REBELLION - Arminius: Furor Teutonicus

Massacre Records
Perdere tre membri della formazione storica non è mai facile per una band, in particolar modo se ad abbandonare la nave è il capitano. I Rebellion sono sempre stati noti per essere la band di Uwe Lulis dopo aver abbandonato i Grave Digger e la stessa ascia teutonica voleva usare per questa band proprio il nome del suo vecchio gruppo, tanto da intentare una causa contro il cantante Chris Boltendahl, che dalla contesa ne uscì vincitore. Ecco perché tutto lasciava intendere che i Rebellion ruotassero esclusivamente attorno ad Uwe Lulis e che tutti gli altri membri fossero solo dei mestieranti della situazione. Invece non era cosa, evidentemente i Rebellion erano un gruppo vero ed anche loro in un certo senso si sono ribellati allo strapotere di Uwe Lulis, tanto che dopo nove anni il divorzio ne è stata la naturale conseguenza. Da un lato c'erano il bassista Tomi Göttlich e il cantante Michael Seifert, dall'altro oltre a Uwe Lulis anche Simone Wenzel e Gerd Lücking che hanno lasciato il gruppo. I resti dei Rebellion non si sono dati per vinti e così sono andati avanti dopo aver reclutato Matthias Karle alla batteria ed i due chitarristi Oliver Geibig e Stephan Karut. E' passato solo un anno o poco più dalla separazione, l'ultimo disco Arise: From Ginnungagap to Ragnarok - History of the Vikings, Vol. III risale infatti a tre anni fa ed ecco arrivare sul mercato questa nuova fatica del gruppo tedesco, ovvero questo pregevole Arminius: Furor Teutonicus che in un certo senso rappresenta per i Rebellion una nuova ripartenza. Da un punto di vista stilistico non ci sono novità, assolutamente. I Rebellion continuano a suonare il loro heavy/power metal di matrice teutonica, completamente ispirato ai Grave Digger e se vogliamo ai Rebellion stressi. Il disco è molto potente ed energico, ha la giusta dose di aggressività ed è supportato da una tecnica notevole. Pecca un po' in intesintità, come anche in carisma e grinta, risultanto in alcuni momenti piatto, ma questo non cancella comunque il valore complessivo di un disco di discreta qualità. Certo era lecito attendersi di più, ma il fatto che ci sia stata una sorta di rifondazione nel gruppo è palese, anche la produzione infatti non è del tutto eccellente e per questo la musica ne risente. Non basta avere la stessa voce di Chris Boltendahl per sembrare i Grave Digger, c'è bisogno di qualcosa in più.

Voto: 7/10

Maurizio Mazzarella