DEEP PURPLE - A Fire In the Sky

Rhino
Un'altra antologia dei Deep Purple? Ma non ne sono gia' uscite a decine? Questa potrebbe essere la prima reazione alla pubblicazione di A Fire In The Sky che in diversi formati (cd singolo, cd triplo e triplo vinile) ripropone la storia di una delle band piu' straordinarie della storia del rock. Se poi restringiamo il campo alla storia del rock duro potremmo tranquillamente dire che senza i Deep Purple questa storia sarebbe stata certamente piu' povera e piu' dimessa. A cavallo fra i Sessanta e i Settanta i Purple erano davvero un fuoco nel cielo, una forza della natura, una fabbrica di suoni ed emozioni ad alto potenziale. A vedere la line up attuale formata da arzilli settantenni forse a molti puo' sfuggire che nei primi anni Settanta chi ascoltava i loro dischi si ritrovava suoni distorti mai uditi prima e chi andava ai loro concerti si ritrovava chitarre distrutte, amplificatori in fiamme e duelli virtuosistici all'ultima nota. L'epopea dei Deep Purple non sara' mai celebrata abbastanza e allora ben venga questa raccolta di quaranta brani. A Fire In The Sky e' stata assemblata in modo originale, infatti si parte dal penultimo album del 2013 per poi andare a ritroso nel tempo finmo a ritrovarsi agli esordi datati 1968. Sono otto i brani dell'era Morse ad essere riproposti. Scelta comprensibile dal punto di vista della formazione attuale che non intende basarsi solo sulle glorie del passato. Da Now What !? del 2013 sono proposti il vivace street rock di Hell To Pay e e le lugubri atmosfere di Vincent Price. Si prosegue a ritroso con Rapture Of The Deep, magnifica title track del disco del 2005. Riff articolato e avvolgente, un brano classicamente Purple. Dallo stesso disco riascoltiamo anche il riff robusto di Wrong Man. Bananas del 2003 e' stato il primo lavoro della band con Don Airey alle tastiere e si riascolta con piacere un brano possente come Sun Goes Down, con il nuovo arrivato che cerca in tutti i modi di rievocare lo straripante sound del grande Jon Lord. Si va al 1998 con Any Fuke Kno That, bel brano cadenzato ma forse non il migliore dell'album Abandon. La magnifica Sometimes I Feel Like Screaming da Purpendicular del 1996e' un vertice assoluto toccato dai "nuovi" Purple, un brano che merita davvero il suo posto in un'antologia. Con le sonorita' minacciose di Battle Rages On del 1993 ci rituffiamo anima e corpo nella gloriosa era blackmoriana. Era un' altra band, meno rassicurante, piu' pericolosa, piu' imprevedibile. King Of Dreams da Slaves And Masters del 1990 rappresenta il contributo del cantante Joe Lynn Turner, una parentesi breve ma intensa. Da House Of Blue Light del 1987 sarebbe bastata la poderosa Bad Attitude, mentre l'orecchiabile Call Of The Wild avrebbe potuto essere sostituita con altri brani di quello stesso disco. Inevitabile la scelta di Knocking At Your Backdoor e di Perfect Strangers dall'omonimo album che ha sancito l'ormai leggendaria reunion del 1984. In questi brani c'e' la magia dei Deep Purple, riff che penetrano nei sensi, chitarra incredibile, tastiere maestose. A questo punto la macchina del tempo ci fa compiere un salto all'indietro di nove anni per ricondurci alla meta' degli anni Settanta, Il magnifico e spesso sottovalutato Come Taste The Band e' rappresentato dalla sinuosa You Keep On Moving e dalla cadenzata Dealer. Questo brano, cantato dall'indimenticato Tommi Bolin, e' alquanto autobiografico in quanto parla della dipendenza dalle droghe. Stormbringer del 1974 fu l'ultimo disco degli anni Settanta con Ritchie Blackmore, che con il cuore era gia' fuori dal gruppo. Riascoltiamo con immenso piacere la potenza epica della title tracke l'intensita' irripetibile della melodica Soldier Of Fortune. L'incredibile album Burn, uscito pure nel 1974, viene giustamente celebrato con tre brani. La granitica title track intrisa di solismi neoclassici di Lord e Blackmore, il blues sofferto di Mistreated che rivela il talento di David Coverdale e la magnetica Might Just Take Your Life che illustra magnificamente il timbro vocale di Glenn Hughes. Who Do We Think We Are del 1973 e' stato l'ultimo capitolo con Ian Gillan e Roger Glover. Un album di transizione, incastrato fra capolavori assoluti come Burn e Machine Head. Si tratta comunque di un buon disco e il riff squadrato di Woman From Tokyo e i coriandoli psichedelici di Rat Bat Blue sono solo due esempi di questa bonta'. Dicevamo di Machine Head. L'album della consacrazione della band. Uscito nel 1972, ha costituito da allora il lavoro piu' saccheggiato in sede di scalette live. Il famigerato riff di Smoke On The Water, forse il piu' famoso al mondo, si trova qui. E si trova qui anche Highway Star dove tutta la band gira a mille. Ian Paice e Roger Glover sono un treno ritmico, Jon Lord e Ritchie Blackmore regalano stupendi assoli classicheggianti.

E non dimentichiamo la magnifica prova vocale di Ian Gillan, che per l'occasione sciorina uno dei testi piu' efficaci in tema di car-song. La zampata di Space Truckin avrebbe costituito il trampolino di lancio per le apocalittiche maratone soliste che all'epoca concludevano con fragore le incendiarie esibizioni dal vivo. When A Blind Man Cries e' una delle ballate piu' struggenti e malinconiche della storia del rock. Il tocco di Blackmore e' soffuso e delicato, e Gillan ci conduce nell'abisso assoluto della tristezza con i versi Quando piange un cieco...non c'e' racconto piu' triste" Arriviamo a Fireball del 1971, un album che sperimentava strade diverse, non documentate su questa raccolta. Il blues cadenzato di Demon's Eye e di Strange Kind Of Woman fa capire quanto fluida ed agile fosse la musica del gruppo. Gli incredibili batterismi di Ian Paice, lo straripante intervento bassistico di Roger Glover dominano la title track dell'album. Il brano Fireball , incredibile per velocita' e grinta, ci regala anche le performance da annali del rock di Lord e Gillan. Siamo arrivati al 1970 e a Deep Purple In Rock, , il disco manifesto di tuttta la musica che amiamo. Nessuno aveva realizzato prima di allora un disco cosi' dirompente e saturo nelle sonorita' proposte. Peccato che proprio l'intro di Speed King che alterna fragore elettrico e solennita' barocca e' stato omesso in questa sede in quanto e' stata scelta la versione americana. All'epoca i discografici americani pubblicarono cosi' il brano in quanto pensavano che il furore iniziale fosse un erore del nastro...Questo fa capire quanto i Deep Purple siano stati innovatori assoluti...Child In Time e' un capolavoro assoluto per pathos, colore, dinamica e tecnica pura. Il pezzo che ha reso Ian Gillan una leggenda. Black Night non fu incluso nel disco ma esplose come singolo. Solo Smoke On The Water e' piu' amato e richiesto tutt'ora ai concerti. Hallelujah e' il primo singolo registrato con Gillan e Glover. Molto Sixties, con la voce del cantante che gia' sorprende. Si conclude il viaggio nel tempo con il Mark I- Le origini del suono Purple, con Rod Evans alla voce e Nick Simper al basso. Emmaretta e This Bird Has Flown sono del 1969 e sono tratti dal terzo album intitolato semplicemente Deep Purple. Brani che nella loro apparente semplicita' rivelano momenti strumentali vivaci e creativi. Stesso discorso per Kentucky Woman, cover di Neil Diamond tratta dal seconto The Book Of Taliesyn del 1968. L'assolo di Jon Lord lascia intravedere l'ossatura di cio' che un giorno sara' Highway Star. Dallo stesso album e' tratto Wring That Neck, uno strumentale dal sapore jazzato che dal vivo sarebbe stato dilatato a oltranza dalle incredibili improvvisazioni di Blackmore e di Lord. Stesso discorso per Mandrake Root dal primo Shades Of Deep Purple del 1968. Si pensi che negli anni 69-71 meta' dei concerti della band poteva basarsi su questi due brani che venivano dilatati a venti, trenta minuti o piu'...Per concludere, sempre dal primo disco, la freschezza disarmante di Hush. Questo brano diede ai Purple un successo immediato, e viene suonato ancora dal vivo. Per chi ha la discografia dei Deep Purple, A Fire In The Sky sarebbe un acquisto superfluo. Ma per chi non possiede ancora nulla della band, potrebbe costituire un ottimo biglietto d'ingresso in un repertorio che non ha eguali nella storia della nostra musica preferita. 

Voto: 10/10 

Silvio Ricci