IMMORTAL - Northern Chaos Gods

Nuclear Blast
Non gioco più, me ne vado; potremmo citare un mitico pezzo della Mina nazionale per riassumere la vicenda che portò l’addio di Abbath dagli Immortal. Un addio burrascoso nato successivamente dopo “All shall fall” e che minava seriamente non solo l’equilibrio della formazione norvegese. Ma soprattutto portandosi via e canzoni che avrebbero dovuto far parte del ritorno discografico, il buon Abbath con esse forte di un nuovo contratto pubblicò il suo debutto un disco discreto; ma nubi fosche si avvicinavano per quanto riguardava il futuro degli autori di capitoli storici e fondamentali del black metal scandinavo. Invece, mai vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso, come dice il proverbio; il buon demonaz, ripreso l’uso del braccio, rimasto fermo a causa di una tendinite grave che non gli permetteva l’uso della chitarra e con il buon horgh alla batteria e Peter Tagtgren nelle vesti di produttore e session in quelle di bassista fanno il miracolo. La titletrack è distruttiva; rimanda agli antichi fasti di dischi come “Pure holocaust” e “Battles in the north”, riffing gelidi e nerissimi, blast beats e la voce del nostro che non cerca di imitare quella del suo ex sodale ma è aggressiva, acida, uno screaming alto e iroso. Si sente un recupero delle origini e del Dna della band, ma non è una rimasticatura, ma una dichiarazione d’intenti. “Gates to Blashyrkh” è fiera, epica, una cavalcata con riffing pieni, epicità nera nel solco che li ha contraddistinti durante la loro evoluzione; lo screaming di Demonaz e i suoi riff sono monotoni e ossessivi ma rendono bene il gelo e il senso di battaglia in corso. La macchina ritmica è compatta e segue bene le direttive, c’è anche il classico intermezzo con arpeggio marchio indelebile dei nostri. “Grim and dark” è una tempesta gelata nel nero più soffocante e putrido dell’inferno. Blast beats, screaming acidissimo e aggressivo, poi il brano diviene una cavalcata black metal arrembante e distruttiva; il senso di compattezza e malvagità e palpabile. “Mighty ravendark” è la suite di nove minuti che chiude il disco e qui l’influenza bathoriana è palpabile; un brano fiero, che porta il gelo nordico ma soprattutto l’epicità qui è presa a piene mani. Una cavalcata dove l’heavy metal estremo raggiunge un picco, perché si respira veramente il suono generato dai nostri ricco di epicità, una grande chiusura. In sommativa, il disco è molto buono; prende soprattutto dal suo retaggio e storia, ma non lo fa per allungare il brodo; come ho detto è una dichiarazione d’intenti, che il demone è vivo e reclama il suo trono, bentornati Immortal! 

Voto: 8/10  

Matteo ”Thrasher80”Mapelli