WHITESNAKE - The Purple Tour

Rhino
Nuovo album dal vivo per i Whitesnake, l'immortale serpente bianco del cantante David Coverdale. Non un live come gli altri, in quanto e' frutto del tour che e' seguito alla pubblicazione di quel Purple Album che di fatto ha sancito definitivamente la pace fatta dal cantante con il proprio passato remoto. A volte solo l'eta' puo' calmare gli spiriti e aiutare a dare il giusto valore alle cose. Coverdale con i Whitesnake a un certo punto del percorso, con l'album 1987 per intenderci, si e' ritrovato a catalizzare piu' successo di quanto non facesse in quello stesso momento il gruppo "madre". Questo lo ha portato ad assumere prima o poi atteggiamenti di sufficienza nei confronti del proprio periodo con i Purple. Ora forse si e' reso conto di quanto sia stato debitore del combo britannico. In fondo, e non dimentichiamolo, quando David Coverdale si uni' alla band, nel 1973, i Deep Purple erano in vetta al mondo e lui si alternava fra il lavoro di cantante la sera e quello di commesso di boutique di giorno......I pochi anni trascorsi dal cantante in seno alla storica band hanno partorito tre grandissimi dischi, Burn e Stormbringer nel 1974 e Come Taste The Band nel 1975. Se alcune title-track, , Mistreated e Soldier Of Fortune sono gia' state eseguite molte volte dai Whitesnake in sede live, la novita' piu' ghiotta e' costituita dall'esecuzione di alcune gemme che storicamente hanno irradiato la loro luce solo sugli infuocati palchi delle leggendarie tournee' dei Purple anni 74-75. Stiamo parlando di cose come The Gypsy e You Fool No One. La band attuale gira bene, non e' certo la migliore line-up dei Whitesnake, ma ogni cosa e' al suo posto. Michael Devin al basso e Michele Luppi alle tastiere sanno come riempire gli spazi e dare corpo alla musica mentre il granitico e inossidabile Tommy Aldridge continua a picchiare duro nonostante le tante gloriose battaglie gia' combattute e vinte all'interno di svariate grandi realta' della nostra musica.I chitarristi Reb Beach e Joel Hoekstra ce la mettono tutta. Su di loro pesa in modo incombente l'ombra di Ritchie Blackmore, il chitarrista piu' carismatico della storia del Rock. Ma a questa ombra, gia' di per se gigantesca, si aggiungono quelle ulteriori di maestri d'ascia come Bernie Mardsen, Micky Moody, John Sykes, Mel Galley, Adrian Vandenberg e Steve Vai. Nonostante queste ombre cosi' ingombranti, alla fine il lavoro svolto suona quasi sempre convincente.Si inizia con la granitica Burn, uno dei riff piu' belli di sempre.Coverdale canta come meglio puo', gli anni si sentono. L'assolo chitarristico e' diciamo accettabile. Il problema non e' di ordine tecnico, e' che il carisma blackmoriano e' impossibile da eguagliare in certi casi. E' piu' semplice riproporre bene un brano come Bad Boys da quel 1987 gia' citato.

Le atmosfere suadenti di Love Ain't No Stranger da Slide It In del 1983 sono riproposte con convinzione. Arriviamo a una di quelle rare perle purpuree a cui abbiamo accennato. The Gypsy, dall'album Stormbringer, in studio era un brano struggente e gia' molto bello, ma dal vivo, negli ultimi concerti dei Deep Purple Mark III, veniva lettrealmente fatto trascendere. Si devono andare ad ascoltare le versioni di Graz e di Parigi..Ritchie Blackmore era capace di inventarsi ogni sera note incredibili, sempre diverse e sempre meravigliose, sorprendenti. Qui ne esce fuori un pezzo godibile, ma per gustarlo appieno bisogna ignorare quello che combinava il Ritchie Blackmore trentenne...Ancora da 1987 suona efficace e grintosa la versione di Give Me All Your Love. La stupenda blues ballad Ain't No Love In The Heart Of The City, tratta dal primo EP del 1977, non cessa mai di commuovere per la sua struggente malinconia. L'amarezza si tinge di drammaticita'con il Purple-classic Mistreated. Un blues sofferto e spaccacuore, forse il brano che ha fatto subito di David Coverdale uno dei cantanti migliori dell'intero firmamento Rock. Anche qui, sia in studio che dal vivo, gli assoli blackmoriani hanno lasciato un segno indelebile, ma tutta la band e in particolare i due chitarristi danno davvero il massimo in questa versione, forse il punto piu' alto dell'intera scaletta. Sempre dall'album Burn e' tratta la cavalcata You Fool No One. Nei leggendari concerti 1974/75 questo brano veniva dilatato a oltranza per dare spazio all'immenso talento di Ritchie Blackmore, di Jon Lord e di Ian Paice con interminabili assoli improvvisati che rendevano ogni concerto un evento unico. Qui si sceglie ragionevolmente di mantenersi su un minutaggio simile alla pur validissima versione in studio, a anche qui i chitarrismi sono pregevoli. Is This Love da 1987 e' una ballad suadente di cui si resta innamorati sin dal primo ascolto, e non si smentisce. Fool For Your Loving dal glorioso Ready And Willing del 1980 viene riproposta in un'ennesima bella versione. Ci si avvia verso la conclusione, che come si puo' notare e' totalmente Whitesnake, i brani Purple si sono esauriti da un po'. Here I Go Again venne proposta la prima volta su Saints And Sinners, 1982, e l'intro organistica li' era suonata dall'immenso Jon Lord. Here I Go Again e' uno di quei pezzi fieramente autobiografici che rendono orgogliosa l'appartenenza al nostro genere musicale. Il testo rappresenta la caparbieta' e la coerenza che ci spinge ad essere noi stessi e a fare le nostre scelte a dispetto di ogni avversita'. Per il gran finale ci si affida ancora una volta all'album del 1987, a quella Still Of The Night che all'epoca qualcuno taccio' di essere una palese imitazione dei Led Zeppelin. Non e' proprio cosi'. Still Of The Night sicuramente risente dell'ispirazione di marca zeppeliniana ma ma e' un brano potente, virile, sessuale e sfrontato che pero' alla fine brilla di luce propria. E lo fa anche in questa versione che chiude con il botto una scaletta mozzafiato. David Coverdale e i Whitesnake dimostrano di essere ancora una stella luminosa dell'universo hard and heavy di tutte le epoche. 

Voto: 9/10 

Silvio Ricci