STEVE HACKETT - The Night Siren

Inside Out
Ho sempre pensato che per proporre rock progressivo in maniera convincente non bastassero elevate capacità tecniche e compositive ma che, per evitare di ricadere in stilemi già troppo abusati negli ultimi 4 decenni, fosse necessario aver vissuto in prima persona l'evoluzione del suddetto genere musicale dagli anni 70 in avanti. Il caso di Sir Hackett è proprio questo, anzi, qui abbiamo di fronte una vera e propria icona del prog rock, la cui influenza ha contribuito a tracciare, attraverso i decenni, le coordinate del percorso evolutivo di cui sopra. L'ex chitarrista dei Genesis, consapevole del fatto che suonare prog oggi è cosa totalmente differente da quanto fosse negli anni 70, da alla luce un album ispiratissimo, assai vario e pieno di contaminazioni e di ospiti di rilievo, facendo coesistere mondi musicali (anche geograficamente) assai distanti tra loro, in un concept di fratellanza, unione e celebrazione della diversità come valore aggiunto nella cultura di un popolo, proprio in un'epoca in cui sembra che il destino del pianeta sia segnato dall'allontanamento dei popoli tra loro, dalla divisione e dalle guerre.

Un messaggio di pace universale, di tolleranza ed integrazione che si riflette nelle tematiche trattate all'interno degli 11 brani di cui si compone questo platter, la cui opener “Behind The Smoke” subito immerge l'ascoltatore in atmosfere orientaleggianti, che ricorreranno nuovamente anche in alcuni dei successivi brani. Nel caleidoscopio sonoro proposto, trovano spazio sitar indiani, percussioni sudamericane, strumenti etnici di ogni tipo, così come voci di ogni parte del mondo, a creare un'opera davvero universale, in cui la chitarra, sempre con partiture prog, ma sempre con intenzioni differenti, fa da comune denominatore ad un album che risulta essere un simbolo della condivisione artistica a 360 gradi. Difficile elencare i brani più significativi, perché ogni singola traccia di questo lavoro ha una sua anima, anzi diverse anime che pacificamente e armoniosamente convivono dimostrando come l'arte vada oltre le distanze geografiche ed ideologiche. Vale la pena ricordare, ad ogni modo, il brano “West To East”, che vede la partecipazione vocale di Kobi Farhi degli Orphaned Land, o la splendida “In Another Life”, ma ogni ascoltatore potrà certamente trovare differenti preferenze a seconda dei gusti e degli stati d'animo del momento, in quanto i contenuti artistici sono tantissimi e assolutamente variegati, in un'opera che va ascoltata dall'inizio alla fine. Non mi resta, dunque, che augurarvi di godere della pace artistica universale che Sir Hackett ha magistralmente realizzato con questo capolavoro. Buon ascolto! 

Voto: 9/10

Francesco Lattes