GRAVE DIGGER - Return of the Reaper

Napalm
I Grave Digger questo volta non hanno voluto rischiare. Clash of the Gods uscito solo due anni fa, si è dimostrato un grande disco, certamente tradizionale nei contenuti, ma non semplice da assimilare nell'immediato. Return of the Reaper invece nasce in modo differente. E' un album che si rifà alla storia del gruppo, quella che va da Heart of Darkness in poi e che a tratti è stata ripresa nell'omonimo del 2001. Se in album come Excalibur, Knights of the Cross, lo stupefacente Tunes of War, nonché il pregevole Clash of the Gods l'aspetto lirico è stato fondamentale per i Grave Digger, in Return of the Reaper la band tedesca punta a picchiare duro, senza badare ad un'evoluzione musicale che a conti fatti non interessa, nonostante brani Tattooed Rider esprimano qualcosa di differente rispetto anche al passato più recente. E' palese poi che Return of the Reaper sia una sorta di prosecuzione dello storico The Reaper del 1993, un disco che ha in un certo senso cambiato la storia di uno dei gruppi più emblematici del metal tedesco. Un'anima che esce in brani come Resurrection Day, Season of the Witch e la title-track, che hanno tutte le caratteristiche per un buon appeal live e per divenire dei classici della band. Da un punto di vista tecnico l'album non delude, sia le chitarre che la sezione ritmica suonano bene. Axel "Ironfinger" Ritt piace e non fa rimpiangere i suoi predecessori, mentre Stefan Arnold e Jens Becker formano una macchina da guerra. Il valore aggiunto si dimostra H.P. Katzenburg grazie a tastiere ben modulate, ma il fulcro della band resta Chris Boltendahl che con la sua voce cruda riesce a coinvolgere ed emozionare. Return of the Reaper non giova di una produzione ottimale e questo lo danneggia, non gode di una determinata originalità e non è certamente il miglior disco dei Grave Digger, ma è un comunque lavoro orgogliosamente Grave Digger e questo può bastare. 

Voto: 7,5/10

Maurizio Mazzarella