REBELLION - A Tragedy In Steel Part II: Shakespeare's King Lear

Massacre
Tornano i tedeschi Rebellion, nati nel 2001 da due costole degli stramitici Grave Digger (precisamente, il bassista Tomi Göttlich ed il chitarrista Uwe Lulis, quest'ultimo però da due annetti ha abbandonato per trasferirsi armi e bagagli negli altrettanto mitici Accept). E in 16 anni di storia, non sono certo rimasti con le mani in mano. Oltre al linguaggio del miglior Metal tradizionale di stampo Teutonico, dai Digger i nostri hanno anche ereditato in toto la passione e la dedizione verso i concept albums di matrice storico/letteraria. E questo "A Tragedy In Steel Part II: Shakespeare's King Lear" è anche il secondo basato sull'opera del Grande Bardo di Albione, dopo il loro esordio del 2002 "Shakespeare's Macbeth - A Tragedy In Steel". Certo, in tutti questi anni i nostri sono passati attraverso concept albums altrettanto ambiziosi ma mirati per la maggiore a narrare le saghe Nordiche delle genti Germaniche. Basti pensare alle tre parti di "The History Of The Vikings" e agli altrettanto validi "Arminius: Furor Teutonicus" e "Wyrd Bið Ful Aræd - The History Of The Saxons", tutti lavori encomiabili ma... probabilmente, l'antico amore per Shakespeare non poteva cadere nel dimenticatoio. Ed ecco che i nostri ci riprovano sedici anni dopo la messa in musica del celeberrimo Macbeth, con il Re Lear. Sia chiaro, per chi non li conosce, che esattamente come anche i concept "storicheggianti" dei Grave Digger, i Rebellion non sono assolutamente "Symphonic/Power/Classic/Lyric/Hollywood et similia Metal", bensì Puro Metal della tradizione Teutonica, linguaggio musicale che, se debitamente curato e variegato, possiede ancora oggi un potenziale narrativo ed un effetto drammatico non indifferenti, ai quali di certo i fondatori della band hanno saputo dare un grande contributo sostanziale sin dai tempi dei Digger. E qui, ci troviamo di fronte anche ad una gradevole variazione sul tema. Un disco molto "oscuro", dove difficilmente troverete ritmiche forsennate e veloci (lo "Speed Metal" tipicamente tedesco tanto in voga negli '80s insomma), bensì un lavoro sostenuto da ritmi pesanti e mid-tempo rocciosissimi, seppur non privo di energia e rabbia.

Il rallentamento di ritmo non significa necessariamente ammorbidimento (e neppure sfociamento nel manieristico e noioso Doom Metal: questo per fortuna potete togliervelo dalla testa prima che subito!). Semplicemente: la vicenda di Re Lear è certo caratterizzata da elementi negativi, oscuri e tenebrosi, per questo i nostri hanno fatto la scelta ben mirata di associare alla storia brani dai ritmi per lo più rallentati e relativamente "ariosi", poiché senz'altro più adatti della velocità spaccatutto, nel caratterizzare delle composizioni che vorrebbero esaminare con piglio narrativo ed enfasi ogni singolo aspetto del dramma di Shakespeare. Risultato: ottimo. Ogni brano è abbastanza arioso per essere arricchito con i giusti accorgimenti arrangiativi/compositivi (chitarristici, corali, orchestrali/tastieristici, melodici, di voci narranti e di dialoghi presumibilmente presi dal dramma in questione). Uniche eccezioni, le tracce "Blood Against Blood" e "Truth Shall Prevail", prevalentemente basate su ritmi sostenuti e bellicosi, ma altrettanto drammatiche ed oscure. Una produzione sufficientemente ruvida ma ben rifinita conferisce poi al lavoro un piacevolissimo gusto sanguigno e verace. A quanto pare l'intervento del digitale è stato ridotto al minimo se non addirittura eliminato, preferendo un suono di batteria possente e profondamente "fisico" a far da degno contraltare a due solide chitarre "suonate" più che "prodotte", mixate lateralmente ai due canali stereo, il tutto allo scopo di far risaltare le varie sfaccettature della sostanza drammatica di ogni brano al centro del "palcoscenico" sonoro, rappresentando con la giusta enfasi gli atti del Re Lear. Tutto ciò fa somigliare il lavoro in questione ad una gemma del passato che risale alla metà degli anni '90: "Maleficium" degli svedesi Morgana Lefay. Similare drammaticità sulfurea, stesso verace suono cadenzato e meravigliosamente fisico. Il palcoscenico sonoro evocato dai Rebellion è sempre quello del Puro Metal Teutonico in tutte le sue migliori e più nobili sfaccettature, ed il lavoro finito, pur superando i 65 minuti di durata, è sufficientemente variegato da non risultare mai eccessivamente prolisso e noioso. Questo è uno di quei dischi che testimonia e permette di toccare con mano quanto ancora possa essere efficace ed artisticamente riuscito l'elemento "narrativo" storico-letterario nel linguaggio musicale del Metal Classico, soprattutto quello di derivazione strettamente tedesca. Staremo ad assistere quindi quanto i nostri tedeschi preferiti (tanto i Grave Digger quanto i derivati, ma ottimi, Rebellion) avranno ancora da narrarci. In ogni caso, bentornati a loro... e bentornato anche al caro William. 

Voto: 9/10 

Alessio Secondini Morelli