ALMAH - Unfold

Scarlet Records
Messa da parte l'avventura pregevole con gli Angra, che nel complesso gli ha donato la giusta visibilità e notorietà, Eduardo Falaschi si è completamente immedesimato nel suo progetto Almah, una band certamente più confacente alle sue doti vocali, capace di farlo esprimere non solo come cantante, ma anche come compositore, in un genere più heavy e diretto e meno sinfonico, ma comunque sempre tendente al power. Unfold è il quarto disco degli Almah, ma nel complesso può essere considerato come il primo, perché rappresenta una sorta di rinascita. Oltre ai cambi di formazione, c'è una nuova label ed è facile notare come Falaschi riesca ad esprimersi in modo molto più libero e limpido. C'è meno complessità rispetto agli Angra, Unfold è un disco diretto, che comunque non trascura la melodia, come nel caso di Warm Wind, splendida ballata poetica che può essere accostato ai momenti più intensi di Nova Era. Falaschi sa prendere toni alti e bassi con naturalezza, sintomo di come sia maturato nel corso degli anni e dimostrazione anche di una palpabile evoluzione. E se in brani come In My Sleep sembra cantare come Dio, in altri momenti come Beware the Stroke ricorda il Jorn più crudo. Tra la tradizionalità di The Hostage, spaziano anche i modernismi di Raise the Sun, un prezzo dai tratti prog riconducibile ai Dream Theater di Train Of Thought, con un lavoro di tastiere a dir poco stupefacente. Più che alla forma, Falaschi ha puntato sulla sostanza, con chitarre heavy ed una sezione ritmica particolarmente fantasiosa. Non mancano i tecnicismi, ma è nella potenza il segreto di Unfold, un disco aggressivo ed intelligente, ma non certo ruffiano, bensì coerente con quello che è il percorso artistico del cantante carioca. Da tenere in considerazione.

Voto: 8/10

Maurizio Mazzarella