GRAVE DIGGER - Traffic Club, Roma - Giovedi 05 Ottobre 2017


Una grande festa! Questo ha significato la nuova calata live in Italia dei mitici Grave Digger. Il combo tedesco, in 37 anni di esistenza ha fatto la storia del Metal Teutonico assieme a pochi altri (Helloween, Running Wild), e il valoroso combattente Chris Boltendahl, singer dall'ugola di acciaio, unico membro originale rimasto al timone della banda di Scavatori di Tombe, non accenna di certo ad abbandonare la marcia serrata, nonostante gli "stop and go" che hanno subito negli anni.

Ed ecco che andiamo a descrivere ciò che è avvenuto in quel del Traffic di Roma, il 5 di ottobre. Aprono le danze i nostrani Lady Reaper, giovane heavy metal band romana che ha saputo riscaldare abbastanza la platea in attesa degli headliners. Ed ecco che si spengono tutte le luci... e il consueto teschione incappucciato da il benvenuto al pubblico difronte al microfono, con gesti teatrali e "intro" dalla voce cavernosa, prima di accomodarsi alla tastiera sullo sfondo a destra del palco. Trattasi difatti, da quanto ho capito, del tastierista aggiunto della band, Marcus Kniep se non erro, e mi chiederò sempre come diamine farà ad apparire ammantato e mascherato per tutta la durata del concerto, senza schiattare di caldo in quella bolgia infernale che è il Traffic di Roma.

Le danze indiavolate, dicevo, ed in effetti la band apre subito lo show con un paio di bordate metalliche tratte dall'ultimo LP "Healed By Metal". Si inizia appunto con la title-track "Healed By Metal" (purtroppo hanno dovuto stopparla e reiniziarla per sostituire una chitarra che ha fatto le bizze, ma la seconda take è andata alla grande!) e si prosegue con l'indiavolata "Lawbreaker": vi assicuro che il pubblico non difetta di certo di partecipare... e far parte dello Show. Quella che è la tradizione di ogni concerto metal che si rispetti si perpetua anche ora, con una bolgia infernale di spintoni, agitazione forsennata, corse a destra e a manca e spallate di vario genere ed intensità. In poche parole, ci troviamo difronte a una tipica "pit" riempita di "pogo" proprio sotto al palco. Essendo io un cristone di oltre 180 centimetri riesco a resistere... e a rispondere per le rime; in poche parole, a divertirmi (in effetti era davvero tanto che non facevo una cosa del genere, mi sono difeso bene!), mentre Chris dal palco incita, tocca le mani protese (molte delle quali fanno il tipico gesto delle corna), spara le tipiche pose da cantante metal, ci chiede uno "sforzo sovrumano" per eseguire il coro anthem di "Ballad Of The Hangman" prima che inizi il brano (solo alla terza prova si ritiene soddisfatto!), porgendo poi il microfono durante il refrain per farcelo eseguire in tempo reale.

Bravi il bassista Jens Becker e il batterista Stefan Arnold, potenti, capaci e mai eccessivi, ma un plauso soprattutto al chitarrista solista Axel "Ironfinger" Ritt che sfoggia le sue chitarre zebrate (cattiva cattiva cattiva quella che non ha funzionato!!!) ed è ineccepibile tanto nei riffoni incazzati quanto negli ottimi ed energici solo. Tra i momenti migliori dello show ci sono sicuramente l'unico momento intimista della serata, vale a dire la ballad semi-acustica "The Ballad Of Mary (Queen Of Scots)", e soprattutto l'esecuzione assieme al pubblico di "Rebellion (The Clans Are Marching)", probabilmente il brano migliore dal concept album "Tunes of War" incentrato sulla lotta per l'indipendenza della Scozia, che si è trasformato in un anthem cantato tutto a memoria dai ragazzi presenti sotto il palco. Davvero da brivido il risultato, potete credermi. Intanto, lo show va avanti, con brani vecchi e nuovi che si susseguono senza mai perdere un colpo, ed è un tripudio di "The Dark Of The Sun", "Season Of The Witch" (potente quanto cadenzata, rappresenta un'ottima pausa per pogo forsennato del pubblico della "pit"), la stupenda "Excalibur", "Halleluja" sempre dall'ultimo album... fino al finale rovente, con la biblica Heavy Metal Breakdown, title-track del primo album, ormai emblematica dei Grave Digger senza la quale non avremmo certo lasciato andar via la band. Il pubblico dei Grave Digger è il pubblico dei Grave Digger, inneggia "Digger, Digger, Digger" in continuazione e canta tutti i refrain corali a memoria, e come dicevo all'inizio, questo ha il sapore di una festa, come ogni grande evento relativo alla Musica del Sacro Metallo.

Sono davvero grato che ciò si sia manifestato a Roma. Nel finalone, oltre ai saluti della band, abbiamo l'ultimo numero dello scheletrone/tristo mietitore di cui parlavo all'inizio che sfila di fronte al pubblico manovrando una cornamusa. Anche a livello iconografico, tutto si è compiuto! Lo show è andato bene in ogni elemento. All'uscita, parlo con varie persone e scopro che sono arrivate un po' dappertutto per vedere i Diggers. Tra queste, un ragazzo con la sedia a rotelle che è arrivato accompagnato da una badante (o sua sorella, non ricordo) dritto dalla Puglia, ed ha seguito tutto lo show sistemato sul lato destro della transenna difronte al palco (fortuna che il pogo non è arrivato fino a lui...). Io ringrazio i Diggers, che ancora una volta ci dimostrano, anche con un'audience medio-piccola come può essere quella del Traffic, cosa sia VERAMENTE un concerto metal, e porto a casa una maglietta e una "strictly limited edition" su vinile dell'ultimo album. Ciao Chris, ci rivediamo il prima possibile in concerto. HORNZ UP AND LONG LIVE METAL!!! 

Alessio Secondini Morelli