SOULSPELL - The Second Big Bang

Valetes
Solo poche metal opera riescono a mantenere una certa longevità nel tempo. Troppo facile citare Ayreon ed Avantasia, probabilmente i top seller nel genere ed ormai sulla cresta dell’onda da quattro lustri, perchè ci sono anche altre realtà, che restano vive e pulsanti, trovando il proprio spazio. E’ il caso dei brasiliani Soulspell, progetto nato della mente del drummer Heleno Vale e qui giunto con “The Second Big Bang” al quarto disco in carriera. Il genere proposto resta sempre un power progressive metal di buona fattura, in cui, ovviamente, gli ospiti dietro al microfono giocano un ruolo fondamentale. Ed in questo giro di giostra il compositore carioca ha ottenuto l’apporto di Matos, Lione, Kotipelto, Owens, Hartmann, Ayreon (!!), Scheepers, alla faccia della metal Opera di seconda fascia. L’introduzione “Time To Set You Free” è un morbido tappeto sognante offerto dalle The Harp Twins, e lascia in breve il proscenio alla titletrack, prima esplosione di power ruggente ed epico con protagonisti la voce cristallina di Matos, uno sbraitante e aggressivo Carlos Ferri, Timo Kotipelto in grande spolvero, e, tra un assolo fulmineo della sei corde e uno delle tastiere, c’è subito spazio per il vocione di Bayley, per una composizione sparata a velocità sonica e che non concede un attimo di respiro. La tradizione dei Soulspell viene quindi subito ribadita, e non ci si sposta da quanto fatto nei precedenti capitoli. “Sound Of Rain” è una suite di nove minuti ben più cupa e articolata tra accelerazioni e passaggi corali ricamati da inserti di pianoforte. È un prog-power meno immediato nei contenuti melodici, con le voci che si sovrappongono e un bel break chitarra-tastiera dai toni maligni, dove aleggia la presenza eterea e spaziale di Arjen Lucassen. Composizione arcigna ma valida nei vari segmenti che la realizzano, condotta alla perfezione da un sempre grandioso Tim Ripper Owens la cui ugola foderata di metallo è sempre una garanzia. Va poi fatto un plauso sia allo squillante Victor Emeka che a Daisa Munhoz, un talento notevole la quale ben figura a braccetto con i colleghi maschili grazie a una voce potente ed espressiva (notare i vocalizzi sulla coda acustica del pezzo). Il vocione di Blaze apre “The End You’ll Only Know At The End” e si rientra in un minutaggio normale, dove si ripresenta Kotipelto ad accompagnare Daisa Munhoz in una traccia però poco convincente, che sembra un po’ girare a vuoto reggendosi sulla prova vocale impeccabile e su una indubbia abilità strumentale. Il canovaccio power con doppia cassa riprende in tutto il suo splendore grazie a “Horus’s Eye” e a Ralph Scheepers che, insieme a Owens è un po’ il fuoriclasse del disco.

Bel pezzo trascinante con acuti elargiti senza timore dal pelatone tedesco, accompagnato bene dalla brava Dani Nolden (Shadowside), maligna a sufficienza per tenere la mano a Scheepers in uno dei passaggi più riusciti dell’opera. Troviamo delle tastiere stratificate che aprono “Father And Son”, traccia melodica dal gusto AOR, probabilmente il risultato della ricerca di un singolo appetibile come già capitava in The Labyrinth Of Thruths con “Adrift”. Accattivante quanto basta e bel duetto tra Pedro Campos e la Munhoz. In realtà il primo estratto da The Second Big Bang, con tanto di video ufficiale, è “Dungeons And Dragon” dove spicca la prova del titanico Fabio Lione la cui voce ha sempre il pregio di essere riconoscibile tra mille. E di voce dimostra ancora una volta di averne Daisa Munhoz, mattatrice del disco in grado di arrivare a vette che sono improponibili per molti, non per lei. Altro bel momento. Non ci sono battute a vuoto evidenti lungo il percorso di “The Second Big Bang”, di certo chi cerca dell’originalità potrà storcere il naso, qui abbiamo a disposizione un trattato di power prog dai tratti sinfonici suonato e composto con dedizione capacità, che magari non farà gridare al miracolo ma lascia traccia di sé negli acuti sprezzanti di Scheepers e Matos in “White Lion Of Goldah”, nel mix di melodie zuccherose e acre salsedine per gentile concessione di Ripper e della Munhoz in “Games Of Hours”, e ancora nel classico powerone di “Super Black Hole” stile primi Avantasia. A questo punto...Complimenti ad Heleno Vale, che riesce con costanza a tenere in piedi un carrozzone di questo livello. Il nuovo disco dei Soulspell si mantiene sul livello dei precedenti e ciò e sicuramente una nota di merito. Di contro “The Second Big Bang” non è certo un lavoro rivoluzionario, che piacerà si ai fans del power prog sinfonico (tutti generi presenti nel cd, ma mai esasperati), ma difficilmente potrà essere annoverata tra le metal opera del secolo. 

Voto: 7,5/10 

Bob Preda