BLUE DAWN - Edge Of Chaos

Black Widow
Terzo ed importante lavoro per la band genovese dei “Blue dawn”, una line-up corposa e un progetto ambizioso contraddistinguono il loro lavoro “Edge of Chaos”. Se i primi due album hanno segnato il percorso e indicato la strada in modo da esaltarne i tratti salienti, questo può essere considerato per vari motivi l’album della consacrazione, o meglio a noi piace pensarla in questo modo. Sicuramente le atmosfere darkeggiante con numerosi riferimenti esoterici sono una costante anche in questo disco, dove in più parti si fa sfoggio di quella tecnica, forse a tratti fredda ed eccessiva che però li ha contraddistinti sin dagli albori. Mentre la voce risulta molto interessante e artisticamente valida su tutti i versanti. Tutto si muove sull’onda di un metal con specifico riferimento al Doom Metal, il platter è composta da ben 11 brani, e si apre con “Presence”, così come suggerisce il titolo stesso, dalla prima nota suscita grande suspense sull’ascoltatore, mistero e inquietudine, all’improvvisa una sorta di inaspettata dolcezza scandisce il tutto, funge da breve intro. Più rock “Sex (under a shell)”, la parte più interessante risulta il botta e risposta fra la voce maschile e quella femminile, la seconda più dedita alla parte alta dona enfasi, cambi di tempo che nel finale diventano sempre più repentini, destinati a donare quell’impronta aggressiva al pezzo. Voce che pare lontana e soffocata in “The perfect me”, il sound è particolare e si sviluppa a tratti in modo alquanto differente, bella la parte delle voci all’unisono e gli acuti di Monica Santo. Particolare e complesso è il brano “Serpent’s tongue”, evidente nei vari cambi è la componente elettronica che in alcuni tratti si fa davvero forte, e il chorus che crea quel tono solenne accompagnato dall’assolo di chitarra che suscita paura.

Bellissima ballad “Dancing on the edge of chaos”, spazio alle performance vocali del duo, alla fine è davvero sentimentale, calca su più punti l’emotività dell’ascoltatore che si vede cambiare rotta; ritornano i temi esoterici in “Wandering Mist”, che ripropone i toni d’apertura senza molti cambiamenti a dire il vero, anch’esso strumentale e breve, ciò che aumenta e la sensazione di vertigine di chi ascolta. Uno dei più belli sicuramente “Black trees” detiene un tono alquanto epico, forse appare un po’ forzata la parte del cantato ma la bellezza della parte strumentale copre questo piccolo difetto, prima parte a voce femminile poi maschile e duo, quest’alternanza ci accompagna per tutta la durata dell’album. Un bel hard rock intriso di synth per “Burst of life”, dove a mio parere il livello compositivo è più elevato e l’ascolto è fra i più piacevoli, più collegabili alle grandi produzioni sicuramente. Questa linea compositiva elevata resta anche nel brano che segue “Sorrows of the Moon”, sempre all’insegno di un hard rock che piace, anche la parte del cantato è ad effetto diretto e molto più coinvolgente di ciò che è stato sin’ora, dona particolare importanza alle sillabe di ciò che viene pronunciato affiancato dagli acuti femminili. Ultimi due brani “Baal’s Demise” con quei tratti punk all’inizio che cambiano col tempo e si trasformano totalmente perdendo il significato iniziale, uso delle tastiere particolare, aggiunge quel pizzico di particolarità al platter, e l’ultimo “Unwanted Love” che serve solo per completare, nessun cambio particolare lo contraddistingue. A mio parere è un buon album ma il divario fra la tecnica eccelsa della parte strumentale e la parte vocale con qualche pecca si nota. Un album dalle mille sfaccettature che delinea il percorso di crescita di questa band, ad ogni modo. Avanti cosi, ragazzi! 

Voto: 7/10  

Angelica Grippa