ANDREA CUBEDDU - Jumpin' Up And Down

Autoprodotto
Presentiamo un album di un’artista creatosi “on the road”, personalmente uno dei percorsi formativi che preferisco in assoluto dove il contatto diretto e continuo col pubblico dona qualità alle performance. Andrea Cubeddu, dal cognome una provenienza sarda, nato nel 1993 ha incantato Milano con le sue performance di strada rispolverando e interpretando in maniera sublime il repertorio di Delta Blues e del genere Country-Blues. Fondamentale per la sua formazione è stato il viaggio a Chicago nel 2016 che gli ha permesso di acquisire tutti quegli elementi e l’esperienza giusta per un esordio tanto sperato ma soprattutto elaborato. Dopo la parentesi del suo Ep “On the Street”, nel 2017 ci ha presentato il suo pregevole e sofferto album d’esordio intitolato “Jumpin’ up and Down”, già il titolo merita un capitolo dedicato. Andrea in un’intervista dice di aver ascoltato questa frase per la prima volta nel brano “Preachin Blues” di Son House, e fa riferimento allo stato di irrequietezza che vive quotidianamente e della sua volontà da prete battista di colpire la coscienza dei credenti attraverso la forza dei sentimenti. E’ innegabile in questo senso l’enorme contributo di Son House per la sua formazione e anche per questo gli fa un grande omaggio. I 12 brani tutti interamente composti da Cabeddu sono complessi nelle trame e trattano i tremi più svariati, ma il filo conduttore dell’album pare essere il tema della “Transizione”, il passaggio dalla vita rurale e genuina della tranquilla Sardegna, in particolare la Barbagia che l’autore chiama casa, a quello caotico di una metropoli come Milano, affronta il tema di un totale cambiamento dello stile di vita. Alcune canzoni hanno l’aspetto scherzoso, sono più leggere e divertenti mentre altre mostrano l’aspetto malinconiche ed introspettivo del disco. In ogni caso tutto è autobiografico ed esprime gli umori dell’autore, affronta anche il temi collegati alla sua generazioni, storie d’amore difficili, la volontà d’indipendenza, distacco dalla famiglia ed entrata nel mondo adulto.

Il Platter si apre con “I sold my soul to the devil”, già è evidente il country che pervade la raccolta e la grande sperimentazione, il cantato è selvaggio non segue regole della tecnica vocale ma solo l’andamento del brano. Secondo brano “Blues is gone” più lento ci conquista sin dalla prima nota, vuole sottolineare l’importanza delle parole proferite grande spazio al cantato con un accompagnamento strumentale molto soft; segue “Feel like I’m dead” aggiunge particolarità l’autore con lo scorrere dei minuti, pezzo a forte impatto diretto ma rimane sulla stessa linea di cio’ che abbiamo ascoltato sin’ora. Più graffiante il sound di “Don’t love me no more” suono soffuso all’inizio così come una voce che ci sembra lontana, alternanza di parti strumentali sperimentali, continuiamo sulla linea del country divertente con “Blues in my veins” scorre piacevolmente ma mai quanto uno dei brani più belli “Goin’to propose” tutto incentrato sul cantato è un pezzo molto lento. A questo punto dell’album in realtà si avverte una certa omogeneità nelle tracce che si ripetono similmente, nota stonata dell’album. Infatti si muove sulla stessa linea sia “Evil Neighbor” con accompagnamento musicale molto soft e “Pair of shoes” leggermente più movimentato. Degni di nota a mio parere sono il penultimo brano “Traveller Blues”, dove la voce di Cubeddu si fa davvero coinvolgente e cambia il registro facendosi più calda soprattutto nelle parti trascinate e l’ultimo “Unlucky in love”, che pur non sconvolgendo in nessun modo le scelte compiute sino a questo momento, nell’ultima parte del brano è capace di giungere all’anima con un’esecuzione tutta voce e soul del cantante. Trasuda sentimento country e blues questo album, evidente l’influsso dell’American Music, così come l’essere un’artista di strada, dove la voce è in primo piano. Unica pecca se vogliamo del disco, è un senso di ripetitività che si avverte già a metà del platter, ma gli amanti del generi non si annoieranno sino alla fine. In ogni caso si ha sempre la possibilità di variegare il tutto nei prossimi lavori trattandosi di un album d’esordio, comunque di buona qualità e di facile ascolto. Alla prossima fermata Andrea! 

Voto: 7/10  

Angelica Grippa