ACCEPT - Live Music Club, Trezzo Sull’Adda (Mi) - 23.01.2018

Prigionieri della nebbia milanese ci mettiamo in macchina, direzione Trezzo Sull’Adda. Eh sì, perché non potevamo certamente mancare all’ennesima dimostrazione di classe e di incondizionata passione da parte di una band che da sempre porta avanti il verbo dell’heavy metal più diretto e sincero. Stiamo parlando ovviamente degli Accept, forti di un album convincente (c’era da aspettarsi altro?) come ‘The Rise Of Chaos’. La squadra guidata da un immortale Wolf Hoffmann è però giunta da noi in buona compagnia. I soprendenti statunitensi Night Demon e i nostrani In.Si.Dia sono state infatti gli special guest scelti per scaldare al meglio i tanti metallari accorsi questa sera da tutta la Penisola. Proprio ai thrasher bresciani tocca il compito di dare il via alle danze. L’esperienza agli In.Si.Dia non manca per niente, e quando ci si può permettere di aprire uno show con la devastante ‘Sulla Mia Strada’ beh… non ce n’è proprio per nessuno. Dei suoni abbastanza titubanti non hanno penalizzato uno show furioso e onesto come sempre, impreziosito dal sempre eccelso lavoro della coppia d’asce Merigo – Venzi e sorretta da una sessione ritmica terremotante e allucinante. Dai gloriosi anni novanta ecco comparire altre killer song come ‘Grido’ e la notissima ‘Parla Parla’, cantata a gran voce dai fan del combo lombardo.

Il finale della turbolenta esibizione è affidato al materiale più recente della band, ma non per questo meno efficace o contundente. ‘A Causa Tua’, ‘Il Mondo Possibile’ e ‘Mai Perdere Controllo’ sono tre anfibiate che arrivano dritte dritte nei denti. ‘Denso Inganno’ è stato uno dei lavori migliori usciti lo scorso anno (come passa il tempo…) e – soprattutto – ha segnato il ritorno di una storica realtà tricolore, riemersa dal passato per restare e per farci ancora tanto, tanto male. Se siamo già partiti bene, il livello si alza in modo sensibile quando sul palco del Live Club salgono i Night Demon. E non solo per la qualità eccellente del materiale che il trio guidato da Jarvis Leatherby ha a disposizione. La band californiana vive praticamente sul palco, ininterrottamente da almeno un paio d’anni, ed ha meccanismi assolutamente collaudati. Per non parlare dell’energia, che zampilla da ogni singola nota. Sono già stati definiti la più inglese tra le band americane della nuova ondata, con una definizione certo riduttiva ma per niente sbagliata.

Chiudendo gli occhi, si potrebbe pensare di trovarsi al cospetto di una delle band più energiche della NWOBHM, alla Jaguar per intenderci. Riaprendoli, ci si trova di fronte l’energia inesauribile di Jarvis Leatherby e Armand John Anthony che non smettono di darsi il cambio e di incitare il pubblico, mentre dietro di loro Dusty Squires pesta come un fabbro sui suoi tamburi. Pezzi come ‘Maiden Hell’ e ‘Hallowed Ground’ colpiscono sodo con le loro melodie assolutamente trascinanti, prima che la Morte stessa salga sul palco durante l’esecuzione di ‘The Chalice’, Che i Night Demon siano dei veri appassionati, nonché dei cultori del metallo, è ancora più evidente con l’omaggio di Leatherby alla classica line-up dei Motorhead e l’accenno di ‘Overkill’, e con la cover, inaspettata ma accolta benissimo dal pubblico, di ‘Radar Love’ dei Golden Earring. Con ‘Night Demon’ i tre si congedano da un pubblico che li ha sostenuti alla grande, mostrando per l’ennesima volta di essere una live band davvero d’eccezione.

Il palco si amplia di colpo ed appaiono scenografie curate ma essenziali: è il momento degli Accept, chiamati per l’ennesima volta a mostrare al pubblico italiano quanto sia solida l’attuale incarnazione della band. Si parte con ‘Die By The Sword’ e suoni da subito impeccabili, condizione ideale per apprezzare le inconfondibili linee chitarristiche del maestro Wolf Hoffmann. Mark Tornillo, cappellino d’ordinanza in testa, occupa saldamente il centro della scena, mettendo subito alla prova le sue corde vocali d’acciaio, con ‘Stalingrad’ e soprattutto l’irruenta ‘Restless And Wild’. ‘London Leatherboys’ e ‘Breaker’ omaggiano ancora il passato della band prima che gli Accept si concentrino sul nuovo ‘The Rise Of Chaos’, scegliendone peraltro i brani più carichi ed efficaci dal vivo. Se ‘Koolaid’ è un rocker per certi versi scanzonato, ‘No Regrets’ è un muro di mattoni e ‘Analog Man’ riecheggia i grandi classici di un tempo, ricreando il mix perfetto di potenza e melodia, con quel tocco extra di ruvidità che Tornillo è sempre in grado di offrire.

Hoffmann si prende spesso e volentieri il centro del palco, sovente affiancato al suo compagno di lungo corso Peter Baltes. Le pose dei due sono una gioia per i fotografi presenti, a maggior ragione visto lo splendido lightshow. Alla seconda chitarra, Uwe Lulis resta fatalmente in secondo piano, pur offrendo il suo solido contributo alla causa. Anche Tornillo ricorda la recente scomparsa di Eddie Clarke prima dell’esecuzione di ‘Shadow Soldiers’, che introduce il guitar solo di mr Hoffman, ovviamente classicheggiante ed incentrato sul tema del ‘Bolero’ di Ravel. Arriva un altro tuffo nel passato, in cui spicca la meravigliosa ‘Princess Of The Dawn’, prima di un’inattesa – ma non per questo poco efficace – ‘Objection Overruled’.

Non l’abbiamo ancora citato, ma anche Christopher Williams riesce a farsi valere, con il suo drumming possente e per certi versi spettacolare. ‘Pandemic’ e la terremotante ‘Fast As A Shark’ concludono la prima parte dello show, mostrando ancora una volta come materiale vecchio e nuovo possano convivere in modo davvero ottimale. Cosa manca lo sanno praticamente tutti, e l’intro classica di ‘Metal Heart’ non sorprende nessuno – come pure non sorprende sentire il pubblico del Live sottolineare la melodia di ‘Per Elisa’ riprodotta dalla chitarra magica di Wolf Hoffmann. ‘Teutonic Terror’ e ‘Balls To The Walls’ mettono davvero la parola fine all’esibizione della band germanica, l’ennesima prova maiuscola da parte di una formazione che non ha mai smesso di essere la definizione stessa di heavy metal, peraltro senza rifugiarsi nel proprio passato come tanti altri fanno. Due ore di show, pezzi equamente distinti tra le varie fasi della loro storia, lo stesso risultato evidente: anche stasera gli Accept hanno vinto per manifesta superiorità. 

Testo di Martino Brambilla Pisoni e Sandro Buti 
Foto di Luca Bernasconi