OPERA - Intervista alla Band


Siete appena usciti sul mercato discografico con un nuovo album in studio, potete presentarlo ai nostri lettori?

Deborah: La Ruota del Destino parla della precarietà dell’esistenza e della fatalità della vita in generale, il disco suggerisce all’ascoltatore una riflessione sul proprio io, sull’interazione con gli altri individui e sulla realtà che ci circonda. Il concept dominante di tutti i brani è la vita, messa al centro di qualcosa di immensamente grande, talvolta incerto e incomprensibile, di cui tutti facciamo parte e di cui, nostro malgrado, a volte ci sentiamo vittime, altre volte vincitori. La nostra musica è una miscela personale dei nostri stili, una proposta fresca ma allo stesso tempo potente, ricercata negli arrangiamenti e mai banale, con melodie accattivanti e testi in italiano.

Come è nata la vostra band e quali sono le vostre origini? 

Deborah: Il cammino della band è stato senza dubbio lungo e avventuroso! Dalla prima formazione del 2008 a oggi sono stati intensi anni di duro lavoro in sala prove, attraversando momenti molto faticosi e impegnativi sia dal punto di vista musicale che umano. Alcuni cambi di formazione ci hanno a volte rallentato ma non ci siamo mai persi d’animo e abbiamo sempre tenuto bene in vista il nostro obiettivo. Io e Nicko per parecchi mesi siamo rimasti addirittura soli ma nonostante tutto abbiamo continuato a suonare in sala prove, anche se soltanto batteria e voce. Due momenti importanti sono stati senza dubbio nel 2011 l’arrivo di Michele (basso), che ha contribuito notevolmente a concretizzare gli arrangiamenti dei brani e a mettere a fuoco la nostra proposta musicale, e l’ingresso in formazione nel 2014 di Marco (chitarra) che ha contribuito a indurire e modernizzare il sound pur mantenendolo fresco, melodico e accessibile a tutti gli ascoltatori. Io ho studiato canto principalmente nel settore del teatro e del Musical per ottenere una maggiore padronanza del palco coordinata alla voce e sono sempre rimasta legata all’idea di “raccontare una storia” più che “cantare una canzone”. Ogni piccola emozione s’incanala perfettamente nella musica: quando resto letteralmente “senza parole” mi viene automatico canticchiare e mi ritrovo a scrivere ciò che non riesco ad esternare facilmente in un nuovo testo. 

Michele: La passione per la musica mi è stata trasmessa all'età di 12 anni, da un mio amico di infanzia: ho iniziato suonando la chitarra, ma poco dopo il padre del mio amico (che da giovane suonava il basso) mi propose di iniziare a suonare il basso così da poter formare una band. Da quel momento mi sono convertito al basso e ho continuato a suonarlo per anni da autodidatta. Poi, a metà anni novanta, con la scoperta dei Mr.Big e del loro mitico bassista Billy Sheehan, ho iniziato a studiare più seriamente le tecniche con l’aiuto di uno dei migliori insegnanti di basso in circolazione: il maestro Federico Gori. Nel 1998, incoraggiato dal mio insegnante, sono entrato all'accademia musicale Lizard di Fiesole. Nel corso degli anni ho militato in diverse cover-band, passando agilmente dai Dream Theater, ai Mr.Big, ai Muse ecc... fino ad approdare agli OPERA! 

Marco: La mia formazione musicale è iniziata da piccolo quando, spinto dai miei genitori, ho iniziato a studiare pianoforte. Intorno ai 15 anni decisi però d'improvvisarmi chitarrista: iniziai quasi per gioco a suonare la chitarra del nonno e da quel momento cominciai a studiare lo strumento da autodidatta, avvalendomi dell'aiuto di libri e di internet. Le prime note che uscirono dalle corde della mia chitarra appartenevano a brani dei Queen e di vari cantautori italiani, ma presto iniziai ad ascoltare e ad esercitarmi in qualsiasi genere musicale, dal pop al blues, dal rock al metal. Crescendo aumentò la mia voglia di suonare e comporre: nel corso degli anni ho collaborato con numerose band, ma non riuscivo mai a sentirmi pienamente soddisfatto della direzione musicale intrapresa. Erano sempre territori musicalmente distanti dalle mie passioni più vere. In questa band ho trovato finalmente l’intesa musicale che cercavo da tempo. 

Nicko: Il “senso del ritmo” mi è stato trasmesso da mio padre, fisarmonicista. Quando ero ancora piccolo, un mio amico batterista più grande d’età gli regalò un paio delle sue bacchette, e da allora ho cominciato a “picchiettare” su tutto ciò che trovavo in casa cercando di tenere il tempo delle canzoni che ascoltavo. A 18 anni ho acquistato la mia prima batteria e per i seguenti quattro anni mi sono allenato sulle note degli Iron Maiden, il mio gruppo preferito. Nel maggio del 1998 ho iniziato a prendere lezioni private da Poldo, un’insegnante molto rinomato tra i musicisti per il suo grande e innato talento. Con alcuni ragazzi, nel 1996, ho fondato il gruppo “Iniezione rock”, una band che suonava brani propri, ma che cambiò molte volte formazione fino a sciogliersi definitivamente qualche anno più tardi. Nel frattempo iniziai a suonare in una cover-band di sigle dei cartoni animati chiamata “Banana Split”, dall’omonimo programma televisivo per bambini. Essendo brani molto elaborati e carichi di effetti sonori particolari, i “Banana Split” sono cresciuti numericamente fino a raggiungere una perfezione d’esecuzione quasi pari agli originali e, con loro, ho raggiunto una buona fama come batterista e la grande soddisfazione di suonare con i grandi interpreti dei cartoni animati più famosi. Prima di raggiungere il traguardo degli “OPERA”, nel 2008, ho suonato anche nei “51100”, band pistoiese con brani propri di genere pop-commerciale, e in una cover-band degli Iron Maiden. 

Come è nato invece il nome della band? 

Deborah: Il nome OPERA è colpa mia! L’ho scelto in maniera del tutto istintiva non ispirandomi “all’opera sinfonica” ma “all’opera d’arte” nella sua accezione più vasta e universale.

Nicko: Fin dai suoi inizi il progetto OPERA è una fusione dei vari stili musicali che più ci piacciono e delle esperienze personali che ci hanno segnato. Non abbiamo pensato a tavolino un preciso genere musicale, ci muoviamo tra il rock, il metal e il progressive nella maniera che più ci viene naturale e istintiva, perciò abbiamo ritenuto che OPERA fosse l’unico nome veramente perfetto per noi. Le opere d’arte (e l’arte in generale) sono una miscela evocativa e suggestiva di elementi che ti assomigliano, che ti rappresentano e che ti emozionano ed è proprio seguendo questa forte ispirazione che abbiamo scelto senza alcuna esitazione il nome della band.

Ci sono delle tematiche particolari che trattate nei vostri testi o vi ispirate alla quotidianità in genere? Che peso hanno di conseguenza i testi nella vostra musica? 

Deborah: Nel 2009 ho subito un brutto incidente stradale da cui mi sono salvata miracolosamente e da quel momento il mio modo di vedere le cose e di affrontare la vita è totalmente cambiato. Nei miei testi cerco di trasmettere questa visione, cercando in qualche modo di spingere l’ascoltatore a non lasciarsi trasportare passivamente dalla corrente in un moto del tutto involontario, ma di prendere consapevolezza e di guardarsi attorno in maniera più profonda. Nel mio quotidiano prendo spunto da tutto ciò che mi colpisce attraendo anche involontariamente la mia attenzione, facendomi riflettere: le parole di un’amica, una frase letta in un libro, un sorriso... tutto può trasformarsi in musica! 

Quali sono gli elementi della vostra musica che possono incuriosire un vostro potenziale ascoltatore e quali sono quindi le qualità principali del vostro nuovo album?

Marco: La nostra proposta musicale, per niente studiata a tavolino ma frutto di una spontanea elaborazione in sala prove, può effettivamente accontentare una vasta fetta di potenziali ascoltatori. Partendo comunque dal presupposto che non è umanamente possibile piacere a tutti, il nostro CD piacerà a chi ama la musica italiana e non si spaventa di sonorità rock anche abbastanza aggressive, piacerà a chi ama il metal cantato con voce femminile, a chi cerca nei brani soluzioni melodiche e armoniche elaborate vicine al progressive ma anche a chi non apprezza le strutture troppo articolate o i brani troppo lunghi e complessi. Piacerà a chi ama emozionarsi leggendo testi che raccontino storie evocative ed emozionanti, piacerà a chi cerca un sound compatto, potente, ritmato e a chi apprezza il virtuosismo strumentale al servizio della forma canzone, non fine a se stesso. La Ruota del Destino è questo e molto di più: il suo punto di forza è secondo noi il fatto che non sia un disco che ti dice chiaramente “io sono così” ma piuttosto lascia che ognuno trovi, scorrendo tra i brani, la propria chiave di lettura personale.   

Come nasce un vostro pezzo? 

Michele: Nella maggior parte dei casi è stata Deborah a portare in sala prove delle parole e a canticchiarci la sua melodia. Dopodiché io inizio a strimpellare qualche giro di basso alla ricerca di una sequenza che mi piace e Nicko si aggiusta sui nostri accenti. All’inizio è tutto molto spoglio, essenziale, ma appena Marco si aggancia su di noi con la sua chitarra tutto acquista senso e il pezzo si compone da solo, come per magia. C’è un ottimo feeling e questo ci spinge a perfezionare il brano in pochissimo tempo. 

Quale è il brano di questo nuovo disco al quale vi sentite particolarmente legati sia da un punto di vista tecnico che emozionale? 

Deborah: Sono legata a tutti i brani che scrivo, ognuno per un motivo diverso, perché ogni testo è nato in un momento preciso della mia vita e fa riferimento a un incontro, una situazione, ad una persona o ad una sensazione specifica. E’ come una bella fotografia che, quando la riguardi, ti suscita una miriade di emozioni e ricordi. 

Nicko: Per quanto mi riguarda i brani a cui sono più legato sono quelli “storici” composti dagli OPERA nei primi anni di vita: La Ruota del Destino per il significato del suo testo e Precarietà per il legame profondo che mi univa a Francesco, il ragazzo a cui è dedicata. Per quanto riguarda i brani composti con la formazione attuale Sospesa in Aria e Nella Notte delle Streghe perché più di tutte si avvicinano alle sonorità della mia band preferita, gli Iron Maiden. 

Michele: I brani che amo sono sicuramente quelli più elaborati a livello armonico, come ad esempio L’Arena e Nella Notte delle Streghe che tra l’altro sono le canzoni che preferisco suonare dal vivo proprio perché sono un appassionato del virtuosismo e degli arrangiamenti musicali complessi. 

Marco: Sicuramente prediligo i brani più potenti e di impatto, quelli dove posso scatenarmi sia a livello ritmico che a livello solistico. Citerei anche io come Michele L’Arena e Nella Notte delle Streghe e aggiungerei Precarietà, dalle sonorità progressive anni ’70 che fanno da sempre parte del mio bagaglio musicale.

Quali band hanno influenzato maggiormente il vostro sound? 

Deborah: Queen, Bowie, Litfiba, Darkness, Evanescence, Within Temptation… Ascolto svariati gruppi e cantanti/cantautori e di ognuno apprezzo e “rubo” qualcosa!

Nicko: Iron Maiden - e poi... - Iron Maiden! (ride) 

Michele: Mr. Big, Dream Theater…

Marco: Ascolto davvero troppa musica per poter citare tutte le band o gli artisti che possano avermi influenzato nel corso degli anni! Posso dirti però qual’è stato uno dei momenti chiave nella mia formazione musicale: la scoperta, intorno ai 16 anni, dei Genesis del periodo Peter Gabriel… in particolare Nursery Cryme, Foxtrot, Selling England by the Pound e The Lamb Lies Down On Broadway sono 4 tra i miei dischi preferiti di sempre, album che mi hanno davvero cambiato la vita.  

Quali sono le vostre mosse future? Potete anticiparci qualcosa? Come pensate di promuovere il vostro ultimo album, ci sarà un tour con delle date live?

Michele: Insieme allo staff della QuaRock Records stiamo organizzando freneticamente la promozione dell’album appena uscito. Vogliamo far arrivare la nostra proposta musicale a quante più persone possibile: stiamo facendo promozione sia attraverso le principali riviste del settore presenti in edicola sia attraverso internet. Stiamo cercando inoltre di suonare il più possibile dal vivo, sia perché riteniamo che sia fondamentale dimostrare sul palco di essere una band vera e non costruita a tavolino per realizzare un disco, sia perché è la dimensione che più ci appartiene e nella quale ci troviamo più a nostro agio. Anche se non viviamo di musica senza dubbio viviamo “per la musica” e quindi più tempo passiamo a suonare, più ci sentiamo completi. Proprio per questo motivo non abbiamo mollato per un secondo neanche la nostra consueta routine di sala prove: un ottimo allenamento per i prossimi concerti ma anche un continuo laboratorio dove lavorare e rifinire i tanti brani che ancora non hanno visto la luce ufficialmente. 

E’ in programma l’uscita di un album dal vivo o magari di un DVD? 

Marco: Dal nostro punto di vista il disco dal vivo o il DVD sono traguardi che vanno raggiunti con il tempo e con la completa maturità della band. Senza dubbio la dimensione dal vivo è il nostro punto di forza e ci piacerebbe moltissimo immortalarla con una registrazione di qualità, ma pensiamo che il disco/DVD live debba arrivare a coronamento di un percorso e da questo punto di vista noi siamo ancora all’inizio del nostro cammino discografico. Posso dirti però con certezza assoluta che stiamo lavorando al secondo album, abbiamo già il materiale per realizzare un nuovo CD e nei prossimi mesi continueremo a impegnarci duramente per arrangiare e definire i brani in modo da farci trovare pronti non appena si presenterà l’occasione di tornare in studio. Recentemente abbiamo proposto alcuni nuovi brani dal vivo e continueremo sicuramente a farlo per valutarli sia dal punto di vista musicale sia dal punto di vista del gradimento del pubblico. 

Come giudicate la scena musicale italiana e quali problematiche riscontrate come band?

Michele: Essendo una band nuova che propone brani inediti, la nostra più grande difficoltà attuale è trovare posti in cui poter suonare la nostra musica. La maggior parte dei locali in Italia dà spazio quasi unicamente alle cover/tribute band e questo sta creando molte difficoltà a chi come noi decide di proporre materiale nuovo. Purtroppo i gestori hanno bisogno di rientrare nelle spese e preferiscono andare sul sicuro organizzando serate a rischio zero. Anche dal punto di vista discografico sono pochi gli ascoltatori che rischiano comprando un CD di cui non conoscono il contenuto, preferiscono investire su band che hanno avuto modo di ascoltare dal vivo ma come abbiano appena detto dal vivo si sente pochissima nuova musica… E’ un circolo vizioso dal quale è difficile uscire! Fortunatamente oggi con l’aiuto di internet è comunque possibile raggiungere gli ascoltatori, bypassando in parte tutti i problemi di cui abbiamo appena parlato… 

Internet vi ha danneggiato o vi ha dato una mano come band?

Nicko: Come stavamo appunto dicendo internet non ci ha assolutamente danneggiato, anzi! Ci ha indubbiamente aiutato portando la nostra musica a chi non ci conosceva ancora e ci ha permesso di metterci in contatto con i nostri fans. Grazie ai social e al web in generale, la nostra band ha visto crescere il suo seguito in maniera progressiva e costante. Una vera sorpresa! 

Il genere che suonate quanto valorizza il vostro talento di musicisti? 

Deborah: Ho sempre amato la musica rock, progressive e metal e ho sempre sognato di poter cantare su basi di questo tipo, ma avendo una voce troppo alta e particolare non trovavo facilmente la mia dimensione ideale. Gli OPERA sono esattamente ciò che ho sempre desiderato: musica potente, trascinante, efficace, su cui posso estendere la mia voce, mettermi in gioco e portare il mio messaggio all’ascoltatore. Ho ancora moltissimo da imparare, ma è una situazione che mi mette a mio agio e che sono certa mi porterà a migliorare ancora. Lo stesso discorso vale anche per i ragazzi della band: negli OPERA sono completamente liberi di esprimersi, all’interno dei nostri brani c’è spazio per la libera espressione tecnica, emotiva e personale. Qualsiasi idea del singolo viene accolta, elaborata e assimilata da tutti, fino a diventare elemento integrante del nostro sound.

C’è un musicista con il quale vorreste collaborare un giorno? 

Nicko: Lo “zio” Nicko, ovviamente!

Michele: Billy Sheehan.

Marco: a me piace a prescindere l’idea di collaborare e condividere il palco con altri artisti e altre band. Ce ne sarebbero tantissimi… te ne dico uno veramente ma veramente irraggiungibile: Steven Wilson. Con lui mi piacerebbe sopratutto lavorare in studio alla realizzazione di un album, vedere il genio muoversi nel suo habitat naturale sarebbe fantastico!

Deborah: Ce ne sono diversi, in verità. Forse, in quest’epoca di “The Voice” sembrerò banale, ma mi piacerebbe molto duettare con Piero Pelù. Ho avuto l’opportunità di lavorare per lui molti anni fa e mi è rimasto questo piccolo sogno nel cassetto. Un’altro che ho sempre ammirato fin da bambina è il mitico Renato (Zero)! Poi Cesare Cremonini, Antonella Ruggiero, il toscanaccio Marco Masini, Michele Zarrillo... Fermatemi! (ride) 

Siamo arrivati alla conclusione. Vi va di lasciare un messaggio ai nostri lettori?

Deborah: Più che un messaggio, vorrei lasciare un enorme “grazie” a tutte le persone che ci hanno seguito incessantemente per tutti questi anni e abbracciare fortissimo coloro che si sono uniti a noi di recente. In un’epoca difficile come questa credo che il calore di un abbraccio e un sorriso donato sinceramente, col cuore, siano quanto di più bello e importante si possa regalare a chi ci sta vicino. 

Maurizio Mazzarella