SEVENTH WONDER - Tiara

Frontiers
Gli svedesi Seventh Wonder ci avevano abituato ad un’elevatissima prolificità, ben quattro dischi pubblicati tra il 2005 ed il 2010, e nessuno si sarebbe aspettato un silenzio di otto anni spezzato in questo ottobre con il rilascio di Tiara. Uno dei motivi è sicuramente l’annuncio dato dai ben più blasonati Kamelot nel 2012, con cui comunicavano di aver assunto come cantante il frontman Tommy Karevik. Questo avvenimento ha influito negativamente sulla produzione in studio e il risultato è che abbiamo dovuto attendere fino ad oggi per udire il nuovo album. Quattro anni or sono, per smorzare l’attesa di nuovo materiale, è stato rilasciato il live Welcome to Atlanta, un’ottima performance tratta dal tour mondiale seguito alla pubblicazione di The Great Escape. In un comunicato sui social la band aveva fatto sapere ai fan di aver terminato le registrazioni di un nuovo album a fine 2017 e la data fissata per la pubblicazione sarebbe stata marzo 2018. Per una sfortunata serie di coincidenze tale data è slittata poiché ad aprile è stato rilasciato The Shadow Theory e la Frontiers Music ha giustamente deciso di spostare di sette mesi la pubblicazione di Tiara in modo che non venisse completamente oscurato dal disco deiKamelot. Il quintetto decide di riproporre un concept, come già accaduto dieci anni fa con Mercy Falls, ma cambiando completamente trama e contenuto. Lo stile è rimasto invece molto simile, con l’aggiunta di tracce più power che progressive e di ballad nelle quali poter sfoggiare la splendida voce di uno dei migliori cantanti nel panorama metal. Il disco inizia maestosamente con “Arrival”, un pezzo sinfonico strumentale brevissimo di soli 1,30 minuti, quasi ad apparire come la colonna sonora di qualche film di Sci-Fi o a presentarsi con tutta la sua epicità da saga fantasy classica alla “Signore degli Anelli”. Attacca subito “The Everones” col suo official audio video, che apre con riff di chitarra cupi seguiti poi da accordi di tastiera “spaziali” ed una voce digitalizzata robotica che si alterna a veri e propri vocalizzi melodici. “Dream Machines” presenta passaggi molto cadenzati di basso e batteria, accompagnati da vocalità morbide, il tutto si traduce in un brano complesso di difficile comprensione. Al contrario, si coglie invece un senso più profondo in “Against the Grain” con le chitarre acustiche che si fondono delicatamente in un assolo di chitarra elettrica insieme al perfetto accompagnamento della tastiera. “Victorious” col suo officialaudio video, come dice il titolo, è una proclamazione di vittoria ed è un pezzo improntato a melodie epiche e vittoriose molto coinvolgenti a livello vocale e ritmico e per il suono pieno, ricco di sfumature accattivanti. Segue poi, come in molti concept album che si rispettino, la trilogia di “Farewell”con tre brani che in toto costituiscono venti minuti di variazioni musicali entusiasmanti così variegate che risultano il momento clou di tutto l’album. “Tiara’s Song” col suo video ufficiale è stata la prima canzone a completare il disco e con i suoi 7 minuti è il primo atto della trilogia dove si alternano in parti uguali i riff pirotecnici di chitarra e la voce dominante di un Tommy Karevik sempre più in forma; il secondo atto con “Goodbye” ricorda un po’ canzoni hard rock con la sola voce e l’accompagnamento morbido del pianoforte insieme alla chitarra e della ritmica e culmina con un crescendo di una certa intensità, che svanisce in un interessante coretto a ricordare i canti del “cerchio” dei boy scout o le serate tra amici in spiaggia intorno al fuoco; “Beyond Today” è il terzo e ultimo atto conclusivo con le sole note di pianoforte, i cori danzanti e il violino, che creano un bel insieme che avvolge la voce formidabile e unica di Karevik. “The Truth” esordisce con accordi di basso ben amalgamati al volino, alla tastiera e alle percussioni in perfetta sintonia con le due voci, maschile e femminile: l’impatto sinfonico pare essere la colonna sonora di qualche musical in pieno stile di Andrew Lloyd Webber. Seguono poi due tracce di stampo prettamente progressive metal, sia dal punto di vista strumentale che vocale, “By the Light of the Funeral Pyres” e“Damnation Below” dal suono solenne e pesante. “Procession” di soli 45 secondi con le sole voce e tastiera introduce il brano più lungo di “Tiara” di 9,30 minuti,“Exhale”, dai passaggi infuocati e carichi di aggressività emotiva che lasciano poi spazio a momenti di pura meraviglia e incanto ipnotico, tali da creare nell’ascoltatore attimi introspettivi sulla bellezza della vita e sul buono che si trova in tutte le cose, lasciandolo col sorriso sulle labbra in uno stato di pace interiore fino alla conclusione del brano e, quindi, di tutto il disco. Perché il giudizio sia totalmente entusiasta mancano a mio parere alcuni elementi che diversifichino una proposta ormai portata avanti dal 2006 e che renderebbero i Seventh Wonder davvero uno dei gruppi guida di questo bistrattato sottogenere. 

Voto: 7,5/10 

Bob Preda