STALKER - Shadow of The Sword

Napalm
Se si guardasse la copertina di questo album, l’esordio di questi neozelandesi, si prenderebbe un bel granchio. Perché quello che si penserebbe guardandola, ci porterebbe a condurre i nostri nei territori cari a certo power o epic metal; invece nulla di più sbagliato; perché i ragazzi sembrano l’incarnazione dei primi e sulfurei Slayer . Si avete capito bene, quelli ancora acerbi, divisi tra scorie N.w.o.b.h.m. e speed/thrash metal; questi ragazzi esordiscono come se volessero replicare la formula di “Show no mercy” che spalancò le porte alla band di Huntington beach. L’opener “Total annihilation” è slayeriana all’ennesima potenza, riffing malvagi , tempi veloci di batteria, e cantato urlato, acuto e più cupo; i nostri dimostrano che sanno proporre una formula potente, devota all’assalto, quasi nessuna concessione alla melodia. “The mutilator” introdotto da un suono di catene e fiamme, è puro speed metal, il terzetto fila via come un treno, riffing tonanti, batteria veloce e precisa, un sapore ottantiano e la voce acuta e feroce e i cori che richiamano la tradizione più classica del metal americano, buono il solo melodico e richiamante il metal classico.

“Path of destruction” è introdotto da un temporale sul quale si staglia il rullante che denota una marcia epica, le chitarre sembrano difatti evocare lo Us metal più epico; ma è solo un’impressione, perché i nostri riprendono a picchiare come fabbri ferrai, riffing d’acciaio, tempi velocissimi e voce acutissima che dosa urla e voce più greve, a metà del brano c’è un rallentamento che richiama la tradizione del metal più classico, con un lavoro di chitarra evocativo. La titletrack è più tellurica, ritmata, e pesante, riffing speed/thrash, stop n’ go e via ancora con una batteria veloce e metronomica, la voce è in secondo piano, il cantato è acuto e melodico e i cori hanno il sapore anni 80. “Shocked to death” è anch’essa pregna dei riffing cari a Tom Araya e co., tempi velocissimi, cantato aggressivo, cori che prendono alla gola, doppia cassa senza pietà, un brano perfetto e preciso. “Master of mayhem” è anch’esso uno speed metal con riferimenti sia al thrash che stava nascendo all’epoca che al metal classico rivisto in un’ottica più aggressiva e heavy, riffing serratissimi, batteria e basso compatti e cantato acuto e acidissimo e cori a non finire. Un disco che se fosse nato negli anni 80 avrebbe avuto una votazione altissima, perché sarebbe stato perfetto per l’epoca, qui i nostri confezionano un disco sinceramente retrò, un’opera prima potente, compatta, che racchiude una buona cover di “Evil dead” dei maestri Death, ma ancorata ancora a degli stilemi fin troppo conosciuti; c’è da lavorare ma ho idea che i nostri potrebbero darci qualche soddisfazione. 

Voto: 6.5/10  

Matteo ”Thrasher80”Mapelli