REVERTIGO - Revertigo

Frontiers
Mats Levén (noto per la sua militanza in numerose band di vario successo commerciale, dai Swedish Erotica ai Treat, dai Therion ai Candlemass passando per i servigi alla corte di sua maestà Yngwie Malmsteen) e Anders Wikström (storico chitarrista dei Treat ma anche lui con diverse altre collaborazioni all’attivo) sono amici da 30 anni e hanno deciso di mettere in piedi questo progetto: pur partendo dalle sonorità in cui li abbiamo sentiti immersi nelle rispettive carriere, i due non rinunciano a rivestire esperienze ed influenze con un taglio decisamente più moderno ed aggressivo di ciò che ci sarebbe potuti attendere. Lo fanno suonando tutti gli strumenti, ad eccezione della batteria che è affidata a Thomas Broman. Musicalmente, la base di "Revertigo" riprende l'hard rock scandinavo delle origini e si sviluppa attraverso le notevoli influenze tratte dalle esperienze soliste dei due membri, Levèn in primis. Troviamo infatti il modern rock svedese (stile Europe 2.0) ma anche influssi più tendenti al metal, il tutto miscelato in una crogiolo dove sonorità tanto varie non sempre vengono amalgamate a dovere. Si inizia con riff graffianti, e prettamente hard, che strizzano l'occhio anche al pop, nell'opener "Hoodwinker", trainata dal timbro basso e grezzo di Levèn, con Wikström che sale in cattedra nel finale deliziandoci con parti solistiche di notevole melodia ed effetto. Tessiture più sinfoniche distinguono la successiva "Sailing Stones", uno dei brani più orecchiabili del disco grazie ad un refrain incisivo ed armonioso.

Andando avanti, l'album viene però penalizzato da una successione di brani mid-tempo abbastanza insapori che purtroppo vanno ad appiattirsi su ritmi modern-rock dalla scarsa incisività, trattenuti da una onnipresente batteria elettronica. Emerge anche un uso eccessivo del sintetizzatore che toglie mordente ai pezzi. Fortunatamente arrivano in scaletta anche alcuni brani interessanti: "Gate Of The Gods", convincente nonostante gli inserti moderni, viene aperta da un tappeto di tastiere e voci filtrate, con Levèn che indovina una linea vocale accattivante, supportatata da riff martellanti stemperati da effetti tastieristici d'atmosfera. Ancor più tirata e trascinante è "Joan Of Arc", unico pezzo hard senza troppi fronzoli e compromessi: originale fin dal titolo, colpisce per passione e l'interpretazione sentita, sia al microfono che alle sei corde, riscattando in parte gli altri episodi meno convincenti dell'album. La sperimentazione e contaminazione sonora raggiunge il picco più alto nei due pezzi finali. Sebbene "Break Away" non lasci il segno, la conclusiva title track offre invece qualche buono spunto grazie ai ritmi onirici, e ossessivi, scanditi dalla voce filtrata di Levèn, alternata e spezzata da parti vocali più spinte e dai riff incisivi di Wikström. Cosa dire….si tratta di un buon prodotto che, un po' a sorpresa, convince maggiormente proprio quando i due mastermind virano su sonorità pesanti o, comunque, le alternano alle melodie che li hanno resi celebri; non parliamo di un disco destinato a cambiare le sorti del genere o della musica, ma, accanto ad alcuni passaggi sottotono, Mats Levén ed Anders Wikström ci hanno regalato alcune tracce davvero di ottimo livello. Dopo una carriera tanto lunga, un simile risultato è già molto consistente! 

Voto: 8/10 

Bob Preda