AXEL RUDI PELL - Knights Call

Steamhammer
Questo del 2018 è il 18mo (guardacaso!!!) studio album di Axel Rudi Pell, chitarrista tedesco noto per esser stato per gran parte degli anni '80 del ventesimo secolo l'axeman degli Steeler (quelli tedeschi, non quelli americani famosi per esser stati la prima band importante di Yngwie J. Malmsteen), e che allo scioglimento di questi, nel 1989, ha fondato la sua band nominale. Di cui siamo qui a recensire appunto il diciottesimo album "Knights Call". Che dire? Seppur dotato di un discreto gusto melodico, a me lo stile chitarristico di Pell non ha mai impressionato eccessivamente. Non lo ho mai trovato esaltante, né tantomeno originale o epocale. E francamente con quest'album confermo il mio giudizio. La produzione è più che dignitosa, seppur alcune frequenze alte parrebbero eccessivamente esaltate. La band tutta fa il suo lavoro con un buon mestiere, sciorinando un Hard & Heavy di dignitosa classe. Ciò che manca sono composizioni che rimangano impresse più di qualche minuto. Qui non ve ne è traccia. L'album si presenta come un buon assortimento di stilemi e stereotipi dell'Hard Rock/Heavy Metal ottantiano, con passaggi a volte purpleiani di ultima generazione ("Wildest Dreams"), sfiorando a volte il Power Metal ("The Wild And The Young") a volte la più sana retorica sulla musica rock ("Long Live Rock"), e un po' d'altro. Axel si destreggia sempre bene con la sua sei corde, e possiede una buona band a supportarlo, che tra l'altro da 5 anni a questa parte comprende il blasonato ex-Rainbow ed ex-Black Sabbath Bobby Rondinelli alla batteria.

Ripeto, la coesione del sound è buona. L'energia metallica sprigionata dai solchi di questo disco è davvero garantita. Ma, spiacente dirlo, esistono moltissime giovani bands dello stesso settore capaci di tirar fuori songs accattivanti fin dal primo ascolto. Qui invece siamo difronte ad un buon esercizio basilare di stile, compositivo, esecutivo e soprattutto chitarristico. Niente di più. Si comprende così per quale motivo la fama di Axel Rudi Pell non è andata mai al di fuori del settoriale (pur avendo lui raggiunto il successo di vendite in alcune nazioni come la sua nativa Germania, questo è da segnalare con tanto di cappello). Alcuni brani figurano leggermente più di altri, come la conclusiva, epica e prolissa "Tower Of Babylon", come la ballad "Beyond The Light" e come "Truth And Lies", fuga metallica strumentale focalizzata sull'abilità del nostro alla sei corde. Ciò nonostante, non ci si schioda dagli stereotipi, e soprattutto dalla prolissità, secondo me, abbastanza gratuita (alcuni brani stanno tra gli 8 e i 10 minuti). Ciò che mi ha lasciato sgomento poi, è stata la "Medieval Overture" sinfonica che introduce tutto l'album. Pare creata con i suoni MIDI più basilari. Proprio se la potevano risparmiare. Sufficienza data per la longevità e coerenza dell'attività musicale della band in questione. E poco altro da segnalare. 

Voto: 6/10 

Alessio Secondini Morelli