THE DARKNESS - Pinewood Smile

Cooking Vinyl
Se è vero che non si dovrebbe mai giudicare un libro dalla copertina, l’ultimo album dei Darkness potrebbe essere una significativa eccezione. Il nuovo “Pinewood smile” con la sua bella mostra di una manciata di denti dalla rivedibile perfezione ortodontica lascia in effetti poco spazio alla fantasia. Eppure, nonostante la terribile cover, la recente fatica della band di Justin Hawkins, alla sua terza prova dopo la reunion post rehab, è pur sempre un disco della ditta Darkness, con tutti gli annessi e connessi del caso, incapace di schiodarsi di un millimetro dalla solita collaudata formula di rock senza vergogne. In tipicissimo stile The Darkness l’opener e singolo All the Pretty Girls: riff coinvolgente, testo scanzonato e falsetto a secchiate, il refrain anche se è difficile da dimenticare manca della vera e propria zampata del fuoriclasse, che invece arriva nella sferzante critica al cinismo del music business contenuta in Solid Gold una vera perla di hard rock con un riff alla Angus che trascina tutto e tutti, costringendovi ad un headbanging forsennato, fino al ritornello corale che non fa prigionieri.

La successiva Southern Trains colpisce con un lavoro di chitarra solido trascinato dal drumming incalzante, la linea vocale poteva essere migliore mentre il solo della sei corde esplode letteralmente nelle orecchie; purtroppo si passa poi alla ballatona ricca di melassa Why Don’t The Beautiful Cry? con una influenza funkeggiante poco convincente, ma in cui a splendere è l’ottimo solo di chitarra. Japanese Prisoner Of Love ha tutti gli ingredienti di una grande canzone dei The Darkness un riff modernissimo quasi alla Alter Bridge a cui si mescolano intermezzi operistici alla Queen in un turbine apparentemente insensato, che alla fine trova un suo perché; i ragazzi continuano positivamente con Lay Down With Me, Barbara leggera e sbarazzina, ma ricca di atmosfera e di influenze che la rendono di grande impatto. L’overdose di falsetti di I Wish I Was In Heaven e la solare Happiness non graffiano, accomunate da un arrangiamento troppo da pop song a stelle e strisce; finale a tinte southern nell’opener diStampede of Love che prende fuoco con un refrain corale e una strana sfuriata punkeggiante in chiusura. Scritto a Putney, registrato in Cornovaglia e prodottto da Adrian Bushby (Grammy-Award winning producer, già al lavoro con Foo Fighters e Muse) “Pinewood Smile” alla fine dei suoi 40 e scarsi minuti non è altro che frivolo, superfluo, irrilevante nella storia della musica, disimpegnato e tutti i difetti di questo mondo che possiamo e potrete certamente trovare. Ma è proprio per questo che questo disco vi piacerà. 

Voto: 7/10 

Bob Preda