ANNIHILATOR - For The Demented

Silver Lining Music
Il bello dei veterani canadesi Annihilator, creatura ormai totalmente del sommo nume del techno-thrash, il chitarrista/songwiter Jeff Waters, è che sono al sedicesimo album e non si sono ancora stancati. Potrebbe essere una critica come un elogio. Essendo di parte, propendo per quest'ultimo. Lontani nel tempo sono i fasti dei primi due imprescindibili gioielli "Alyson Hell" e "Never, Never Land" come del buon terzo album "Set The World On Fire" (dove i pazzi cambiamenti di ritmo si sono un po' calmati in favore di sonorità Thrash/Heavy comunque pregevoli), i nostri hanno deciso comunque di continuare ad andare avanti, magari con reiterati cambi di formazione (alla fine Waters è diventato anche frontman, con risultati per nulla disprezzabili), ma musicalmente senza eccessivi scossoni. Non faranno poi nulla di nuovo, ma la qualità compositiva, espressiva e di produzione in studio (fattore da non dare mai per scontato) rimane sempre garantita. I nostri sono ancora Techno-Thrash (pur senza la "pazza irruenza" degli esordi), certo, ma ancora di più squisitamente, energicamente, potentemente, Thrash fino al midollo. Le due bordate iniziali "Twisted Lobotomy" e "One To Kill" sono spaventosamente violente e veloci, quasi ai limiti del Death, ma... sempre bilanciate da una produzione "traditional" pulita quanto energica, che fa sempre piacere ascoltare. La title-track pare un po' schizoide, con vocals molto contrastanti e arrangiamenti chitarristici inusuali accostati al tradizionale chitarrone metallico di Jeff... "Pieces Of You" è invece una ballad. Sì, ma che ballad. Non è la miglior power ballad che mi sia capitata di ascoltare, ma si difende bene, con arrangiamenti brillanti ed una certa espressività nelle vocals.

Si torna in potentissimi territori Thrash/Heavy con "The Demon You Know", ma soprattutto con l'altrettanto terremotante "Phantom Asylum", bellissima anche perché presenta, lungo tutta la sua durata, delle partiture leggermente dissonanti di chitarra clean molto reverberata che aggiungono drammaticità al brano, che oltretutto contiene due bellissimi guitar solos, considerabili forse i migliori del disco. "Altering The Altar" è pesantissima e del miglior Thrash... anche se come intro ha una trentina di secondi di accordi di celestiale e mellifluo synth orchestrale, e questo contrasto mi delizia alquanto, in aggiunta alla qualità della traccia in questione, oltre alla parte strumentale di mezzo, che è puro prog metal chitarristico di gran classe. Bravo Waters e bravo anche Aaron Homma, l'altro chitarrista. A ritmi meno serrati arriva "The Way", brano più rockeggiante dall'andamento quasi punk, giuro!, e non pare neppure stonare con il mood generale dell'album. Gradita sperimentazione, non c'é che dire. Il breve strumentale chitarristico "The Dark", ricco di suspence e di mistero, ci porta al gran finale con "Not All There", laddove un riff maledettamente Thrash pomposo e violento ci fa rivivere quasi l'epoca di "Master Of Puppets" dei Metallica, seppur inframmezzato da alcune variazioni improvvise tra il funkeggiante e l'arpeggiato semiacustico, facendo giungere a una conclusione "con il botto" un album che forse non sarà il migliore in assoluto di Waters e company, ma che ci informa di un comunque ottimo stato di salute di una delle più importanti bands del metal americano dagli anni '80 in poi. La follia degli Annihilator è forse oggi un po' più latente che esplicita nelle composizioni, ma ascoltarli ancora oggi continua a far bene al cuore del metallaro "perbene" che ha anche voglia di qualche ardita sperimentazione. 

Voto: 8/10 

Alessio Secondini Morelli