WAIT HELL IN PAIN - Wrong Desire

Revalve
I romani Wait hell in pain, sono una giovane ed esordiente band di metal moderno, nati per volontà del chitarrista Stefano Prejanò e dalla cantante Kate Sale, escono ora col loro debutto, ma con le idee molto chiare. Il disco è un concept album, i nostri hanno scelto una tematica molto forte, dolorosa e purtroppo che quasi ogni giorno viene trattata nei quotidiani: ovvero la tematica della violenza sulle donne. I nostri confezionano dieci brani (delle quali una è una cover metallizzata a dovere) che sono forgiate nel metal moderno ma che, ascoltando il disco, si scoprono le diverse anime dei nostri. “The last trip” apre le danze, con un’intro pianistica e rumori urbani, ed ecco una cavalcata moderna, con chitarre compresse, elettronica e la bella voce della Sale che è potente e versatile, dosa abilmente la voce modulandola e mettendo calore e anima, la band è compatta e precisa, dosato l’uso di elettronica; e un solos di organo, ci fa capire anche un gusto hard.

“Get it out, è feroce e rabbioso metal moderno, chitarre che graffiano, squarci electro, un up tempo sul quale la singer dosa rabbia e dolore e si sente anche un gusto estremo in cori growl, il ritornello è fatto apposta per essere cantato e ti si piazza in testa. “Behind the mask” inizia con un arpeggio di chitarra, per poi salire di grado, tramite una batteria rullante e un tiro che sembra un mid tempo power/prog moderno, i nostri conoscono appieno la formula e la usano in maniera magistrale, melodia e impatto, buonissimo il lavoro delle chitarre. “Castaway” è nervosa, brano in controtempo, dal sapore quasi prog, la Sale usa bene il suo strumento vocale, con toni suadenti e ricchi di melodia, per poi colpire duro nel ritornello, unendosi alla rabbiosità della band. “Lost in silence” è potenza pura, chitarre e elettronica, un gran lavoro della sezione ritmica, un mid tempo violento, con tinte hard e un ritornello a forte presa melodica. “Rain of may” è introdotta da rumori temporaleschi e scrosci di pioggia, mentre la singer introduce con tutta la band il brano, attraverso pochi tocchi, un brano lento ma ricco di energia drammatica, e con orchestrazioni che danno pathos al brano. Il conclusivo “She wolf” è un mid tempo potente, percussivo, la band è coesa, unita, buon lavoro vocale anche nel dualismo, personalità e potenza. Un ottimo debutto, fatto col cuore e sapienza, conoscenza dei propri mezzi e soprattutto cuore e si sente, da avere. 

Voto: 7,5/10 

Matteo ”Thrasher80”Mapelli