MACBETH - Neo-Gothic Propaganda

Dragonheart
Sono passati oltre quindici anni dall'uscita del primo album targato Macbeth intitolato Romantic Tragedy's Crescendo. Un lavoro per l'epoca di spessore, che lasciava presagire un futuro roseo per la band lombarda. Tra cambi di formazione e prodotti di costante qualità, sono stati dati alle stampe Vanitas e Malae Artes, che nel tempo hanno rimarcato la voglia di evoluzione di un gruppo che nel gothic ha trovato la propria identità definitiva, fondendo le voci maschili e femminili con assoluta semplicità. Una ricetta che nel tempo si è mostrata vincente e che ha visto in Superangelic Hate Bringers l'apice del successo della band. Da quel lavoro sono passati circa sette anni ed ora i Macbeth ci riprovano con Neo-Gothic Propaganda, in assoluto il lavoro migliore realizzato da Andreas Cislaghi e compagni. Il sound è diventato più moderno ed attuale, ma la parabola evolutiva non ha messo da parte le radici. I Macbeth si dimostrano con Neo-Gothic Propaganda un gruppo coerente e di qualità, che riesce a fondere in modo esemplare tecnica ed ispirazione. Una cosa non comune, che nello specifico del combo lombardo rappresenta un vero e proprio talento. Un aspetto che emerge in Slow Motion Tragedies, un brano che al gothic associa dei contenuti prog, dove le tastiere ben si fondono con le chitarre, ma è in Scent of Winter che il gruppo mette in chiaro quello che è il proprio spessore artistico, grazie ad un componimento diretto e d'impatto. La matrice gotica, viene rimarcata nella poetica Void of Light, atta ad esaltare l'elegante voce di Morena Rozzi. Con Last Night in Shanghai emerge l'aspetto oscuro di un gruppo che in I Don’t Care of Being Just Like You strizza l'occhio a territori più ad ampio raggio, mentre in Empire’s Fall si nota l'ottima cura degli arrangiamenti. Tra passato e futuro trovano spazio Dogma, Opaque e Little Spark, i brani che più mettono i luce la cura dei suoi da parte della produzione e della band stessa, dotata di una fortissima personalità. La conclusiva The Archetype nei suoi poco più di quattro minuti, rappresenta la fotografia perfetta dei Macbeth di oggi e lascia l'acquolina in bocca per quello che sarà il prossimo lavoro, che non sappiamo quando arriverà, ma che già attendiamo a braccia aperte, sperando che non passino altri sette anni.

Voto: 8,5/10

Maurizio Mazzarella