WARBRINGER - Woe to the Vanquished

Napalm
Qual è il gruppo thrash metal che può insidiare il trono dove si siedono i cosiddetti big four??; eccolo, i Warbringer! Perché i nostri sono quanto di meglio la scena thrash metal americana possa dare in termini di modernizzazione del genere pur rispettandone i canoni. I nostri hanno un tecnica e intensità invidiabile con l’opener “Silhouettes”i nostri fanno già capire che loro non scherzano; batteria con doppia cassa lanciata a mille, chitarre che macinano riff su riff e una voce scartavetrante ,ti trascinano in un gorgo di violenza assoluta con anche la qualità sonora di soli di chitarra melodici, la titletrack sa colpire duro con parti in blast beat che s’intersecano perfettamente nel tessuto sonoro dei nostri, difficile resistere all’headbanging dopo appena due pezzi e che pezzi! “Remain violent ” è un mid tempo roccioso con cori d’assalto nel ritornello ,chitarre grattate a dovere e una rabbia trattenuta a stento; le chitarre di Becker e Carroll, conoscono bene la materia e duellano da par loro ;Chissà dal vivo che inferno sonoro! Ma non è finita qui perché i nostri deviano verso la maligna “Spectral asylum” un brano dove riffing malvagi scolpiscono un quadro thrash/death metal dove la batteria colpisce senza pietà con furiosi blast beats, per poi rallentare a metà del brano con intensità mai sopita e assoli melodici e graffianti.

Questo vuol dire l’evoluzione del thrash metal, estremizzarlo, fonderlo con generi più estremi, rendendolo unico; ma il bello deve ancora venire, perché in ultimo, ecco un brano lento, epico e ricco di atmosfera; il brano conclusivo “When the guns fell silent”,un brano ispirato al poema “The voice of the guns” di Gilbert Frankau; si parte con un tappeto arpeggiato acustico, mentre in lontananza si odono crepitii di proiettili e chitarre distorte,e una voce narrante introduce il brano possente, un mid tempo roccioso, ricco di pathos e chitarre che cesellano melodie malinconiche ,la voce è un grido disperato, il brano poi decolla sul finale con l’intensità di una granata a percussione, accellerando nella parte solistica, per poi rallentare nel finale, che scivola ancora in coda acustica. Un brano che potrebbe candidarsi come la “One” del nuovo millennio perché brani di questa caratura, certi ex quattro cavalieri, non sanno più scriverli; otto tracce ,per un viaggio intenso e selvaggio; per chi ama sonorità estreme, con un tessuto melodico, questo è un disco da avere, si riassume in un’unica parola: Thrash! sipario! 

Voto: 9/10  

Matteo ”Thrasher80” Mapelli