S.A.D.O., "Il nostro è un esperimento e va ascoltato come tale"

Siete appena usciti sul mercato discografico con un nuovo album in studio, potete presentarlo ai nostri lettori?

E’ un esperimento e va ascoltato come tale. Si dice che oggi non ci sia nulla più nulla da inventare ma noi ci proviamo ugualmente. Gli elementi di cambiamento sono tre. Il primo sta nella durata: ci sono nove brani ma la durata complessiva dell’album è di soli sette minuti e cinquanta secondi. Secondo, il disco è in parte bilingue: Inglese e Italiano. Pertanto, la tracklist si ripete due volte. Terzo elemento è la struttura delle canzoni, realizzate in “Forma Sentenziale”, che consiste in tre stadi o movimenti al suo interno: Brano medesimo, Verità e Sentenza. 

Forma sentenziale? Di cosa si tratta?

Avevamo circa vent’anni, io e Diego Marzi (batterista degli esordi e co-fondatore dei S.A.D.O). Sperimentando nel mio vecchio studio a otto tracce, registrammo “Anoressia, cura dietetico coercitiva per la cura dell’obesità”, sotto effetto dell’erba, fu molto divertente. L’idea era quella di inventarci un sistema per trasformare un disco in una sorta di audio-farmaco, non per curare veramente qualcosa ma solo per dare ai nostri brani una forma più interessante ed eversiva. Oggi, per l’uscita del nuovo disco dei S.A.D.O., abbiamo proseguito per quella strada.

Se ho capito bene, ognuna delle nove canzoni che formano il vostro disco (che dura solo sette minuti) è formata da tre parti distinte.  In cosa consistono queste tre parti e che scopo hanno?

E’ una sequenza. Primo: il “Brano”, una composizione musicale, il cui scopo è quello di creare lo stato d’animo adatto per affrontare le due parti successive. Segue la “Verità”, che consiste in una voce recitata che dichiara una certezza del dire comune ai limiti della tautologia, al fine di ottenere la fiducia dell’ascoltatore. Infine la “Sentenza” che contiene il messaggio cardine della trilogia, finalizzato a indurre l’ascoltatore a fare (o non fare) una determinata cosa. Nel caso del nostro “Musiche per signorine da marito”, l’intento è quello resistere agli stimoli del sonno narcolettico. Ma come già detto, lo scopo reale del disco è esclusivamente musicale.

Questo significa che tu non credi veramente nel valore scientifico del metodo?

No, lo scopo terapeutico è solo un pretesto per sperimentare la forma a tre stadi dal punto di vista esclusivamente musicale ma chissà, non sono uno psicologo, non ho idea di quali siano gli effetti reali che questo sistema possa produrre nell’ascoltatore (semmai ce ne siano). So solo dirti dell’effetto che ha creato su di noi che lo abbiamo fatto e giuro, nessuno si è addormentato, durante le registrazioni.

Come è nata la vostra band e quali sono le vostre origini?

Nasce come spin-off degli Arcansiel. All’inizio degli anni novanta, io, Sandro Marinoni, Gianni Opezzo e Diego Marzi volemmo creare un progetto parallelo alla nostra band che sentivamo troppo relegata, per sua natura, nel regno del Progressive Rock. In seguito la parentesi con Boris Savoldelli alla voce, che restò nel gruppo per tre dischi, finchè litigammo per via di un disco che non vide mai luce. Si uni’ nel frattempo anche Andrea Beccaro, all’epoca del nostro quarto disco, sostituendo Diego che passo’ con gli Eurasia. Abbiamo vinto diversi premi, fra i quali il premio Darwin per musiche non convenzionali.

Come è nato invece il nome della band?

L’idea fu quella del decostruire, partendo dalle basi filosofiche del pensiero di Jaques Derrida. La parola chiave nel nome del progetto è decostruire.

Ci sono delle tematiche particolari che trattate nei vostri testi o vi ispirate alla quotidianità in genere? Che peso hanno di conseguenza i testi nella vostra musica?

Anche quando abbiamo trattato temi importanti, come la vicenda del gruppo terroristico Weather Underground, i testi in realtà non hanno mai avuto un vero ruolo concettuale se non quello meramente estetico e di essere funzionali alla musica.

Quali sono gli elementi della vostra musica che possono incuriosire un vostro potenziale ascoltatore e quali sono quindi le qualità principali del vostro nuovo album?

Il fatto di cercare di essere diversi dagli altri, senza la pretesa di essere migliori.

Come nasce un vostro pezzo?

Totalmente a caso.

Quale è il brano di questo nuovo disco al quale vi sentite particolarmente legati sia da un punto di vista tecnico che emozionale?

Quello che io personalmente preferisco è I can’t stand it anymore. Mi piacerebbe riprenderlo anche con i Pillheads. 

Quali band hanno influenzato maggiormente il vostro sound?

John Zorn, Zappa, John Coltrane del periodo di Live in Paris, i Beatles di Revolution number 9 e gli Anal Cunt.

Quali sono le vostre mosse future? Potete anticiparci qualcosa? Come pensate di promuovere il vostro ultimo album, ci sarà un tour con delle date live? 

Al momento vogliamo vedere che effetto farà l’uscita di questo disco, poi vedremo il da farsi. Al momento non ho idea di quanto la strada intrapresa possa essere ulteriormente percorribile. 

Come giudicate la scena musicale italiana e quali problematiche riscontrate come band?

La scena musicale italiana è un po’ meno interessante di quanto fosse anni fa, tuttavia ci sta che nell’evoluzione di un genere ci siano alti e bassi. Come band non riscontriamo problemi, cerchiamo di non averne, restando trasversali il più possibile.

Internet vi ha danneggiato o vi ha dato una mano come band?

Ci ha dato una grossa mano, se non altro dal punto di vista dell’ispirazione, siti porno in primis.

Il genere che suonate quanto valorizza il vostro talento di musicisti?
Non direi che lo valorizzi più di tanto, piuttosto lo sprona.

C’è un musicista con il quale vorreste collaborare un giorno?

Ringo Starr. Tutta la vita.

Siamo arrivati alla conclusione. Vi va di lasciare un messaggio ai nostri lettori?

Think different!

Maurizio Mazzarella