SYNODIC - Omnibus

Flowing Downward
Questo disco raccoglie tutta l’opera del progetto del musicista e compositore originario di Tulsa, Oklahoma Myrdin Cephas. Un album interessante, da ascoltare con attenzione; perché non si tratta di banale black metal che scopiazza i grandi. Tutt’altro, il nostro ha come elemento cardine l’estremo ma soprattutto espanso in termini musicali, usando anche generi diversi fra loro come il prog, l’ambient; certa musica sperimentale, si potrebbe definire avant-garde. La cosa più interessante è che ha anche un obbiettivo divulgativo; perché le liriche sono ispirate al grande e compianto astronomo, scrittore di fantascienza, divulgatore scientifico e membro fondatore del progetto SETI Carl Sagan.(1934-1936). L’opener “Descending on tytan” è un’introduzione strumentale; venti siderali, beats e echi ci portano oltre il tempo e la dimensione terrestre, si sente anche una chitarra “trattata” per far capire che la musica espressa non è solo di origine terrena, tappeti di tastiere ci portano a “Infinite presence in a violent universe”,sembra di sentire le energie violente del creato; blast beats e riffing black metal con un tappeto di synth evocativo e screaming sussurrato e inquietante. La melodia è presente, ma non come la si intende di solito; è riverberata dai synth, quasi spaziale; sarebbe potuta piacere a quel geniaccio eclettico di Kubrick; la materia estrema è presente ma ci sono echi prog soprattutto nelle tastiere e nelle aperture di chitarra. “Cosmic cataclysm NGC 6357” inizia con tempi lenti, atmosferici di chitarra e tastiere prog/siderali e screaming sussurrato; atmosfera ultradimensionale che ti spinge verso mondi lontani. Le tastiere sono lo strumento principe che danno il la alla composizione intervallate da squarci black metal ma con sublimi melodie malinconiche generate da piano e chitarre, prog estremo. “One billion year reign” inizia con tastiere spaziali e rintocchi per poi deflagrare con chitarre fredde e maligne tipiche del black; la sinfonia estrema è presente con screaming e tempi lenti e ritmati. Le tastiere sono presenti e danno un tocco inquietante al tutto, al quarto minuto si sentono ancora dei rintocchi di campana e echi spaziali quasi a voler interpretare la fine di un mondo; il riffing è nero e serrato in armonia con la composizione. “Prodigious” inizia con echi siderali, voce sussurrata e pochi tocchi di batteria mentre si sentono venti dimensionali fare capolino; le chitarre intervengono piano piano per poi fare da architrave col riffing in tritono sul tappeto di tastiere inquietanti e di marca prog/atmosferica. Un disco che sarebbe la perfetta colonna sonora per un film di fantascienza; un film cupo, senza speranza; un disco stupendo dove l’estremo diventa oltre la dimensione conosciuta. 

Voto: 8.5/10  

Matteo”Thrasher80”Mapelli