LUCKY BASTARDZ, Tiziano Spigno: "Ritengo che la scena italiana abbia diverse band di valore"


Siete appena usciti sul mercato discografico con un nuovo album in studio, potete presentarlo ai nostri lettori?

Ciao e grazie per l'ospitalità sulle vostre pagine! "Be The One" è il nostro quarto album in studio, anche se per certi versi potrebbe essere considerato "il primo" di un nuovo percorso per i Lucky Bastardz. Amiamo definirlo un "semi-concept" sulla rinascita interiore; "semi" perché non è nato inizialmente come concept, ma si è sviluppato in questo senso in un secondo momento, quando ormai sia stesura che struttura dei brani erano ormai completate. Via via che componevo le linee vocali, mi sono reso conto che i temi affrontati nei testi e le diverse influenze musicali mi fornivano una tavolozza completa per tratteggiare un percorso del genere. 


Come è nata la vostra band e quali sono le vostre origini?

La band nasce da un'idea di Geppo, l'ex cantante. Aveva in mente di formare una band rock'n'roll, pura e grezza, con ritmi veloci e sonorità heavy. Così, nel 2007 durante l'ultimo tour di Paco coi Secret Sphere e Geppo nelle vesti di merchandiser della band, durante i lunghi spostamenti notturni sul tour bus, tra una birra e l'altra, è nata l'idea dei Lucky Bastardz, concretizzata poi al loro ritorno a casa. La band, dal 2008 in avanti ha poi subito diversi cambi di formazione con l'ingresso di Mark e Mr Tnt a batteria e basso, fino al mio ingresso dopo l'abbandono di Geppo, nel 2013, che ha portato al primo deciso cambio stilistico della proposta musicale. Nel 2015 esce "Alwayz On The Run", che raccoglie diversi consensi e ci porta in tour con Wasp in Germania, Svizzera, Austria e Italia e con Holocaust in Grecia, oltre che sui palchi dei maggiori club e festival italiani. Nel 2016 è Paco a mollare e con l'ingresso di Pietro "Pacio" Baggi, iniziamo il percorso che ci porta, oggi, a pubblicare "Be The One".

Come è nato invece il nome della band?

Il nome della band ha origini molto lontane, probabilmente addirittura prima che nascesse l'idea di formarla. Allora Paco era il chitarrista dei Secret Sphere e Geppo il merchandiser (rispettivamente, chitarrista e cantante fondatore LBZ). Durante la data conclusiva di un tour assieme agli Astral Doors, Geppo avvicinò il loro batterista (noto donnaiolo), dicendogli : "Occhio che sta sera c'è mia moglie, è lei!" e gliela indicò, volendo intendere qualcosa come 'provaci con chi vuoi, ma lei non si tocca'. Lui lo guardò e gli rispose: "Ehi man, you're a Lucky Bastard!!". Poco dopo la conclusione del tour, nacquero così i Lucky Bastardz. 


Ci sono delle tematiche particolari che trattate nei vostri testi o vi ispirate alla quotidianità in genere? Che peso hanno di conseguenza i testi nella vostra musica?

Dei testi, salvo alcune eccezioni, me ne occupo generalmente io e per me sono importantissimi, è un aspetto che curo maniacalmente. Da ascoltatore se un brano ha una melodia vincente e degli arrangiamenti curati, ma un testo superficiale o scritto male, non  riesco a godermela completamente. Generalmente attingo al mio "mondo interiore", ma l'ispirazione può arrivare da qualsiasi cosa. Anche quando mi arriva da un fatto di cronaca o dal quotidiano, mi piace comunque sempre allargare poi ad una tematica universale, per fare in modo che possa arrivare alla maggior parte delle persone e che ci sia un ampio margine di interpretazione; non amo i brani che cercano di imporre un'idea, ecco, ma piuttosto possano offrire spunti di riflessione o aiuto.

Quali sono gli elementi della vostra musica che possono incuriosire un vostro potenziale ascoltatore e quali sono quindi le qualità principali del vostro nuovo album?

Credo che l'elemento che più ci contraddistingue sia l'attitudine diretta e “live” con la quale suoniamo e componiamo. Pur curando molto gli arrangiamenti e il suono dei singoli strumenti, ci piace che un brano arrivi e comunichi soprattutto a livello emozionale. Per quanto riguarda “Be The One”, dal punto di vista musicale si tratta di un lavoro variegato, che mette insieme le diverse influenze di ognuno di noi. Non ci siamo preoccupati di seguire o aderire ad un genere o a un canone preciso seguendo chissà quali regole commerciali, ma abbiamo dato libero sfogo alla nostra creatività e ci siamo divertiti a mescolare rock melodico, thrash, classic metal e hard rock, alla nostra maniera e credo che, nonostante si tratti di un lavoro molto vario, la nostra identità di band ne esca rafforzata, sono molto fiero di questo disco. 


Come nasce un vostro pezzo?

La maggior parte delle idee dal punto di vista musicale arrivano da Mark, che spesso arriva con strutture già molto definite, alle quali poi io aggiungo linea melodica e testo. In questo disco in particolare, alcuni brani sono stati frutto anche di un lavoro di squadra da parte dell'intera band: ci siamo ritrovati spesso nel mio studio casalingo e ognuno ha messo sul tavolo un riff, un chorus o un'idea di strofa che sono state poi sviluppate completamente o sono andate ad integrare strutture già in uno stadio più avanzato. A prescindere quindi da chi firma il singolo brano, ogni canzone è frutto del lavoro dell'intera band.

Quale è il brano di questo nuovo disco al quale vi sentite particolarmente legati sia da un punto di vista tecnico che emozionale?

Faccio sempre fatica a individuare il mio “figlio preferito”, più che mai in questo caso, dove ogni brano è stato funzionale per me a sviluppare un discorso più ampio. Posso dirti che a livello di pelle, i pezzi che più mi emoziona cantare, specie live, sono “My  Best Enemy”, il nostro primo singolo, la ballad “Sail Away” che ha una linea melodica e un testo molto intensi, e “No One Else But Me”, che è il brano dove ho potuto giocare di più con le dinamiche dell'interpretazione, ma sono solo “highlights” di un lavoro che amo nella sua complessità. In generale, credo sia il disco dove mi sono messo più in gioco fino ad ora come autore e interprete. 


Quali band hanno influenzato maggiormente il vostro sound?

Tantissime e dall'estrazione più varia, impossibile citarle tutte! Personalmente sono un amante della musica a 360°, mi piace cimentarmi con i generi più disparati perché mi diverto, principalmente, e credo mi arricchisca come essere umano e musicista. Dovendoti citare qualche nome per le mie influenze musicali principali ti direi: Whitesnake, i Black Sabbath e i Rainbow di Ronnie James Dio, Soundgarden e Chris Cornell anche nei lavori solisti, Alice in Chains, Stevie Wonder e Michael Jackson.

Quali sono le vostre mosse future? Potete anticiparci qualcosa? Come pensate di promuovere il vostro ultimo album, ci sarà un tour con delle date live? 

Sicuramente l'intenzione è quella di suonare il più possibile! Abbiamo già qualche data confermata da qui all'inizio dell'estate e speriamo aumentino ulteriormente. Ogni evento verrà ovviamente promosso attraverso la nostra pagina facebook, quindi l'invito è di venirci a trovare spesso lì per rimanere aggiornati. Per quanto riguarda la promozione, nei prossimi mesi rilasceremo anche un lyric video e un nuovo videoclip. 


E’ in programma l’uscita di un album dal vivo o magari di un DVD?

Ci piacerebbe molto, visto che tra l'altro quest'anno ricorre il decennale della band! Purtroppo, come puoi immaginare, le risorse per una band della nostra grandezza, sono molto limitate, quindi per ora non c'è nulla di sicuro in programma.

Come giudicate la scena musicale italiana e quali problematiche riscontrate come band?

Personalmente ritengo che la scena italiana abbia diverse band di valore e che potrebbe tranquillamente competere ad armi pari con scene di altri paesi. Purtroppo i limiti maggiori ce li imponiamo da soli, facendoci coinvolgere in “guerre tra poveri” che non portano da nessuna parte. Credo che, nell'arco degli ultimi vent'anni, il dover diventare per forza di cosa “manager di se stessi” abbia portato musicisti e band a perdere a volte di vista il motivo per il quale si fa musica, che non è (o almeno, non soltanto) diventare ricchi e famosi, ma condividere qualcosa di se stessi, in uno scambio energetico che arricchisce a vicenda. Spesso passiamo ore a cercare di promuovere la nostra musica sui social, nel tentativo di allargare il proprio “fanbase” e dimentichiamo di ascoltare la musica degli altri, condividerla se ci piace, aiutarci a vicenda, insomma. Quotidianamente mi arrivano richieste di amicizia su facebook da parte di musicisti, e non appena le accetto, mi arriva in tempo reale la notifica con l'invito a mettere il “like” sulla pagina della loro band, senza un saluto, senza un minimo cenno o tentativo di dialogare o interagire. Ho fatto anche un piccolo esperimento in questo ultimo periodo, accettando le richieste di “like” e inviando, subito dopo, una richiesta alla stessa persona, relativa a una mia band. Nel 70% dei casi, la richiesta cade nel vuoto, e non credo neanche per cattiva fede, ma semplicemente perché la persona in questione non si è accorta né della segnalazione mio “like”, né della mia richiesta, perse nel marasma delle notifiche che, a sua volta, sta ricevendo.  In questo maniera non si può più parlare di “scena”, ma solo di un mare di promoter e venditori, con sempre meno persone interessate o disposte, non dico a comprare, ma per lo meno a interessarsi alla proposta, nauseate da questa overdose di richieste. Non ho la minima idea di quale possa essere la maniera per migliorare la situazione, ma per quanto mi riguarda, mi limito a continuare a scrivere e cantare per il piacere di farlo, senza dimenticare che – contemporaneamente – amo anche ascoltare i miei miti e scoprire musica nuova. 


Internet vi ha danneggiato o vi ha dato una mano come band?

Parzialmente ti ho già risposto prima. Internet è uno strumento e, in quanto tale, neutro; è l'uso che se ne fa a determinare la differenza. Io sono cresciuto in anni in cui Internet era solo una fantasia fantascientifica: anni in cui, se volevi vedere un film, andavi al cinema e poi speravi passasse in tv entro qualche anno se volevi rivederlo. Se volevi ascoltare musica, compravi i dischi, te li scambiavi con gli amici o – al massimo, te lo copiavi su un'audiocassetta. Se volevi “tirarti giù un pezzo” per suonarlo con la tua band, passavi la giornata con le cuffie per cercare di capire il più possibile del testo (se la busta del vinile non li riportava), oppure ordinavi tablature e spartiti di importazione, pagandoli una fortuna. Tutto questo portava a dare “valore” a queste cose che ti conquistavi con sudore e soldi. Attenzione, questo non è un discorso nostalgico da “ai miei tempi sì che...”, tutt'altro. Ho accolto l'avvento di internet con entusiasmo: la possibilità di parlare con persone al di là del pianeta, accedere a musica e arte fino a quel momento sconosciuta, è stato inebriante. Il problema, come dicevo, non è nel mezzo, ma nel “valore” che si dà alle cose. Io l'ho realizzato in prima persona quando, a un certo punto, passata la prima fase compulsiva della banda larga “flat”, mi sono trovato con giga di musica e film scaricati e dimenticati nell'hard disk solo “perché sì, tanto è gratis”. E' il “valore” che si dà alle cose, la gratitudine, che fanno veramente la differenza. Senza voler parlare di “giusto o sbagliato”, “legale o illegale”: io posso anche scaricare gratuitamente la musica, ma essere grato per l'opportunità e restituirle valore onorandola con almeno un ascolto attento e – se mi piace – interessandomi ai suoi autori, ringraziarli direttamente, andarli a sentire quando si esibiscono dal vivo, acquistare una copia fisica della loro opera o del merchandising. Dal valore e la gratitudine, dal rispetto insomma, sono convinto possa rinascere tutto. 


Il genere che suonate quanto valorizza il vostro talento di musicisti?

Mah, personalmente non credo che esista un genere che valorizza di più il “talento” di un musicista, rispetto a un altro. Ci sono brani complessissimi che mi lasciano indifferente e altri composti su di un accordo che mi emozionano tantissimo, e viceversa. Credo che il talento di un musicista si trovi più nel cuore che nelle mani o nelle corde vocali, tutto il resto lo si può costruire con l'impegno e lo studio, ma non ha a che fare con il talento, almeno per come la vedo io.

C’è un musicista con il quale vorreste collaborare un giorno?

Credo troppi per una vita sola, isolare un nome è veramente molto difficile! In generale, amo le collaborazioni, anche estemporanee e non finalizzate ad un progetto preciso, perché arricchiscono sempre tantissimo dal punto di vista umano e artistico, quindi mi auguro di avere l'occasione di farne il più possibile!

Siamo arrivati alla conclusione. Vi va di lasciare un messaggio ai nostri lettori?

Grazie dello spazio e per averci dato l'opportunità di raccontare un po' di noi e del nostro nuovo album! Se ne avete voglia e occasione, venite a sentirci dal vivo, e divertiamoci insieme, tutto riparte da lì!