VISION DIVINE - Intervista alla Band

Vision Divine (Metallum)
Risponde Olaf Thorsen (Chitarra):

Allora Olaf, "Destination Set to Nowhere" è il settimo album in studio per i Vision Divine e si presenta come un lavoro ricco di novità. Puoi presentarlo ai lettori di Giornale Metal?

-Ciao Maurizio! Siamo molto fieri di questo nuovo album, che per noi rappresenta un lungo ed intero anno di lavoro. Come hai accennato, questo album presenta molte novità, sia da un punto di vista stilistico che di produzione, e mi riesce male parlarne senza rischiare di sembrarne eccessivamente entusiasta, ma la verità è che siamo consapevoli di avere fatto un grandissimo lavoro!

Quanto tempo è servito in tutto tra la composizione dei singoli brani e la registrazione?

-Un anno, e forse anche qualcosa in più. Abbiamo lavorato duramente, decidendo di mettere tutto in discussione. Per una band che ormai comincia ad avere diverse uscite alle spalle, è molto forte il rischio di fossilizzarsi o di non riuscire più a cogliere quell'ispirazione che invece è più spontanea nei primi lavori, quindi ci siamo presi tutto il tempo necessario per creare un album  per il quale abbiamo "posto l'asticella" più in alto del solito.

Come nasce una canzone dei Visione Divine? Il tuo metodo compositivo si è modificato negli anni oppure è rimasto sempre lo stesso?

-Mah, non credo che sia poi cambiato molto. Lo stile ovviamente si, ma questo è un altro discorso, legato ovviamente alle esperienze ed ai  gusti, che non possono rimanere identici nel corso di una vita. Anche sotto questo aspetto, comunque, credo che ,nonostante le variazioni, vi sia uno stile di fondo sempre ben riconoscibile e riconducibile alla band.

Anche questo è un concept album? Quali sono stati gli argomenti affrontati nei testi di "Destination Set to Nowhere"?

-Si, è un concept album e pur avendo un'ambientazione se vogliamo dire "sci-fi", prende spunto dai problemi socio-economici attuali. Questo album racconta la storia di un uomo che, stanco di questo mondo, governato da politici ingordi ed incapaci e schiacciato da un'economia fredda ed in mano a poche eminenze grigie, decide di costruire un'enorme astronave, una specie di arca, e di accogliere tutte quelle persone che la pensano come lui. Insieme abbandonano questo mondo, che regalano ai politici attuali, e vagano nello spazio alla ricerca di un posto dove poter ricominciare da capo un mondo più giusto e libero. Dopo un lungo viaggio, troveranno quello che cercavano, anche se le cose non andranno come avevano sperato.

Da un punto di vista stilistico, come pensi si sia evoluto il sound dei Vision Divine dal primo disco ad oggi?

-Non saprei, sicuramente è un sound che si è evoluto per stare al passo coi tempi. Oggi saprebbe improponibile ripresentare lo stesso album del 1998, per quanto bello stato e per quanto possa avere venduto. Come ti dicevo prima, una band che inizia ad avere 7 dischi alle spalle ha  la necessita fisiologica di evolversi e cercare, ma anche offrire, nuove strade.

Parlando di te come chitarrista, come si è evoluto il tuo stile da "Vision Divine" a "Destination Set to Nowhere"?

-Beh, penso molto. All'epoca forse andava di moda un chitarrismo che intendeva il virtuosismo più legato allo stile neoclassico, mentre oggi sono sicuramente più libero di esprimermi come meglio credo. In fondo sono la stessa persona, ma credo e spero che gli anni passati siano serviti a qualcosa, sia tecnicamente che compositivamente.

Come chitarrista ci sono differenze nel tuo approccio tra i Vision Divine o nei Labyrinth? Oppure è la stessa cosa?

-Non saprei: sono sempre io, anche se ovviamente sono 2 band differenti con necessita differenti. Sicuramente non affronto le 2 cose nello stesso modo.

Ritieni che complessivamente questo sia da un punto di vista prettamente artistico il migliore disco dei Vision Divine?
-Assolutamente si, e non c'è nemmeno molto altro da aggiungere. So che i musicisti ripetono sempre la stessa cosa ad ogni nuova uscita, ma credo che in questo caso la cosa sia talmente evidente sin dal primo ascolto, da non richiedere nemmeno troppi commenti.

Quali sono le differenze tra "Destination Set to Nowhere" ed il precedente "9 Degrees West of the Moon"?

-Sono 2 dischi agli antipodi. 9 degrees è il disco più cupo ed introverso che io abbia mai composto, che parte prima di tutto dai testi ed arriva poi alla musica. È un disco che ho realizzato principalmente per me stesso e poi per gli altri, intesi come coloro che avrebbero capito il suo significato. In quel disco ci sono alcuni dei migliori pezzi di sempre (title track su tutte), ma posso capire se a qualcuno è risultato ostico, per il motivo di cui sopra. Destination, invece, è un disco più "completo" nella sua forma, nato e realizzato per essere il biglietto da visita dei VD di oggi. Non trovo punti deboli nella sua presentazione, ed è uno dei pochi album di cui sono sicuro al 100% di ogni suo aspetto.

In questo disco al basso non più Cristiano Bertocchi, ma è rientrato alla base Andrea "Tower" Torricini. Siete rimasti in famiglia in un certo senso...

-E non poteva essere altrimenti, per quello che rappresenta questo album. Quando è stato necessario pensare ad un altro bassista, il Tower era la sola opzione logica, visto che in fondo è sempre rimasto nella famiglia e che oggi non ha più gli impegni che a suo tempo lo tennero lontano dalle nostre attività.

Quanto è stato importante il lavoro di "produzione" per la buona riuscita di questo disco?

-Molto. Senza il tempo di cui ti ho parlato, oggi avremmo "solo" il  7' album Della band. Esserci fermati un anno e avere curato ogni aspetto, incluso un sound più potente e nitido del solito, ha contribuito a rendere questo album una pietra miliare per questa band.

Quanto sono state invece importanti le tastiere in questo disco?

-Molto, come sempre. Fin dal nostro primo album è stato così e questa in fondo è una continuità distintiva del gruppo.

Come riesci a portare avanti il tuo lavoro con i Vision Divine e con i Labyrinth? Quali difficoltà incontri?

-Beh, non potrei mai dare il 100% ad entrambe le band nello stesso momento. Questo è indubbio. Ecco perché le 2 uscite sono state separate nel tempo, in modo che durante la composizione ci fosse il tempo per me di pulirmi la testa. Ovviamente è giusto anche riconoscere che poi ci sono i ragazzi con cui suono, che già di loro rendono le 2 band differenti, ma in questo caso rispondevo alla tua domanda da un punto di vista soggettivo.

Quali ritieni siano oggi le differenze stilistiche tra i Labyrinth ed i Vision Divine?

-Come ti dicevo in parte prima, le differenze le fanno i diversi membri, le loro personalità e la loro sensibilità artistica. Se in parte è veto che diamo nati come una sorta di cugini, è indubbio che ad oggi le nostre proposte musicali sono particolarmente differenti.

Ci parli del tuo connubio artistico con Fabio Lione?


-Io e Fabio ci conosciamo e suoniamo insieme dal 1993... Eravamo ragazzini! Non potrei mai dire niente di imparziale nei suoi confronti, ma credo che non ci sia molto da dire che già non si sappia, e dato che non voglio nemmeno cominciate con stupide garette tra i vari cantanti, non commenterò nemmeno la sua voce. Dico solo che sono onorato di avete fatto così tanti lavori con lui e di essere arrivati insieme fino ad oggi, maturando  e modificando le nostre composizioni nel corso del tempo. Senza di lui, questo nuovo lavoro non sarebbe lo stesso.

Se ti guardi alle spalle, pensi ci sia stato un disco dei Vision Divine che avrebbe meritato maggiori consensi?

-No. Ogni disco raccoglie quello che deve, e non sono 2 critiche su un forum a fare cambiare le sorti di un lavoro. Un esempio? Un disco molto criticato fu Send me an Angel, eppure le sue vendite sono state inarrivabili per praticamente tutte le altre band italiane (esclusi Rhapsody ed i Lacuna di oggi), ed ancora oggi la title track risulta essere il brano preferito da chi ci segue nei Live. La sua percezione venne alterata solo perché l'allora nascente internet inteso come comunità attiva aveva fatto la sua comparsa, e con esso i primi italianetti da 3 soldi a pontificare in qualche forum nascosti dietro ad un nick ed un monitor.

Perché secondo te il mercato discografico è in crisi?

-No. È morto.

Perché all'estero il metal in genere nutre un maggiore seguito rispetto all'Italia?

-Non è corretto. A metal Bisogna aggiungere "italiano", ed il perché è semplice: in Italia suonano tutti, ma non tutti sono veri appassionati di questa musica. Non la ascoltano, ma utilizzano una band come veicolo per la ricerca di una forma di sfogo del loro bisogno di attenzione. In questo processo si crea un sistema contorto in cui ognuno preferisce non seguire concerti degli altri né comprare cd di altri...triste ed implicita, inconscia ammissione che in fondo la sola speranza di emergere,per molti di costoro, è far si che affondino tutti gli altri. È una guerra al ribasso, invece di essere una sana competizione per salire verso l'alto.

Farete un tour con delle date live a supporto di questo disco?

-Certamente si. Stiamo già preparando le date e quest'anno c'è moltissimo interesse anche all'estero, quindi vedremo a breve come muoverci.

Nel 2005 avete regisrato il DVD Stage of Consciousness. Non pensi sia giunta l'ora di un successore?

-Non lo so, potrebbe anche essere! Se ci sarà l'occasione giusta, ci penseremo...

Come vi trovate con la nuova etichetta? Come mai questo ennesimo cambio di label?

-Beh, passare ad Edel non è nemmeno un cambio, ma piuttosto cogliere al volo un'occasione unica. Non sarebbe giusto sminuire chi ha lavorato con noi prima, direi solo che Edel è una major, e basta vedere i nomi che ha nel roster per capire che, nel momento in cui si sono interessati a noi dopo avere ascoltato il nostro promo, questa era un'occasione irrinunciabile. Il loro lavoro e la loro passione sono stupefacenti...

Puoi lasciare un messaggio ai nostri lettori?

-Ahhhh! Non sono bravo con sta parte finale delle interviste, Ahah! Grazie di cuore a chi ha seguito la band fino ad oggi, e se non l'avete mai fatto VENITE A TROVARCI!!! Live, su internet o dove altro volete. Ciao!
 
Maurizio Mazzarella