KAIPA - Children Of The Sounds

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Anche la leggendaria band scandinava, icona del progressive rock nordico, fa la sua comparsa in questo ricco anno musicale, 2017. Il loro primo album, Kaipa, risale addirittura al 1975. Da lì in poi si sono susseguiti parecchi album in studio, svariati cambi di formazione, ma quello che è rimasto intatto è lo spirito con il quale viene composta musica prog. Questo nuovo lavoro dal titolo Children Of The Sound li riporta sul mercato discografico in forma brillante. Lo stile, come sicuramente intuito, non cambia di una virgola. Cinque brani, per una durata di quasi un'ora, 58 minuti per l’esattezza, un azzardo a volte iniziare con un brano da undici minuti, Children Of The Sounds, anche se presenta una struttura orecchiabile, leggera e mai ossessiva. Risultato comunque apprezzabile, ovviamente bisogna essere amanti di un certo genere di progressive rock, altrimenti si rischia di cadere in una monotonia di fondo che non farà andare avanti l’ascolto.

Loro comunque ci credono e continuano su questa linea anche sul secondo brano, che tra l’altro dura ben diciassette minuti. Continua marcatamente la linea immessa nel primo, mai esasperato, sempre con una certa calma esenziale e delle parti strumentali davvero eccezionali. Spesso verrebbe da fare il paragone con il prog italiano, ma lì siamo sinceramente su un altro pianeta, credendo che i Kaipa siano si bravissimi, ma sempre lontano anni luce da quelli che furono i “creatori” di un genere molto particolare e di cui noi possiamo andarne sicuramente fieri. Questo comunque è un pensiero di chi scrive. La terza canzone mostra anche il lato folk della band, Like A Serpentin, altro rispettabilissimo brano orecchiabile, lento e condito con un pizzico di malinconia. Vanno a chiudere Children Of The Soul due tracce, The Shadowy Sunlight e What’s Behind The Fields che sembrano prese direttamente da qualche album della nostra Premiata Forneria Marconi, influenzati parecchio da questi ultimi. Rimane comunque un buon lavoro, suonato divinamente e prodotto in maniera gradevole, anche se alla lunga diventa un po’ noioso. Gli amanti della band scandinava però potrebbero trovare qualcosa in più rispetto a chi scrive queste due righe. 

Voto: 6,5/10

Sandro Lo Castro