ENRICO VANDINI - Intervista al Presidente della Onlus We Are


Come, quando e perché è nata We Are Onlus? 

We Are è nata nel mese di settembre 2013 per la volontà di dieci amici che hanno deciso di fare qualcosa di concreto a favore delle persone che si trovano in stato di necessità con un occhio di riguardo verso il dramma del popolo siriano. Alcuni dei fondatori me compreso erano già scesi più volte in Siria a portare aiuti alle persone costrette a vivere all’interno di campi profughi e quei viaggi ci hanno in qualche modo cambiato la vita e ci hanno fatto capire che per aiutare in maniera seria e continuativa era necessario dare vita ad una associazione riconosciuta legalmente. 


Come mai avete scelto di sostenere proprio il popolo siriano? 

Il tutto è nato per curiosità: volevamo capire cosa stesse succedendo in Siria visto che già ai tempi le notizie erano poche e non precise. Una volta viste le condizioni di vita in cui queste persone erano costrette a vivere a poche ore di volo dall’Italia e nel silenzio generale dei media e delle istituzioni ci ha convinto che non era giusto rimanere immobili davanti a tutto ciò. Personalmente posso affermare che il primo giorno in cui sono entrato nel campo profughi di Bab Al Salam (al confine turco-siriano) ha cambiato radicalmente la mia vita e nel contempo mi ha dato la possibilità di conoscere un popolo pieno di dignità e dal quale ho avuto modo di imparare valori che nella nostra società rischiano di andare perduti. Al popolo siriano sento di dovere tanto e credo anche che a loro sarebbero dovute le scuse profonde e sentite di tutta la comunità internazionale per il modo in cui il loro dramma è stato ignorato. 


In che modo aiutate i profughi siriani e, inoltre, in questi tre anni di attività avete operato solo a loro favore? 

I nostri progetti iniziali sono stati di raccolta indumenti, farmaci, generi alimentari, giocattoli e scarpe che abbiamo spedito tramite container in Siria. Quanto spedito è stato raccolto grazie alla generosità di tanti amici e sostenitori dal cuore grande e tramite collette farmaceutiche e alimentari organizzate grazie a volontari dal cuore grande. Grazie alla collaborazione con Rock No War Onlus siamo riusciti a spedire un container con 21.000 kg di generi alimentari mentre nel 2016 siamo riusciti a fare pervenire alla popolazione dei sobborghi di Aleppo un container con 19 bancali di latte pediatrico donato da una azienda produttrice. Due anni fa abbiamo inaugurato una sala parto nella cittadina siriana di Azaz, che si trova sulla strada che porta ad Aleppo, e con il tempo questa struttura della quale manteniamo mensilmente il personale si è ampliata ed oggi funge anche da ambulatorio pediatrico e ginecologico. Abbiamo inoltre spedito in Siria due ambulanze e un generatore di corrente e uno di ossigeno oltre ad un bob cat necessario per la rimozione dei rifiuti e della neve. Abbiamo sostenuto famiglie indigenti durante il periodo del Ramadan garantendo loro il pranzo di rottura del digiuno e abbiamo sempre cercato di sostenere le emergenze che ci venivano segnalate dai nostri referenti locali. In occasione del terremoto che ha colpito la bassa modenese abbiamo collaborato donando aiuti e lo stesso abbiamo fatto a favore delle popolazioni alluvionate della Sardegna e della Liguria. Abbiamo anche dato sostegno ai profughi che arrivavano in Sicilia e da lì cercavano di raggiungere nazioni del nord Europa sempre collaborando con associazioni locali e istituzioni locali. Cerchiamo di aiutare dove possibile in base alle nostre capacità, ma posso affermare a nome di tutti i membri dell’associazione che siamo molto fieri dei risultati ottenuti. 


L’inasprirsi del conflitto ha influito sulla vostra attività? Riuscite ancora a fare arrivare aiuti? 

Purtroppo da quasi due anni non riusciamo ad entrare in territorio siriano fisicamente ma per fortuna si riescono solo a spedire merci. Fortunatamente fin dall’inizio della nostra attività abbiamo selezionato i nostri interlocutori ed oggi tramite una Ong francese operante in loco riusciamo a fare pervenire aiuti. La situazione è decisamente peggiore per tutti i siriani che sono costretti a fuggire da Aleppo e si dirigono verso la Turchia che al confine ha prima chiuso le frontiere e ora eretto un muro costringendo le persone in fuga ad accamparsi in campi profughi dove la vita nella stagione invernale diventa particolarmente disagiata ma di tutto questo al mondo sembra importare sempre meno.


Quindi non vi fermate e andate avanti con nuovi progetti nonostante tutto? 

Sì, peggiorando le condizioni di queste persone le cose da fare aumentano per cui non possiamo certo fermarci ora. Certo devo ammettere che al momento della fondazione di We Are ognuno di noi era quasi certo che a tre anni di distanza si sarebbe arrivati a fare progetti legati alla ricostruzione post conflitto mentre le cose continuano a peggiorare e le testimonianze, le immagini che ci arrivano ci fanno vergognare dei nostri simili. Come abbiamo fatto con la sala parto prima e con l’ambulatorio pediatrico in seguito cerchiamo di concentrare i nostri progetti a favore dell’infanzia e anche l’ultimo che abbiamo realizzato in questi giorni va in quella direzione. In questo momento stiamo cercando di realizzare una scuola di 10 classi in un campo profughi nato al confine con la Turchia. Il costo per ogni classe è di 150 euro al mese e ad oggi abbiamo già trovato singoli o gruppi di persone dal cuore grande che ci hanno dato la possibilità di realizzarne 4 e stiamo organizzando eventi e raccolte fondi per arrivare a 10 a breve. 

Com’è nato il vostro sodalizio con il progetto musicale Enzo and the Glory Ensemble? Pensi che qualche “candela” sia riuscita ad accendere il cuore di qualche donatore? Consideri la campagna ancora in corso? 

Come spesso accade è stato il caso o, meglio, amicizie comuni a farci conoscere e da subito l’iniziativa mi ha conquistato. Sono certo che sia stato un ottimo strumento per fare conoscere la nostra associazione sia per cercare nuovi sostenitori. La campagna è ancora in corso e spero che sempre più persone decidano di aderirvi; spero anche che questa intervista tenga acceso l’interesse sia sulla campagna che sul dramma del popolo siriano. 


La musica è indubbiamente un ottimo veicolo di propaganda di valori. Maybe You è un brano che affronta esplicitamente il problema della poca fraternità. Credi che anche l’Heavy Metal possa essere un buon promotore di ideali solidali? 

La musica è sempre stato un ottimo canale per propagandare valori importanti come la solidarietà. Il tema della poca fraternità è un tema importante su cui credo una seria riflessione sia dovuta e cosa meglio di un brano musicale potrebbe far riflettere? La musica è musica: sono convinto che qualsiasi genere  musicale abbia la forza di arrivare all’anima e di stimolare i cuori. L’Heavy Metal potrebbe avere un impatto ancora più forte perché non è non è frequente ascoltarlo affiancato alla riscoperta di valori fondamentali per cui il risultato è fortemente positivo.  Sia io che gli amici di We Are in rete abbiamo molto apprezzato questa che per me è una novità assoluta. 


Per concludere, che idea ti sei fatto sulla situazione attuale in Siria e cosa pensi accadrà in futuro? 

La situazione siriana si è molto complicata visto che per anni, troppi anni, nessuno ha deciso di intervenire. L’Iran ha da sempre sostenuto il governo di Assad che ormai sembra non contare più nulla e l’appoggio armato da parte della Russia sta dando un sostegno incredibile al regime. Quello che sta accadendo in Siria e ad Aleppo particolarmente in questi giorni è vergognoso per tutti coloro che hanno a cuore la giustizia, i diritti umani e la vita umana stessa. Si sta dimostrando che il business è più importante di questi valori tant’è che non si esita a fare affari d’oro con stati che tali diritti li calpestano quotidianamente e questo sembra essere accettato da tutti dimenticando che ci sono stati che fanno affari con Isis, che vendono armi e mine a grappolo e poi, come se non bastasse, costruiscono anche muri e barriere per impedire alle persone che fuggono da questa carneficina. Quello che sta accadendo in Siria è una sconfitta per l’umanità tutta e solo i più ipocriti si ostinano a non ammetterlo. Riguardo al futuro davvero non so fare previsioni, come già affermato non credo più nel buonsenso e nella voglia di mettere i valori fondamentali al primo posto. Sono stanco di vedere tanta sofferenza, tanta complice indifferenza e tanta falsa ipocrisia; di questo davvero non ne posso più. Si sta togliendo il futuro ad una o più generazioni e questo, oltre ai tanti morti non può rimanere impunito, almeno dovrebbe in un mondo che ormai esiste solo nell’immaginario di pochi. 

La redazione