DEEP PURPLE - The Infinite Live Recordings Vol. 1

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I Deep Purple rilasciano il primo disco dal vivo tratto dal loro Long Goodbye Tour. Il disco in studio Infinite (l'ultimo'?) non ha deluso le aspettative, e ora la band continua, finche' potra', a esprimere il proprio meglio nella dimensione piu' consona, quella live. I Deep Purple, padri fondatori di tutta la musica hard and heavy, hanno deciso di lasciare le scene ma lo fanno senza fretta, la loro voglia di stare sul palco e' ancora tanta. Chi scrive ha assistito al concerto romano di giugno e ne e' uscito rigenerato. E' ammirevole e commovente vedere come questi musicisti ormai settantenni riescano a tenere il palco nel teatro del grande rock.. Nonostante i numerosi cambi di formazione avvenuti nel corso del tempo, la macchina da guerra Deep Purple e' ancora in grado di colpire con un certo vigore. Certo, i membri storici Ian Gillan (voce), Roger Glover (basso) e Ian Paice (batteria) non sono piu' in grado di ripetersi nelle performance mozzafiato dei primi anni settanta ma esprimono onesta' e passione in cio' che riescono a fare. Il chitarrista Steve Morse e il tastierista Don Airey, con classe e infinito mestiere, riescono ormai da decenni nella mission impossible di non far rimpiangere troppo l'incredibile accoppiata Ritchie Blackmore/Jon Lord. Tale accoppiata, a cavallo fra i Sessanta e i Settanta, ha rivoluzionato la scena rock creando un archetipo sonoro chitarra/tastiere difficilmente eguagliabile. E veniamo alla scaletta del tour e del disco. L'inquietante Time For Bedlam apre le danze. Va rimarcato che i Deep Purple non iniziavano i loro concerti con un brano dell'ultimo album pubblicato dal 1974, anno in cui usciva il glorioso Burn. Time For Bedlam, e' un pezzo duro, drammatico, incalzante. Non sfigura accanto a due pezzi d'artiglieria pesante come Fireball (dall'album omonimo del 1971) e Bloodsucker (da In Rock del 1970).

La band tira, l'energia e' palpabile. Nessuno penserebbe a degli ultrasettantenni. In Strange Kind Of Woman (1971) Gillan modifica radicalmente l'approccio vocale in modo tale da risultare efficace e coinvolgente senza provare ad emulare le imprese di altre epoche storiche. Le tastiere di Don Airey dominano Uncommon Man dal penultimo lavoro Now What's del 2013. In tal modo viene celebrato il non comune talento dell'indimenticato Jon Lord. Da Infinite, ultima fatica, emerge la sinuosa The Surprising, un brano che dimostra inequivocabilmente come i Purple siano ancora in grado di comporre ottima musica sorprendendo chi li segue da sempre. Lazy (da Machine Head del 1972) dopo tanti anni conserva intatto il suo sapore boogie e dimostra come nei Deep Purple siano sempre convissuti con disarmante naturalezza elementi jazzati e neoclassici. Un'ultima valida testimonianza dell'ultimo disco intitolata Birds Of Prey precede la lunga sequenza di brani classici destinati a chiudere con il botto la scaletta. Perfect Strangers, il brano della reunion del 1984, e' ormai a tutti gli effetti un pezzo storico. La magniloquenza dell'incedere, unita allo spessore delle tastiere di Airey, ci conduce in una fiera cavalcata sonora. Space Truckin resta un brano solido e granitico anche se ormai da tempo privo di quelle maratone solistiche che negli anni Settanta chiudevano i concerti in un tripudio di solismo ultraelettrico. A questo punto solo un trittico come Smoke On The Water/Hush/ Black Night puo' chiudere il cerchio. Sono pezzi che il pubblico ama visceralmente e che vengono cantati a squarciagola dal pubblico di tutte le nazioni in cui la band si esibisce. Forse la band ha composto cose piu' belle, ma sono questi i pezzi che fanno dei Purple un gruppo classico. Il cuore pulsante dei fans vuole questi pezzi, e i Purple continuano a proporli. Fino alla fine. Che forse non e' cosi' imminente. 

Voto: 9/10 

Silvio Ricci