NINE INCH NAILS "Niente mi può fermare" - Intervista all'Autore


Risponde Giovanni Rossi:

Ciao Giovanni, parliamo innanzitutto del tuo primo incontro col rock prima e col metal in seguito…

-Tutto è iniziato con un'infatuazione per i Pink Floyd di cui mi innamorai follemente da giovanissimo; come succede spesso quando sei un ragazzino, basta un disco fatto ascoltare da un amico e il gioco è fatto. Per me quel disco fu “The Wall”. Dai Pink Floyd al progressive di Yes ed Emerson Lake & Palmer il passo fu breve. Poi una brusca virata, con la scoperta dell'hard rock e del metal in piena adolescenza, una miscela esplosiva: Metallica, AC/DC, Guns N'Roses, Iron Maiden, Van Halen. Il contagio era ormai inarrestabile e dilagò un po' in tutte le direzioni, complice anche un amico che ogni settimana comprava due o tre dischi nuovi e li proponeva a noi altri della compagnia in una sorta di rituale per pochi eletti. E nel mentre divoravamo le riviste metal piene zeppe di recensioni e interviste.

L’esigenza di prendere in mano uno strumento, nel tuo caso il basso, e diventarne padrone è stata un immediata conseguenza o è un esigenza subentrata col tempo?

-Direi che sia stata un'esigenza immediatamente successiva alla scoperta del metal. Copione classico: cover band di amici, ci si distribuisce i compiti (perchè in pochi sapevano già suonare bene), scelta della scaletta. Tutto per cercare di imitare gli eroi che si ascoltavano su cassetta, e ovviamente per impressionare le ragazze alle feste. A me capitò il basso, un po' per scelta, un po' perchè c'erano già due chitarristi. Anche questo fu amore a prima vista.

Poi ti sei interessato di musica elettronica e naturalmente della sua emanazione più estrema, l’industrial. Com’è nata e come si è sviluppata questa particolare passione?

-Anche qui tutto ha avuto origine con un CD, quello di “The Downward Spiral” dei Nine Inch Nails. Per me fu un'autentica bomba! Dopodiché iniziai a cercare tutto ciò che fosse etichettato come simile e così scoprii Ministry, KMFDM, Skinny Puppy. Infine mi addentrai nel lato “old school” dell'industrial, con Throbbing Gristle, Cabaret Voltaire, SPK, Test Dept, Foetus e via dicendo. Qualche anno dopo iniziai ad esplorare la musica elettronica e sperimentale, girando così dalle parti di Mike Oldfield, Aphex Twin, Clock DVA, Stockhausen: ancora un'altra musica! Pur nella sua estrema varietà, tutti quegli artisti mi colpirono, chi per un verso, chi per un altro, e di conseguenza mi appassionai ad un genere che sembrava non conoscere limiti o costrizioni stilistiche. L'elettronica aggiungeva nuovi timbri e possibilità rispetto al metal che ascoltavo in quel periodo, ed il rumore elevato a protagonista sovvertiva ogni regola. Fu una rivelazione.

Insomma, sei diventato tanto esperto che hai ne iniziato a scrivere di questa tipologia musicale, tanto da giungere sulle colonne della mitica :Ritual:… Ce ne parli?

-Un bel po' di anni fa mi venne voglia di provare a scrivere di musica. Stavo collaborando con un quotidiano locale e mi occupavo di cronaca, così mi chiesi, “perchè non provare con la musica?”. :Ritual: era la testata che leggevo con maggiore attenzione perchè era l'unica a trattare diffusamente i generi che più ascoltavo in quel periodo, così li contattai. Andò bene, perchè dopo poco è iniziata un lunga e piacevole collaborazione che mi ha portato ad intervistare e conoscere moltissimi dei miei idoli.

Visto che abbiam parlato di carta stampata e dato che l’argomento da veri appassionati di musica ci sta a cuore, chiedo anche a te qual è la ricetta per far capire ai più giovani che l’informazione via web va sempre e comunque integrata con quella cartacea, forse più approfondita?

-Oggi la carta rappresenta un privilegio ed una garanzia. Mi spiego. Il web è fantastico perchè offre a tutti la possibilità di esprimersi, è immediatamente presente sulla novità ed ha costi estremamente ridotti. Chi decide di investire in un prodotto cartaceo, l'editore, lo fa mettendoci una buona quantità di soldi, consapevole del fatto che per competere con i mille concorrenti del web deve puntare su contenuti di qualità e collaboratori competenti. Solo così può garantire un prodotto di pregio, credibile e che seppur con un prezzo molto più alto della gratuità del web, propone contenuti per cui vale la pena spendere qualcosa. Chi riesce a creare qualcosa di qualitativo sopravvive. E non tutti hanno il lusso di poter essere presenti in edicola, è qualcosa che ti devi sudare e meritare. I giovani devono sapere che, in linea di massima, quello che trovano in edicola è lì perchè migliaia di persone gli hanno riconosciuto prima di loro una qualità che meritava un numero successivo!

Fossi tu un editore, quali idee metteresti in campo ?

-Approfondire i temi, mai accontentarsi della superficie. Rischiare credendo nei gruppi giovani ed emergenti. Creare momenti di contatto tra carta e web grazie alle mille possibilità della multimedialità. Mantenere sempre un dialogo aperto con i lettori.

La tua conoscenza dell’industrial è stata sublimata con la pubblicazione della tua opera prima per Tsunami, Industrial [r]Evolution… Com’è avvenuto l’incontro con i ragazzi di Tsunami e narraci come s’è sviluppata questa prima collaborazione.

-Alcuni anni fa avevo preparato una bozza di quello che sarebbe diventato “Industrial [r]Evolution”, ma non sapevo a chi rivolgermi. Casualmente mi capitò per le mani uno dei primi libri di Tsunami, “I 100 Più Grandi Chitarristi Metal”, e rimasi colpito, oltre che dal contenuto in sé, dalla cura e dalla passione con cui quel libro era stato confezionato: era terribilmente metal, fatto da appassionati, e si vedeva! Mi dissi che dovevo assolutamente pubblicarlo con loro. Li contattai, si dissero interessati a parlare del libro, anche perchè uno di loro è un nerd malato di industrial proprio come il sottoscritto ed evidentemente la cosa lo aveva incuriosito. Mandarono un elicottero con due indossatrici di Guess a prendermi per portarmi ad una cena di lavoro nel loro attico in Piazza Duomo: tutto molto metal! Scherzo, l'attico non è in Piazza Duomo. C'è voluto quasi un anno per arrivare a “Industrial [r]Evolution” così come lo si trova oggi in libreria, dopo un minuzioso lavoro di sintesi e sistemazione di oltre duecento interviste fatto insieme a loro, un percorso incredibile che mi ha fatto toccare con mano cosa significhi lavorare con veri appassionati della musica. Sono stati davvero unici!

Parliamo ora di Nine Inch Nails – Niente mi può fermare. Com’è scaturita l’idea di questo testo molto corposo e come s’è sviluppata la sua lavorazione ?

-Un libro sui Nine Inch Nails era il mio sogno proibito da una vita. “Proibito” perchè Reznor è famoso per la riservatezza e la ritrosia nei confronti delle interviste, per cui la speranza di riuscire a parlare con lui era davvero minima. Così col tempo ho iniziato a mettere da parte qualsiasi articolo, intervista o recensione che parlasse di lui e della sua musica, e nel giro di alcuni anni mi sono trovato con una mole impressionante di materiale. Una volta terminato il tour di presentazioni di “Industrial [r]Evolution” mi sentivo pronto per buttarmi in questa avventura, ne parlai con i ragazzi di Tsunami e dopo poco nacque l'idea di “Nine Inch Nails – Niente mi può fermare”. Volevo che il libro raccogliesse quante più informazioni e notizie possibili su questo straordinario personaggio e la sua voluminosità è anche un riflesso del mio desiderio di lettore: amo i libri che non smettono di parlare!

Ami così tanto la musica di questo gruppo, cosa rappresenta per te? E comunque, qual è il posto del rock nella tua vita ?

-Senza il rock il mondo sarebbe un posto più noioso, e senza i Nine Inch Nails sarebbe fin troppo tranquillo.

Ringraziandoti, ti chiediamo di chiudere con le tue parole quest’incontro ‘virtuale’…

-Se amate la musica ascoltatela, leggetela, vivetela, non vi abbandonerà mai!

 Salvatore Mazzarella