredding perché... questo è un disco di chitarra. In tutto e per tutto. Nel bene e nel male. Perché... cantato o non cantato, esso contiene tutti gli stereotipi dello Shredding Metal. Mattsson è un ottimo chitarrista e un compositore discreto. Le sue parti di chitarra sono sì convincenti... seppur faccia storcere un po' il naso per la produzione un po' troppo digitale. Le composizioni si assestano tutte su una buona media. Raccogliendo il consueto spettro di influenze tipiche dello Shredding Metal, tra neoclassico e retaggi Fusion (soprattutto nelle ritmiche, e il nostro mostra di essere davvero bravo anche sulle 4 corde del basso...). Purtuttavia, mi rincresce riscontrare quello che per me appare come un grave difetto presente lungo tutto l'album. Malgrado il nostro abbia affermato, nell'intervista annessa nella bio, di esser migliorato nel tempo anche come cantante, praticamente in ogni parte vocale è riscontrabile l'imbarazzante presenza di un autotune davvero... senza vergogna! Che trasforma la voce del nostro in una specie di fastidioso "sintetizzatore cantante". Vi giuro, a volte si avverte l'attacco della nota con un "tic" come inizio. Onestamente non so se l'effetto sia voluto, ma... vi assicuro che anche dopo solo 5 minuti di questo trattamento per le mie orecchie, la cosa si fa veramente tediosa! Ciò mi dispiace, perché se incise come si deve, le parti vocali del disco avrebbero potuto fare la differenza. Insomma, capisco che molti chitarristi, dovendo dotare le proprie composizioni di parti vocali, tendono a cantare da soli senza volerle affidare ad un vocalist di ruolo. Ma così non si fa. Suvvìa. Così, senza vergogna? La produzione globale, oltretutto, è solo discreta. Come detto prima, si sente che il più delle volte i suoni sono "meccanicamente" digitali. E oltretutto vi sono dei brevissimi intermezzi strumentali, con la chitarra sempre protagonista, che... terminano d'improvviso, lasciando l'ascoltatore sgomento e spiazzato. Nella stessa intervista Lars afferma di essersi preso dalla musica una lunga pausa di... 6 mesi. Tornando per completare quest'album in soli 3 mesi a cavallo tra fine 2018 e inizio 2019. Beh io direi, caro Lars, che la prossima volta non accadrà nulla di male se ci metti anche di più. Perlomeno 2 o 3 volte il tempo che effettivamente ci hai messo (e secondo me sarà sempre poco). Passando il tempo a lavorare meglio sulla produzione e ad affinare le tue doti canore, se non in alternativa a spiegare le vocals ad un bravo cantante di ruolo. Disco superfluo! 

Voto: 5/10 

Alessio Secondini Morelli