HELL IN THE CLUB - See You on the Dark Side

Frontiers
Quarto album in soli sei anni di attività per gli Hell In The Club che, in così breve tempo, si sono presentati al pubblico.Si sono fatti amare, hanno suonato in vari festival prestigiosi, sono andati in tour con band già ‘consacrate’ ed oggi arrivano ad incidere per la sempre attenta Frontiers. Il progetto vede al basso Andrea (Andy) Buratto (Secret Sphere), alla voce Dave (Elvenking), con Andrea “Picco” Piccardi alla chitarra e Marco “Lancs” Lanciotti alla batteria che, guidati dalle sapenti mani del ‘Master of the Mixing’, Simone Mularoni (DGM), infiammano gli ascoltatori con “We Are On Fire”, song di ‘riscaldamento’ che prepara i padiglioni auricolari alla più articolata “The Phantom Punch”, fiera di tutta la coralità della band sul ritornello, caratteristica tipica delle composizioni del quartetto. Intro originale per “Little Toy Soldier” grazie al sound di chitarra Dobro, subito incalzata dal corposo e solido riffaggio di chitarra elettrica di Picco che snocciola anche un solo intrigante. Neanche un secondo per riprendere fiato e si riparte a tutto vapore con “I Wanna Swing Like Peter Parker” tagliente come una lametta e dagli interessanti cambi di tempo; ritmi più cadenzati e Rock’n’Roll in“Houston, We’ve Got No Money”, anticamera della più scanzonata e frivola “A Melody, A Memory”, in tipico stile Hell In The Club.

Altro brano che denota la maturità compositiva del gruppo è “Showtime” in quanto si percepisce il grande salto qualitativo fatto nel comparto della 6 corde che è il motore trascinante delle canzoni e che fa “il bello ed il cattivo tempo” nei panorami sonori delle composizioni. Molto West Coast style per “The Misfit”, un bel rockettone fresco ed estivo, scanzonato e molto easy listening mentre di tutt’altra trama sonora è “Withered In Venice”, lenta, mirata a sottolineare la vocalità di Dave e culminante in uno struggente assolo di chitarra che rimarca il pathos di tutto il brano. In primo piano la linea di basso che la fa da padrona in“Bite Of The Tongue”, bombardone tutto riff e ritmo. Il finale viene affidato alla poliedrica “In a Crowded Room”, dal vellutato intro che in breve tempo si trasforma in un sound ruvido come la carta vetrata e che ancora una volta brilla per il bel coro del ritornello. Le sorprese non finisco in questo brano di quasi 8 minuti dove si trova anche lo spazio per riminiscenze di Swing, per poi riprendere nell’outro lo stile dell’intro, con un richiamo alle tipiche sonorità circensi. Quarto album e quarto centro per i nostri Hell in the Club che impreziosiscono il loro curriculum con un album che ha nel suo DNA un sound più omogeneo e artisticamente più maturo, sia nelle liriche che negli arrangiamenti. Se vogliamo trovare un piccolo neo a questo eccellente lavoro, ok, forse l’assenza di una vero lento strappa lacrime ma, comunque, tutto fila come uno orologio svizzero… anzi italiano!.Se questo è “il lato oscuro” della musica meglio accendere i riflettori, alzare il volume delle stereo e goderselo dalla prima all’ultima nota. 

Voto: 8/10 

Bob Preda