FLOWER FLESH - Intervista alla Band

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Risponde Alberto Sgarlato: 

Ragazzi, levatemi subito una curiosità !!! Ci spiegate l’origine del vostro monicker, Flower Flesh e perché un titolo come Duck In The Box al vostro lavoro?

-Il nome FF era stato inizialmente pensato dal nostro ex-cantante, Eugenio Mariotti, che poi è rimasto a collaborare con noi in veste di paroliere per qualche traccia del CD, ed era stato espunto dal testo di Antarctica, una delle nostre prime canzoni, della quale in questo momento è in lavorazione anche un video. Il titolo Duck in the box, invece, è frutto di una storia lunghissima: per l’album volevamo un titolo che in qualche modo fotografasse la nostra società di oggi e avevamo partorito decine di titoli che contenevano parole come “isolation”, “paranoia”, “post-industrial”, etc etc. Poi, il giorno in cui dovevamo fare il fotoservizio per il booklet, il nostro bassista Ivan è arrivato in ritardo perché si era fermato a salvare… una papera che stava per essere investita in autostrada! È entrato in sala prove con quell’animale che spuntava dalla scatola, siamo andati a liberarlo lungo il torrente che corre accanto alla nostra saletta e abbiamo deciso che tutto ciò era una specie di segno del destino: Duck in the box doveva essere il nostro titolo! In fondo esso esprime bene anche lo status mentale dell’individuo che in questi tempi difficili vorrebbe volare libero ma non si può esprimere!

Parlateci del vostro percorso artistico prima di questo lavoro. Che tipo di studi avete affrontato e quali sono stati i primi gruppi che vi hanno influenzato ?

-Difficile da dire: abbiamo tutti background artistici differenti, ma sicuramente abbiamo iniziato tutti con le covers. Marco (chitarra) ha suonato nei Kimeria, una band di nu-metal che faceva materiale proprio. Ivan ha suonato in varie coverbands di hard-rock. Io (Alberto) ho fatto di tutto un po’: negli Atollo K suonavo covers di jazz-rock (Gong, Perigeo, etc…), nei Syd of a grape ero in una tribute-band floydiana, nei Next Tuesday facevamo covers di AOR (Journey, Foreigner, etc…). Il nostro cantante D.E. ha studi che vanno dalla lirica al jazz. Il nostro drummer Bea ha esperienze molto variegate, dal blues al latin-jazz ai cantautori, e fa parte come percussionista della prestigiosa “Filarmonica G. Moretti 1518”, il più antico corpo bandistico d’Italia.

Ci raccontate dell’origine del gruppo, come vi siete conosciuti e com’è cresciuta l’alchimia che vi ha permesso di raggiungere gli ottimi risultati, specie a livello di feeling, che caratterizzano il vostro lavoro…

-Ci siamo conosciuti per caso e, altrettanto per caso, abbiamo detto “proviamo a scrivere qualcosa di nostro”, senza per questo imporci un percorso, del tipo “facciamo un gruppo prog” o “facciamo una band hard rock” o altro. Rapidamente, però, ci siamo accorti che la componente prog rock era il principale “massimo comun denominatore” e il più forte elemento legante tra di noi. I primi amici che venivano ad ascoltarci in saletta dicevano: “Se proprio dovessimo etichettarvi, sceglieremmo la definizione di prog”. E penso che l’alchimia che si è creata sia dovuta proprio alla vastità di gusti e di interessi di ognuno di noi e al pieno rispetto delle idee e delle proposte di ognuno da parte di tutti. Penso che i FF non potrebbero più essere i FF se anche uno solo di noi cambiasse.

Come nascono i vostri brani, ci descrivete il loro ciclo di vita dalla composizione alla realizzazione vera e propria?

-Tutto avviene con molta spontaneità. Uno di noi porta un’idea e gli altri iniziano al volo, davanti a lui, a lavorarci sopra. It will be the end, ad esempio, è stata costruita tutta attorno ai giri di basso di Ivan; The Race of my life è un arrangiamento sulle varie melodie vocali di Eros; le altre magari sono nate da collages di arpeggi miei o del chitarrista. E poi c’è il nostro drummer che fa un grande lavoro di “editing”: ascolta le idee che vengono fuori e ci dice: “questa è bella, merita due giri in più, questa è troppo prolissa, limiamola un po’, questa sta meglio se la spostiamo da questo punto a quest’altro della canzone…” e così via. Basta che lui sposti un accento su un ritmo e il brano cambia volto. 

Nei testi cercate di trasmettere qualche messaggio particolare ? 

-I nostri testi sono molto “figli del loro tempo”: raccontano lo stato di ansia e di pressione sull’individuo generato da questa crisi costante, raccontano le tensioni che scaturiscono da quest’epoca di incertezze, le incomprensioni tra gli individui, il gelo “antartico”, appunto, che si sta creando tra le persone.


In che modo avete conosciuto gli amici di Black Widow e come s’è sviluppata la collaborazione con questa mitica etichetta, Mecca per i collezionisti e per gli amanti della buona musica  ?

-Noi siamo liguri come la Black Widow, quindi per noi un marchio del genere è una sorta di istituzione, di punto di riferimento. Conosco Massimo Gasperini da quando avevo 15 o 16 anni: da ragazzino, due o tre volte all’anno, radunavo i soldini delle mancette dei parenti in occasione di compleanni, feste comandate, etc, mi prendevo il mio trenino verso Genova, insieme a un gruppetto di amici, e andavo in negozio da Massimo a scoppiarmi tutto in rarità musicali! Però, se individualmente ci conosceva già, come gruppo devo riconoscere che ci ha conosciuto e apprezzato grazie anche a un paio di “parole buone”: i commenti positivi su di noi ricevuti da Franco Piccolini del Cerchio d’Oro, storica prog-band della scuderia Black Widow, ai quali avevamo aperto un paio di concerti, e di Athos Enrile, blogger e curatore di eventi che aveva ascoltato il nostro demo.

E voi collezionate musica ?

-Ovviamente sì, soprattutto io e Ivan, da quando eravamo ragazzini.

Come vedete oggi il panorama rock, prog e metal ? Ci sono bands o generi che destano particolarmente il vostro interesse ?

-Fortunatamente il mondo della musica non si ferma mai e continua a sfornare nomi interessanti. Io personalmente ci resto un po’ male, e posso dire persino che intimamente un po’ soffro, quando parlo con gente che è disposta a spendere 70 o 80 euro per un concerto di Roger Waters o di Greg Lake circondati da carneadi solo perché c’è “il Grande Nome” o per comprarsi l’ennesimo cofanetto supermegarimasterizzato del vecchio classico che conosce a memoria e poi magari non investe quei 10 o 20 euro per andare a un festival di giovani bands di genere dove potrebbe scoprire molte cose che gli piacciono e che gli rinnovano un po’ il “parco ascolti”. Trovo che ci sia un mix di pigrizia, soprattutto mentale, ma anche un po’ fisica, ignoranza e superficialità in tutto questo. Io da ragazzino avevo pochi soldi da spendere e quando entravo in un negozio e vedevo l’ultimo album di una band che amavo o un nome del tutto sconosciuto che mi ispirava, mi buttavo convinto sul secondo per il gusto di scoprire cose nuove. Magari beccavo la fetecchia, ma fa parte del gioco. E poi all’epoca non c’era internet, ma io leggevo, leggevo tanto, mi facevo arrivare a casa “le fanze”, le fanzines, anche dall’estero. Oggi c’è internet, ci sono i blog, i forum di discussione, quindi chi ha voglia di scoprire e di conoscere ha tutti i mezzi a disposizione che vuole, non ci sono scusanti.

Quali saranno le vostre prossime mosse ?

-Stiamo componendo materiale per il prossimo album, stiamo girando il video di Antarctica (che è attualmente in fase di montaggio) e parteciperemo a diversi festival musicali, per ora solo nel Nord Italia, ma con la speranza di approdare presto in altre nazioni d’Europa. Chi volesse essere aggiornato su tutte le date può iscriversi al gruppo “Flower Flesh Official Fan Club” su facebook dal quale creiamo puntualmente gli inviti per tutti gli eventi a cui prendiamo parte.

Ragazzi, lasciamo alle vostre parole la chiusura di quest’intervista…

-Che dire, se non una sola cosa? Amate la musica, seguitela, andate ai concerti, date sempre nuove possibilità ai gruppi giovani, osate, sperimentate, ascoltate. Nemmeno Elvis, i Beatles o i Genesis sarebbero mai diventati ciò che sono diventati se non avessero avuto un seguito che li sosteneva, ma anche loro hanno iniziato in cantina o in garage con le covers! Grazie a te di cuore, Salvatore, per l’interesse che ci hai dedicato e lo spazio che ci hai concesso. Alberto Sgarlato a nome di tutti i FF.

Salvatore Mazzarella