EISLEY/GOLDY - Blood, Guts and Games

Frontiers
Un ennesimo ritorno patrocinato dalla label italica Frontiers. Blood, Guts and Games è la nuova fatica di due vecchie conoscenze di tanti rocker, parliamo di David Glen Eisley e Craig Goldy, che si sono pienamente distinti nella line-up dei Giuffria, una breve, ma incisiva, carriera discografica di quella misconosciuta realtà comandata da Greg Giuffria ai tasti d’avorio .A completare la formazione troviamo Ron Wikso, già battagliero con The Storm, Foreigner, Cher,David Lee Roth, e altri. I brani proposti si rivelano elaborati e dalla lunga durata, senza piegarsi alle logiche delmainstream, tratti evidenti fin dalle iniziali "The Heart Is A Lonely Hunter" e "Lies I Can Live With", pezzi atmosferici in cui tappeti di tastiere vengono ricamati intorno al brano e fanno da perfetto contorno alla voce di Eisley, roca e avvolgente, sebbene non più incisiva come nei tempi migliori. Affiorano a tratti anche le influenze hard & heavy di Goldy, affinate nei tanti anni trascorsi a fianco di RJ Dio, in brani come "No More Prayers In The Night", forse il più complesso del disco con i suoi 8 minuti di durata, dominato dalle sferzate elettiche del chitarrista e da frequenti cambi di tempo; o nelle scoppiettanti "Soul Of Madness" e "Wings Of A Hurricane", i cui riff debitori di AC/DC, Led Zeppelin e dell'hard rock dei seventies ne fanno dei piacevoli intermezzi, che spezzano efficacemente le atmosfere del resto dell'album.

Non mancano canzoni dall'influenza rock blues, debitrici del southern rock o di bands più tradizionali come i Deep Purple, sparse qua e là nel disco ma più accentuate nell'intensa "Love Of The Game", o in un pezzo più rock come "Track Thirteen". Tra i brani più lenti e introspettivi troviamo "Life, If Only A Memory", in cui le tastiere e la voce sofferta di Eisley creano un'aura soffusa ed evocativa, con i graffianti riff di Goldy che rianimano e trascinano la song, inaspettatamente, proprio nel ritornello; mentre la conclusiva "Believe In One Another" è un lento AOR old-style molto gradevole che ricorda le atmosfere settantiane familiari a un disco immortale come "Infinity" dei Journey. L’unico dubbio che solleva questo lavoro è se sarà solo l’ennesimo progetto, o se ci sarà un seguito tale da poter appassionare i fan creando una band vera e propria. Dopotutto è meglio vedere una partita di calcio che un’esibizione di freestyle. In ogni caso onore e merito a due grandi artisti. 

Voto. 8,5/10 

Bob Preda