DEATH ALLEY - Superbia

Century Media
Ritorno per gli olandesi Death Alley, gli arancioni tornano con un disco multiforme dove asprezze punk, hard e prog dovrebbero andare di pari passo. Ho detto dovrebbero perché, in questo disco non tutte le ciambelle riescono col buco. I nostri si mettono d’impegno e hanno elementi di valore al loro insieme ma devono asciugare e rivedere la scrittura. L’opener “Daemon” apre le danze con un tappeto di tastiere, rullate e un basso presente e pulsante; poi arriva la chitarra tagliente, dal riff scuro, un mid tempo carico di atmosfere venate d’acciaio, il singer ha un tono alto e chiaro e ricco di colore. All’interno c’è una parte in controtempo che rende più sperimentale e prog il brano con i cori settantiani ma l’anima punk resta soprattutto nell’accelerazione finale. “The chain” è punk ipervitaminico, veloce e diretto, up tempo con riffing dinamico e cori che ripetono il chorus; un brano che potrebbe piacere anche all’audience metal per l’impatto.

Le chitarre graffiano conservando le melodie hard come nel solos. Ecco “Feeding the lions” è un brano che conferma quanto detto poco sopra; tante idee, riffing di taglio settantiano che va a finire in squarci prog, cambi di tempo e a volte il brano tende a perdere la trebisonda a chi l’ascolta per eccesso di troppa carne al fuoco. Troppi giri e cambi, la idea di fondo c’è ma bisogna focalizzare meglio, perché la varietà sonora va bene ma, bisogna asciugare. “Pilgrim” è un brano dal riffing settantiano; il rullante è pulsante e si sente la vena prog dei nostri diluita in questo brano con la asprezza punk; controtempi, riffing diretto che segue la sezione ritmica e i cori che ricordano i seventies, buon intervento solista della chitarra in fase solista, il brano è battente e dinamico, ottimo brano veramente. Un disco come detto, non male, va focalizzato meglio l’obbiettivo, perché le doti ci sono, ma va rivista meglio la scrittura, perché deve essere più lineare, ma basta veramente poco. 

Voto:7/10  

Matteo ”Thrasher80”Mapelli