Flowing Downward |
Questo è un disco molto particolare, da sentire con molta attenzione data la sua natura che è eterogenea.
Perché non è facile unire in un’unica soluzione mondi tanto distanti come il black atmosferico e il bluegrass; due stili musicali agli antipodi sia per spettro sonoro che dal lato emotivo.
Eppure certe volte, due scelte che unite andrebbero a cozzare producendo cose sgradevoli risultano vincenti come in questo caso; soprattutto perché alla base da parte di chi compone suona c’è una profonda conoscenza e rispetto per entrambi i generi.
“As autumn turns to spring”,il brano di apertura del disco spiazzerebbe qualsiasi ascoltatore e fruitore di metal estremo.
Brano acustico, avvincente, solare e ricco di reminiscenze bluesy; pezzo condotto magistralmente da riff acustici e un banjo, si avete capito bene, un banjo che fa la base ritmica in maniera magistrale e un violino che da quel tocco campestre in più; sembra un brano che sentireste volentieri come commento musicale per il telefilm Hazzard.
Con “Crooked road” si cambia imperiosamente registro; tempi e assalto black metal con un tappeto di tastiere e riffing zanzarosi con batteria tellurica e veloce.
Poi d’un tratto l’atmosfera si fa rilassata, tenue con qualche nota di banjo, riffing liquidi di chitarra sotto un tappeto atmosferico di tastiere; ma è solo un attimo come ho detto, perché si riprende a pestare con in più uno screaming soffocato.
Questa alternanza si protrae per tutto il brano come a non dare punti di equilibrio a chi ascolta; ma all’interno c’è il filo rosso della melodia se si tende bene con attenzione l’orecchio.
“Novembers cold” è un brano che ha una sua melanconia di fondo; brano che inizia in maniera tenue, sottile con un cantato femminile dolce e un arpeggio di chitarra.
L’atmosfera è malinconica con anche nel mezzo strumenti tipicamente metal come la batteria e le chitarre elettriche con uno screaming disperato; abbiamo anche un tappeto di tastiere che inseriscono note dolenti nell’insieme, un brano decisamente adatto a queste giornate autunnali.
“The path home” ovvero il sentiero di casa viene introdotto da un cinguettio di uccellini e il banjo che ricama note su note quasi madrigalesche; un’atmosfera antica, lontana eppure familiare.
Un brano dalla forte presenza blues con una voce sofferta, riffing di banjo e tocchi di percussione in sottofondo a dare il tempo; niente di più che questi semplici strumenti ad accompagnare il cantato dolente, ma è meglio così perché l’amarezza di fondo e il senso di desolazione emotiva è palpabile; sembra di sentire echi di Tom Waits .
Un disco da ascoltare con molta attenzione per la qualità della proposta offerta; non una banale scelta musicale, ma composizioni sentite che offrono due mondi in apparenza lontani, ma invece molto vicini.
Voto: 8/10
Matteo”Thrasher80”Mapelli