RESTLESS SPIRITS - Restless Spirits

Frontiers
Prende forma con il nome di Restless Spirits il progetto solista dell’affermato chitarrista Tony Hernando (Lords Of Black) che con il debut album omonimo,”Restless Spirits” appunto, cerca di dare voce alla sua passione per le melodie tipiche dell’AOR e del melodic rock. Ad affiancare Tony Hernando in questo nuovo progetto troviamo, alla voce, altri grandi nomi della scena musicale attuale che sono Kent Hilli (Perfect Plan), Johnny Gioeli (Hardline, Axel Rudi Pell), Dino Jelusic (Animal Drive), Alessandro Del Vecchio (Hardline), Diego Valdez (Dream Child, Lords Of Black) e Deen Castronovo (Revolution Saints, ex Journey) che si è occupato anche della parte di batteria dell’intero album. Si parte con “Stop Livin’ To Live Online”, dal messaggio chiaro e diretto, dalla trama strumentale interessante e tagliente, che in modo ottimale risalta la voce di Johnny Gioeli. Grande impatto emotivo e sonoro per la titanica “Unbreakable”, dal ritornello riconoscibile e orecchiabile, un brano canonico ma incredibilmente fresco e godibile. Gli animi si scaldano con la conturbante e scatenata “I Remeber Your Name”, cadenzata e potente, che penetra fino in fondo nell’anima dell’ascoltatore, il quale si sente pienamente “dentro” la canzone. “’Cause I Know You’re The One” arremba, mettendo in mostra un’ottima sezione ritmica, grossa e ben strutturata, quadrata e granitica, che la consacra tra le tracce migliori dell’album. “Nothing I Could Give To You” è l’ennesima dimostrazione delle capacità compositive di Hernando, che convoglia in questo brano grande capacità espressiva strumentale alle incredibili doti di Gioeli. Leggermente sottotono, passa senza grandi acuti “Calling You”, che introduce la successiva “Live To Win”, decisamente più convinta e convincente, soprattutto nelle ritmiche sfrenate. Sempre sulla stessa lunghezza d’onda delle precedenti troviamo “You And I”, delicata e oscura, dagli ottimi spunti chitarristici. Dopo l’immancabile lento “When It Comes To You”, troviamo “Lost Time (Not To Be Found Again)”, sempre molto simile e affine a tutto quanto precedentemente ascoltato. Ultimo acuto con “In The Realm Of The Black Rose”, che mette la parola fine su un lavoro ottimamente congegnato, reso in modo ineccepibile ma con qualche pecca di originalità diffusa. 

Voto: 8,5/10 

Bob Preda