INNER SHRINE - Pulsar

Bakerteam Records
Era il 1997 quando venne dato alle stampe Nocturnal Rhymes Entangled in Silence, il disco s'esordio dei toscani Inner Shrine. All'epoca balzarono alle cronache come una tra le band rivelazione del momento, per quella che era la scena metal nostrana. Album come Fallen Beauty e Samaya, hanno nel proseguo rimarcato lo spessore artistico del gruppo, che ha sempre puntato ad evolversi con coerenza. Assestate le proprie radici nel gothic, la forza degli Inner Shrine è sempre stata quella di proporre una propria ricetta musicale, personale ed anche intima, capace di far distinguere il gruppo dalla massa stilistica dello stesso settore. Ed è con Mendiceo che nel complesso il combo toscano si è consacrato, grazie ad un lavoro più maturo ed intenso, che ben ha definito il sentile musicale già predisposto agli esordi, che però ha trovato maggiore frutto nel primo decennio del nuovo millennio. Serviva quindi una sterzata, uno sguardo al futuro ed all'innovazione. Serviva un nuovo inizio, evolvendo quanto fatto in passato, cercando di portare il meglio e l'essenza degli Inner Shrine all'interno di uno stile coerente, ma capace di puntare a qualcosa di diverso in un genere del quale il combo toscano si è vestito elegantemente. Con un'impronta quasi vicina ai Tiamat, ma di chiara attitudine Inner Shrine, Pulsar ha visto la luce, dimostrandosi un lavoro raffinato ed elegante, ma anche molto personale ed ispirato. C'è dentro melodia e frustrazione, sofferenza e dedizione, tecnica e genialità. Tutto questo è Pulsar, che apre le danze con Black Universe, un pezzo oscuro e crepuscolare, ma anche estremamente incisivo, seguito da The Last Day on Earth, song triste, che nasconde un retrogusto di speranza. Poi è il momento di The Rose in Wind, una sorta ti poesia musicale, che elogia anche l'aspetto lirico del gruppo, oltre che quello strumentale. La title-track è in assoluto il momento più elevato del disco, anche grazie al supporto di una pregevole sezione ritmica, oltre che all'utilizzo di suoni sintetici appropriati ed usati che il giusto metro. Peace Denied riscopre l'aspetto più tradizionale del gruppo, divenendo una sorta di tributo alle origini, un aspetto che si ripercuote parzialmente anche con Four Steps in Gray, per poi sterzare verso una direzione sinfonico-futurista simil Paradise Lost in Immortal Force, concludendosi con Between, il brano che più rimarca la qualità tecnica e compositiva degli Inner Shrine, che con Pulsar dimostrano di aver creato un'opera complessa, ambiziosa e di notevole impatto.

Voto: 8/10

Maurizio Mazzarella