TOMMY TALAMANCA - Intervista all'Artista

Tommy Talamanca


Sei appena uscito sul mercato discografico con un nuovo album puoi presentarlo ai nostri lettori?

-“Na zapad” è il mio primo album solista e, contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare da un chitarrista rock/metal, non è un album tipicamente chitarristico. Certo c'è molta chitarra: acustica, classica ed elettrica ripartite in proporzioni pressochè uguali; ma la chitarra riveste un ruolo marginale. La centralità del disco è la musica, semplicemente, dove gli strumenti sono appunto il mezzo asservito alla causa.

Come hai deciso il titolo del disco?

-Il concept di fondo dell'album parte dalla mia personale filosofia legata al mio modo di concepire la vita e la musica, che, nel mio caso, sono fuse insieme. La musica, tra tutti i linguaggi, è il più universale che l'uomo ha a disposizione, e per questo motivo credo che essa dovrebbe servire a viaggiare e far viaggiare, il corpo od anche solo la mente, e mettere in comunicazione, unire, fare “da ponte” tra culture e popoli diversi: ecco appunto che il disco si apre con il brano “Vostok” (est in russo) e si chiude appunto con “Na zapad” (ad ovest). 

Cosa rappresenta la copertina? 

-Sono molto soddisfatto dell'artwork ed in generale di tutto il concept grafico di “Na zapad”, anche se devo dire che il merito non è mio ma di Svetlana, uno dei grafici che collabora attivamente con Nadir Music. Io mi sono limitato a spiegarle l'idea di fondo del disco, e lei mi ha proposto di basare l'artwork su scatti molto artistici fatti da lei stessa del bellissimo “Ponte del Diavolo” di Borgo a Mozzano. Insomma, un ponte ha un carico di significati notevole, e questo in particolare così assimetrico e con una storia tanto suggestiva, attraversato oltrettutto da una vecchia ferrovia, è semplicemente la perfetta sintesi di “Na zapad”. 

Quanto tempo è servito per completarlo, tra stesura e registrazione?

-Molto del materiale contenuto nell'album è stato composto nell'arco degli ultimi 15 / 16 anni. La difficoltà maggiore, in fase di riarrangiamento, è stata rendere tutta la musica scritta il più possibile in modo fresco e coerente, se pur apparentemente così eterogenea ad un primo ascolto. Sfruttando poi i pochi ritagli di tempo che avevo in studio, tra una produzione e l'altra, il lavoro mi ha portato via circa 6 mesi. 

Pensi ci siano dei punti in comune con il brano strumentale di Tribe?

-Il primo brano dell'album, “Vostok”, è sicuramente quello che più di tutti può rimandare l'ascoltatore ai brani strumentali che in Sadist abbiamo sempre inserito in ogni album, ma i punti di contatto terminano qui. Certo, in Sadist io  sono, insieme ad Andy, il principale compositore in termini di melodia ed armonia, e soprattutto credo di essere l'anima “prog” della band. Ma Sadist è prevalentemente una band metal, e per quanto io ami il metal, il mio essere prima di tutto un musicista mi porta a cercare forme espressive meno irrigimentate, anche a rischio di scrivere musica per pochi. 

Quali sono i pregi di questo disco? 

-Questo me lo dovresti dire tu, e più in generale chiunque vorrà ascoltare l'album. Io ho cercato di scrivere buona musica, il più possibile sincera, interessante ed originale. Se ci sono riuscito non sta a me dirlo.

Come nasce un tuo pezzo?

-Non c'è una regola, ma in generale nasce dall'ispirazione del momento e, lavorando con la musica praticamente tutto il tempo, l'ispirazione può arrivare in qualsiasi momento ed in qualsiasi forma. Non parto necessariamente da una linea melodica, ma questa secondo me è sempre la “regina” di ogni brano, e la cerco finchè non trovo quella che poi, sviluppata, renderà il brano un discorso musicale coerente e non un'accozaglia di note. Ecco, trovare una melodia interessante ma allo stesso tempo esteticamente bella è la sfida che mi appassiona maggiormente nel lavoro di composizione.

Quale è il brano di questo nuovo disco al quale ti senti particolarmente legato sia da un punto di vista tecnico che emozionale?

-Il brano che forse più di tutti unisce le mie varie “anime” musicali è probabilmente “Arevelk'-Arevmutk'”, un brano che avevo cominciato a comporre nel 2000 per Sadist e quello su cui ho lavorato maggiormente in fase di riarrangiamento. Ma, onestamente, ogni brano ha una sua logica, ed è il disco nella sua interezza ad avere importanza. Lato tecnico, si tende a considerare la tecnica il fine ultimo, soprattutto quando non si ha qualche cosa di interessante da dire: suonare è come parlare, è facile parlarsi addosso, difficile dire cose intelligenti. Alle volte è meglio tacere, dando l'impressione di essere degli stolti, piuttosto che aprire bocca togliendo ogni dubbio.

Cosa ha influenzato maggiormente il tuo sound?

-Il mio background è prog, cioè anni '70, ma ci sono molti artisti degli anni '80 e '90 che ammiro, non solo per la musica che hanno scritto ma anche e soprattutto per il loro percorso artistico ed umano: non riesco a scindere i due piani, anzi, sono convinto che un musicista suoni quello che è a prescindere dalla pura e semplice manualità legata ad uno strumento specifico.

Quali sono le tue mosse future? Come pensi di promuovere il tuo disco?  

-Nadir Music e Sadist restano comunque le mie priorità professionali, ed inoltre “Na zapad” è un progetto non facilmente proponibile in una classica dimensione di club. Non mi precludo niente, prenderò quello che viene, partendo comunque dal responso che il lavoro avrà presso il pubblico. Il tempo dirà se è un progetto che merita di avere un seguito e di essere riproposto in una dimensione live. Non ho aspettative irrealistiche: “Na zapad” è un disco difficile, ostico e di non facile catalogazione. 

Siamo arrivati alla conclusione. Ti va di lasciare un messaggio ai nostri lettori?

-Non mi sento di lasciare messaggi, ma piuttosto un augurio, e cioè che la gente abbia la bontà e la curiosità di ascoltare questo album senza preconcetti, e se arriverà al cuore anche solo di una persona, mi potrò ritenere soddisfatto.

Maurizio Mazzarella