CHAOSTAR - The Undivided Light

Season Of Mist
I Chaostar hanno flebili legami col mondo metal a livello formale, invece musicalmente, fin dalla nascita di questo progetto, questo legame è nullo, facendo del progetto un’entità autonoma. Questo lo si deve a Christos Antoniou, anima compositiva, chitarra e tastiera dei grandi greci Septicflesh, tornati anche loro di recente; con questo progetto il nostro fa volare la sua anima più classica, orchestrale e piena di pathos. Il nostro insieme alla cantante (e non solo) Androniki Skoula e ai suoi sodali Charalampos Paritsis al violino e Nick Veil alle percussioni ci portano in un’opera bellissima in 7 movimenti. L’opener “Tazama jua” si apre coi vocalizzi pieni e intrisi di passione della Skoula, una cantante che è piena di pathos, per poi arrivare basi electro, orchestrazioni e violini, che sono piene di dinamicità, melodie di stampo classico e la parte del leone la porta benissimo la singer. Un brano vibrante, che si riallaccia a partiture epiche e legate a musica classica pura. “Stones and dust” pesca dalla tradizione mediterranea, con qualche influenza musicale ispirata alla terra madre dei nostri, la Grecia; ma c’è molto di più, qui le percussioni sono battenti e quasi duettano con la voce potente della singer; il piano sembra solo puntellare ma poi si apre.

Un’apertura magnifica, ariosa, piena di lirismo classico, tastiere e elettronica moderna; un brivido corre, perché il mélange moderno/classico è pieno di anima. La titletrack inizia con basi elettroniche, drum beats e la voce della Skoula che vibra in armonia; piano piano orchestrazioni drammatiche e intense corrono a rivestire il brano di tragicità, ma lasciando il palco alla primadonna; la singer con la sua voce da soprano lirica colora questa tela. Un cantato alto, ricco di tragicità, pathos ampio e anima. “Silent yard” è il brano più lungo, quasi unici minuti vissuti intensamente, il brano inizia in maniera tenue, con un tappeto di tastiere e la voce della singer che da calore e pienezza; poi tutto cambia, bassi intervengono, e qui la nostra sembra farsi teatrante, un’attrice vera, che dosa canto e istrionismo vocale mentre un piano greve da inquietudine e percussioni lontane minacciose. Il brano ha aperture orchestrali chitarrismi, saliscendi emotivi pieni di pathos fino alla conclusione quasi sinfonica con batteria incorporata in un up tempo furioso, i tempi sono minacciosi. Un disco semplicemente favoloso, la formazione ha fatto un disco dove sperimentazione, musica classica, avanguardia, teatralità e melodia convivono con pathos drammatico dando anima, se fosse una cura sarebbe da prendere ogni giorno per assaporarne la bellezza. 

Voto: 8/10  

Matteo ”Thrasher80”Mapelli