LIVING COLOUR - Shade

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I Living Colour sono una delle pochissime band dell'universo hard and heavy ad essere formate esclusivamente da musicisti afroamericani. In effetti prima di loro ci sono stai i Sound Barrier, che pero' non hanno mai ottenuto la fortuna che forse avrebbero meritato. I Living Colour al contrario sono partiti subito con il piede giusto. Alla fine degli anni Ottanta sono entrati nell'industria discografica grazie a Mick Jagger che era rimasto favorevolmente colpito da una loro esibizione live a New York. Fin dal folgorante esordio (Vivid, 1988) la musica di questo combo e' stata definita funk metal in quanto le sonorita' funky sono sempre emerse prepotentemente fra le robuste maglie del sound proposto. Qualcuno all'epoca parlava della cosa come di un'innovazione assoluta, ma ricordiamo come gia' Led Zeppelin e Deep Purple abbiano inserito certe sonorita' nell'hard rock' dai primi anni Settanta. Nel corso di quel decennio abbiamo continuato ad avere suggestioni in tal senso ad opera di Sweet, Aerosmith, Frank Marino e Pat Travers. Ai Living Colour va senza dubbio riconosciuto il consolidamento di tale approccio, che negli anni Novanta ha avuto un ruolo di rilievo nella scena rock. I Living Colour sono ancora quasi tutti gli stessi degli esordi con il cantante Corey Glover e il chitarrista Vernon Reid a condurre il gioco, validamente sostenuti dal bassista Doug Wimbush e dal batterista Will Calhoun.

Shade e' il settimo disco in studio di questa band che forse non e' stata particolarmente prolifica in quasi vent'anni di carriera intervallati da scioglimenti e reunion. Si tratta comunque di un lavoro molto valido che ribadisce con vigore l'identita' funk metal gia' sviluppata nei precedenti lavori. Il groove e' coinvolgente, il virile piglio vocale di Corey Glover ci conquista e ci conduce in territori di fisicita' negroide. La chitarra di Vernon Reid non perde colpi, i riff e gli assoli sono robusti e carichi di feeling- L'iniziale Freedom Of Expression (F.O.X.) fa partire subito il disco su coordinate altamente energetiche. Un riff micidiale introduce Preachin' Blues, uno dei picchi dell'intero lavoro. La chitarra di Reid ci avvolge con sonorita' calde e sature al punto giusto. Un'atmosfera di attesa apre Come On che poi si dipana in un andamento nervoso e spezzato. Si prosegue con brani dove il metal funk dei Colour si esprime ai consueti livelli. Parliamo di Program, Who Shot Ya e Always Wrong. Un bel riff sincopato di basso sostiene Blak Out mentre un andamento piu' veloce caratterizza Pattern In Time. In Who's That Vernon Reid ci regala sublimi momenti di chitarra slide inframmezzati a sonorita' jazzate che ci ricordano quanto variegate siano le radici musicali dei Living Colour. Hard rock d'assalto con Glass Teeth e Invisible. Il disco si chiude con due brani dalle atmosfere cangianti e variegate come Inner City Blues e Two Sides. Quest'ultimo e' l'unico pezzo melodico all'interno di un disco molto d'impatto. Sia Glover che Reid regalano prestazioni ad alta intensita' emotiva in questa aspra ballad lacerante e sofferta. In quest anni ci sono mancati il Living Colour. Ora sono tornati. 

Voto: 8/10 

Silvio Ricci