STEFANO CERATI - Intervista all'Autore

Stefano Cerati con il mitico Ozzy!!!
Per chi legge di metal da anni ed anni il nome di Stefano Cerati è ben noto. Una delle penne principali del mitico Flash, in seguito collaboratore di Rumore e dal 2002 una delle menti pensanti dietro quella che è la principale rivista specializzata in ambito hard rock ed heavy metal, Rock Hard, di cui non solo è una delle penne principali ma anche membro fondamentale dello staff che ne regge le sorti. Certo non è una passeggiata, come qualcuno può credere, specie in questo periodo ‘oscuro’… Ma Stefano esperienza ne ha tanta: una laurea in Economia e Commercio e poi tanto e tanto metal… Jimmy Page, Tony Iommy, Ian Gillan, Alice Cooper, Ozzy Osbourne ? Vi viene in mente un qualsiasi altro nome ? Sicuramente lui li ha incontrati e torchiati ben bene con le sue domande, dettate sempre dalla sua profonda conoscenza dell’intero panorama rock, che gli permette di occuparsi proficuamente di qualsiasi cosa passi dalle sue orecchie… In questi giorni, inoltre, escono ben due libri, di cui parleremo nel corso di quest’interessante chiacchierata, per i tipi di Tsunami Editore, che portano la sua firma. Leggete attentamente…  

Stefano, intanto grazie in anticipo per il tempo che ci stai dedicando !!! Partiamo dall’inizio della tua carriera giornalistica… Quando hai  iniziato a scrivere? Insomma, quand’è capitata quell’occasione che ti ha cambiato la vita?

-“Ho iniziato nel 1994 per Flash a 32 anni, l’età in cui in genere uno smette e non inizia. Ma l’importante è arrivare, non quando parti. Ho iniziato tardi perché non pensavo di essere all’altezza di quelli che tuttora considero i miei maestri e che col tempo sono diventati anche miei amici, Beppe Riva, storica penna di Rockerilla e Metal Shock, e Claudio Sorge, ex direttore di Rockerilla ed attuale direttore di Rumore. Poi un giorno su Flash ho risposto ad un annuncio dove cercavano collaboratori ed ho scritto una lettera (non c’erano le mail nel 1994) a Klaus Byron che mi ha subito arruolato. Ricordo ancora perfettamente il mio esordio, il 12 giugno 1994. Ho intervistato Joey Z dei Life Of Agony, Wino degli Obsessed e Tommy Victor dei Prong che erano in tour assieme. Da lì è iniziata una carriera lunghissima e che non ho intenzione di terminare. Mi sono fatto tanti sbattimenti, traducendo le interviste la sera e la notte perché avevo un lavoro regolare di giorno, guadagnando pochissimi soldi, ma non rimpiango niente. Ero già molto contento di avere dischi gratis e pass per i concerti e la possibilità di incontrare i miei idoli. Questo è andato avanti fino al 1998 quando mi sono stufato di vestire in giacca e cravatta ed andare in ufficio ed ho idealmente gridato “I Wanna Rock”: Ho abbandonato il mio lavoro regolare (ho fatto il consulente di direzione aziendale e lavorato nel marketing per quasi dieci anni) ed ho cercato di vivere di musica, ovvero di tirarci fuori dei soldi. Per fortuna i miei genitori mi hanno supportato i primi tempi perché è stata dura. Ho fatto diversi lavori nel rock contemporaneamente, ma alla fine con l’inizio dell’avventura RockHard dove sono stato prima collaboratore factotum e poi editore, mi sono stabilizzato. Vorrei ricordare tutte le pubblicazioni per cui ho scritto, e sono tante. Ho cominciato con Flash e saltuariamente il cugino Metal Shock, poi DistortioN, Metal Force, Rocker (sotto pseudonimo), Psycho (sotto pseudonimo), ma le avventure più lunghe sono state quella di Rumore (2000 – 2011) che ho dovuto abbandonare perché non ci stavo più dentro avendo troppe cose da fare per RockHard che dal 2002 mi ha assorbito completamente ed è diventata la mia occupazione principale. Non voglio dimenticare anche il mio contributo a Vincebus Eruptum la fanzine dedicata alla musica psichedelica, stoner, doom ed affini dove scrivo in inglese visto che è distribuita in tutto il mondo.”

Hai alternato gli studi alla tua passione per il metal… Come è andata a casa quando i tuoi hanno capito che il “problema” era abbastanza serio ?

-“E’ andato tutto benissimo finchè i voti al liceo ed all’università sono stati buoni. Certo mia madre non capiva perché ascoltassi certi “animali” (per lei anche i miei idoli come Led Zeppelin, Queen, Black Sabbath e AC/DC erano animali; .per fortuna non ha mai scoperto i dischi di Venom, Bathory, Slayer e Mercyful Fate, ahah). Ho finito l’università solo un anno fuori corso per cui i miei non hanno avuto modo di lamentarsi. Ricordo però una volta che mi hanno bocciato ad un esame e mia madre mi ha strappato tutti i miei preziosi poster dal muro. Li ho rappezzati con tanta cura e li ho ancora dopo più di 30 anni (i poster erano appunto di Queen, Black Sabbath, Led Zeppelin ed AC/DC)”

All’epoca un disco lo si inseguiva, lo si comprava, lo si amava, lo si consumava per giorni… Eri/sei anche tu un collezionista?

-“So che può sembrare un po’ romantico e nostalgico, ma ognuno vive come è cresciuto ed io amavo ed amo ancora il vinile, certo sono un collezionista ed i dischi degli anni 70 erano mitici. Li consumavo così tanto che alla fine ho deciso di ascoltarli solo poche volte, poi ne facevo una cassetta ed ascoltavo solo quella. Oggi posso dire di avere una collezione di più di 10.000 dischi rock, un muro intero di rock che è il mio orgoglio. Tanti dischi mi arrivano, ma ancora tanti ne compro, cd e vinili.”

Quali erano le tue emozioni quando tornavi tra le mura della tua stanza con l’agognato pezzo di plastica ?

-Era un brivido perché era una scoperta ed un’emozione fortissima avere fra le mani il disco di un tuo idolo che avevi aspettato per un anno. Io ho avuto la fortuna di crescere negli anni 70 quando la maggior parte dei dischi che uscivano erano capolavori, Blue Oyster Cult, Jethro Tull, Boston, E.L.O., Supertramp, Eagles, Police, Dire Straits, Ted Nugent, Sex Pistols, Ramones, Van Halen, giusto per non citare sempre i soliti nomi. Era bello scoprire l’artwork, leggere i testi (ho imparato molto più velocemente l’inglese in questo modo). Per me quando entravo in un negozio di dischi era una festa, potevo passare ore a cercare negli scaffali e che emozione quando trovavo un disco raro che cercavo da mesi. Ancora oggi spendo del tempo curiosando nelle bancarelle dei festival o quando vado a Londra passo almeno una mattina da Video And Record Exchange, la grande catena dell’usato.”

Certo che ascoltavi di tutto, visto che i tuoi articoli spaziano dal vintage rock, o dal prog italiano dei seventies, al black metal, passando per l’heavy più ortodosso ma anche per le sue diramazioni alternative…

-Sono sempre stato una persona curiosa. Mi considero un fan del rock più che un metallaro, sarà perché sono cresciuto negli anni 70 dove non c’erano ancora le divisioni di genere ed ascoltavo da Neil Young ai Joy Division ai Venom. Ancora oggi la molla che mi spinge è la curiosità. I gruppi che rimarranno per sempre nel mio cuore sono quelli degli anni 70, quelli che io chiamo i magnifici 7, Queen, Led Zeppelin, Deep Purple. AC/DC, Black Sabbath, Blue Oyster Cult e Van Halen, ma col tempo ho curiosato e mi sono appassionato ad ogni genere valido che la musica rock avesse da offrire. Mi piace un po’ di tutto: goth, dark, new wave, prog, country, black metal, thrash, hardcore, alternative rock, psichedelia, grunge, grind, nu metal, southern rock, death, brit rock, NWOBHM. In ogni genere ci sono sempre gruppi validi. Gli unici due generi che ascolto e conosco poco sono l’AOR ed il power metal. Il primo lo trovo troppo di maniera e pomposo, il secondo ridicolmente tronfio ed autoreferenziale. In ogni caso li trovo noiosi anche se in quel campo ci sono band valide che ascolto. Nell’AOR potrei citare ASIA, Boston, Angel, Legs Diamond, Toto, nel power primi Helloween, primi Blind Guardian, primi Gamma Ray, Primal Fear, anche se non ho mai capito perché si chiama power metal. Per me il vero power metal è quello autentico degli anni 80 che invece adoro e parliamo di primi Manowar, Manilla Road, Virgin Steele, Warlord, Metal Church, Crimson Glory, primi Queensryche. Omen, Savatage. Quello è il power metal che mi piace”

A parte il giornalismo prima e l’avventura editoriale con Rock Hard poi, hai intrapreso qualche altra attività in campo musicale ?

-“Vuoi scherzare? Nel rock faccio prima a dirti quale lavoro non ho fatto. Sono stato, e sono, giornalista ed editore, ho fatto da ufficio stampa per One Step Beyond, Clear Channel ed il Transilvania di Milano, deejay nel pub metal Wizard di Milano, speaker a Rock FM per cinque anni con il programma Rumore (assieme a Claudio Sorge), ma ho lavorato anche nella produzione di eventi ed ho fatto perfino servizio d’ordine ai concerti ai tempi dell’università (un modo per vedere molti concerti gratis, ahah). Ho avuto una mia piccola casa discografica, la Red Sun, che faceva anche da mail order e distribuiva piccole etichette indipendenti. Poi ho fatto saltuariamente anche manager per delle band tra cui gli Extrema. Insomma trovami un lavoro nel rock ed io probabilmente l’ho fatto. Ho vissuto veramente il rock a 360 gradi in tutti i suoi aspetti, da dentro e da fuori. Ho avuto anche la soddisfazione di fare un cameo su di un disco. Si tratta dell’inno del Milan per i 100 anni della squadra, nel 99 che fu affidato, tra gli altri, agli Extrema. Siccome a quei tempi eravamo in stretto contatto e sapendo la mia passione per il Milan (che non è seconda a quella per il rock) i ragazzi mi hanno chiamato a fare i cori. E’ una cosa di cui ancora oggi vado molto fiero.”

Anche a te, per la tua autorevolezza maturata in anni di sbattimento, non posso fare a meno di chiedere un opinione sulle reali difficoltà del mercato discografico. Come penso e dico spesso, non credo sia solo colpa del download… 

-“Il download è una scusa e solo una parte del problema. Ai miei tempi si copiavano le cassette e non era molto differente. Il principio del non comprare un disco è molto semplice: Ciò che ti piace lo vuoi avere e lo compri, ciò che non ti piace lo scarichi. Funzionava così anche prima, con la differenza che quando un amico ti prestava un disco, ti facevi la cassetta, ma il disco l’avevi già a disposizione. Oggi invece poi andare a sentire in rete che cosa ti può piacere o meno e poi decidere se scaricare un disco o comprarlo. Io ho scoperto in rete molti dischi che prima ho scaricato e poi ho comprato. Una delle chiavi è anche il prezzo che è diventato troppo alto per il valore con cui è percepito un disco. 18/20 euro per un disco sono tanti. Infatti quando ci sono le campagne mid price e si trovano tanti bei dischi tra i 6 ed i 10 euro, se ne vendono ancora vagonate. Senza contare che la gente si è fatta furba. Ho amici che mi dicono: “perché devo comprare in negozio un disco a 18 euro, quando lo posso prendere su Amazon o un altro sito alla metà del prezzo, nuovo, aspettando una settimana?” Anche perché all’estero i dischi costano molto meno che in Italia. Ti faccio un esempio che mi riguarda. Tempo fa volevo comprare il box dei Pink Floyd e chiedo alla Emi che prezzo di favore può farmi. Mi fanno il prezzo che fanno al negoziante, quindi un bel 20% in meno. Vado a controllare su internet e vedo che in Inghilterra posso comprare il box a 40 euro in meno rispetto al prezzo, già ribassato, che avrei potuto avere in Italia. Secondo te dove avrei dovuto comprare il disco? Il problema è che i discografici sono avidi e non si rendono neanche conto di queste dinamiche. La crisi del settore ha radici lunghe nel tempo. Prima di tutto il formato cd ha disaffezionato molti fan, e poi penso che anche il formato digitale non faccia altro che impoverire il valore di un disco. Ciò che è incorporeo ed intangibile ha meno valore ai nostri occhi, proprio perché non lo vediamo. Oggi fare un disco, produrlo e stamparlo, è alla portata di tutti, ecco perché il mercato si è saturato. La quantità è aumentata a dismisura, ma è diminuita la qualità. Ma il fattore vero della crisi discografica, almeno per il rock, è il non avere più saputo guardare nel lungo periodo. Il rock ha bisogno di miti, ma i miti per diventare tali devono resistere nel tempo. Oggi nessuno ha tempo di diventare un mito perché un disco oggi viene ascoltato poche volte (magari neanche per intero) e poi lasciato lì. Da un punto di vista economico la trasformazione più grande è stata nell’utilizzo e nel valore stesso dato ad un disco. Prima era un oggetto di consumo durevole (come un televisore ad esempio) adesso è un oggetto di consumo immediato. Il cd è quasi una cosa “usa e getta”, lo ascolti una volta e poi lo dimentichi, come fosse un bicchiere d’acqua. Questo deriva anche da una mancanza culturale delle nuove generazioni che sono state allevate al fast food, a vivere veloce e a non soffermarsi a lungo su niente. Oggi un cd è come un film, si vede e poi si dimentica. Potrei andare avanti per ore su questa cosa. Però vi do un’anticipazione, sto proprio preparando un libro sulla crisi del rock che uscirà l’anno prossimo sempre per Tsunami.”

Su quello che ti sto per chiedere quasi nessuno, più di te, può avere il polso della situazione relativa a carta stampata, riviste, edicole… Perché non si riesce a far capire ai più giovani che l’informazione in tempo reale del web può essere preziosa, ma un bellissimo articolo su una rivista ha un valore critico e culturale incommensurabile?

-“Ricollegandomi a quanto dicevo prima i problemi sono due: la soglia di attenzione delle nuove generazioni è molto limitata. Non riescono ad approfondire nulla, vogliono sapere tutto di tutto, ma in realtà non sanno niente di niente. Tutto il mondo è diventato più veloce, la comunicazione informatica, i social network; sembra che ci sia una gara ad andare sempre più veloce. Oggi è importante essere connessi col mondo “sempre”. Bisogna avere sempre un tablet, un iphone o un laptop a disposizione per twittare o taggare qualunque cosa su FB. Non sono un retrogrado, uso le nuove tecnologie, ho anch’io FB e un iphone, ma li uso con moderazione, sono io che uso loro, non sono loro che usano me. Per tornare alla tua domanda, la seconda ragione è legata ad un fattore culturale generale. Tutto parte dalle radici, bisogna insegnare ai nostri figli a leggere, ad avere passione per le cose, ad avere curiosità, ad approfondire. E’ meglio sapere dieci cose bene, che conoscerne cento male. E’ dura però, lo vedo con mio figlio. Ha migliaia di dischi fra cui scegliere, ma non li guarda neanche, mi chiede solo di caricargli gli mp3 sull’ipod. Leggere le riviste poi non ne parliamo; fa fatica anche a leggere i libri di scuola, figuriamoci le riviste. Mio figlio ha 13 anni, giusto per darvi un’idea. Perlomeno il rock gli piace, quest’anno l’ho fatto esordire ai concerti e l’ho portato al Gods Of Metal e si è divertito.”

A stretto giro di tempo, parliamo di questi giorni, escono due libri a tua firma per i tipi di Tsunami. Parliamo del primo, I Cento Migliori Dischi Death Metal che hai coscritto con la collega Barbara Francone e che va ad arricchire una collana che ti vede autore dello stesso tipo di pubblicazioni per la NWOBHM e per il Thrash. Com’è nata l’idea di questa collana ? Inoltre questa volta il pool di autori è ristretto solo a te e Barbara…

-“L’idea è nata prima di tutto dalla passione perché il metal negli anni si è frammentato in molto sottogeneri e c’è quindi bisogno di fare un po’ di ordine e di distinguere, come si suol dire, il grano dal loglio. I 100 dischi permettono di approfondire un genere, ricercando l’essenziale, il meglio per poi proseguire ad approfondire. Come detto prima, la quantità di dischi in circolazione è enorme per cui bisogna fare il punto su ciò che vale e ciò che è trascurabile. E’ questo penso sia ancora il compito delle riviste e dei libri, discriminare ciò che ha un valore da ciò che non lo ha. Mi metto nei panni di un ragazzo che cerca qualcosa in rete. In rete si trova tutto ma, come dicevo prima, proprio per questo è difficile sapere trovare ciò che “realmente” ci interessa. Noi abbiamo scelto ciò che per noi vale in questi sottogeneri. In realtà è tutta una scusa per andare a riascoltarsi un po’ di bei vecchi dischi. Abbiamo ristretto il numero dei partecipanti perché si guadagna poco e così, meno si divide, più si guadagna. A parte gli scherzi, ma neanche tanto, è più facile organizzare il lavoro in due che in quattro ed il risultato è anche più omogeneo. Se qualcuno se lo ricorda, ho scritto anche due guide per Rumore, una sul grunge ed una sull’hardcore. Sono molto soddisfatto della collaborazione con Tsunami perché sono dei veri fan del rock e gente che è in questo business soprattutto per passione. Se possibile nel tempo usciranno anche i 100 migliori dischi black metal e poi, un’idea un po’ pazza mia, i 100 migliori dischi di musica dura degli anni 60, un modo per scoprire ed approfondire le radici della musica dura partendo dal blues e dai primi tentativi di distorsione ed amplificazione del suono.”

Il secondo, in uscita, s’intitola Masters Of Reality ed analizza dischi, musica e testi dei Black Sabbath era Ozzy… Una tua passione di gioventù che si concretizza in questo testo “importante”!!! Descrivici la genesi di quest’opera e le sue peculiarità che possano convincere chi sta leggendo a diventare potenziale acquirente dell’opera…

-“Questo libro è stata la mia nemesi. L’idea l’ho avuta tanti anni fa, ma per un motivo o per l’altro ho sempre procrastinato la sua realizzazione finchè i ragazzi di Tsunami mi hanno dato una scadenza ed allora mi sono messo sotto per finirlo. E’ un atto d’amore e di giustizia nei confronti di un gruppo che amo e che è stato spesso frainteso e bistrattato. Spero di averne parlato in un modo diverso dal solito e che possa rendere giustizia al valore della band. Vengono analizzati con attenzione quasi maniacale tutti gli album, i testi e la musica per spiegare veramente al lettore chi erano veramente i Black Sabbath e quali erano le loro intenzioni.”

Stefano, chi, tra gli innumerevoli personaggi che hai incontrato, ti ha lasciato piacevoli ricordi ?

-Tantissimi, soprattutto i “grandi vecchi” del rock, gente che ha vissuto di tutto nella vita ed ha bellissime storie da raccontare. I grandi, soprattutto gli inglesi, sono dei signori e molti di loro mi hanno trattato con rispetto vedendo che ero un vero fan. Ovviamente i miei ricordi più belli sono legati alle interviste dei miei miti, Brian May, Tony Iommi, Ozzy, Ian Gillan, David Coverdale, Ronnie James Dio (R.I.P.). Steven Tyler, Jimmy Page, Robert Plant, Brian Johnson, Alice Cooper, Lemmy Geddy Lee, Ian Anderson, Phil Mogg, Gary Rossington e tantissimi altri, troppi per ricordarli tutti. Ho fatto il conto di avere fatto più di 1000 interviste in vita mia. Mi mancano pochissime “figurine” per completare il mio album personale ed alcune so che non le troverò mai (Mick Jagger, Paul McCartney, Dave Gilmour). Più realisticamente spero di avere ancora una chance di parlare ed incontrare Ted Nugent, Eddie Van Halen, John Lydon, David Lee Roth o Axl Rose. Gli altri li ho tutti, almeno quelli che mi interessano”

In questo momento la musica occupa tutta la tua vita lavorativa ? E chi è Stefano Cerati nella vita di tutti giorni ?


-“C’è un detto che recita più o meno. “Fa del tuo lavoro una passione e non lavorerai un giorno in vita tua.” Più o meno è quello che faccio io; vivo di rock, ho questa fortuna, nel senso che mi ci pago le bollette. Ascolto dischi tutto il giorno, lavoro a casa, ho più tempo per stare con mia moglie ed i miei figli. Sono fortunato perché il mio lavoro è andare ai concerti, ai festival o intervistare gli artisti. Francamente non riesco ad immaginare un lavoro migliore. Quindi io non ho un lavoro, ho una passione. Ma fortunatamente ne ho tante altre, lo sport, gli amici, la birra rossa, buoni libri, buoni film, viaggi, arte, teatro. La vita è breve ed io cerco di godermi le cose buone più che posso. Sono una persona normalissima con l’entusiasmo di un ventenne anche se ho cinquant’anni. Sono solo una persona molta organizzata che cerca sempre il modo di fare tutto, anche se negli ultimi anni con l’età che avanza e con le due pesti in casa (i miei due figli) è più dura.”

C’è qualche gruppo o diramazione particolare del metal che ti sta prendendo particolarmente in quest’ultimo periodo ?

-“Tristemente no. Negli anni duemila non è uscito nessun fenomeno significativo. La gente riscopre oggi la bellezza del classic rock suonato come si faceva negli anni 70. E’ quindi come un cerchio che si chiude. Apprezzo molto band come Wolfmother, Rival Sons, The Answer, The Treatment, The Darkness, Black Mountain che suonano un rock classico, ma sfortunatamente non inventano nulla di nuovo. Dobbiamo accontentarci. Il genere più coraggioso ed aperto continua ad essere il black metal che ormai si è talmente contaminato con altri generi da essere diventato una cosa diversa. Presto molta attenzione a band black nuove come Lesbian, Nachtmystium, Wolves In The Throneroom, Deathspell Omega, Alcest.”

La cosa che mi colpisce particolarmente di te è che osservando le tue foto che circolano sul web, scattate durante i concerti o con i vari personaggi che nel tempo incontri, sempre e dico sempre hai un sorriso sincero e contagioso, che trasmette tutta la tua passione !!! Ed allora ti chiedo cos’è la musica, cos’è il rock, non per il professionista ma per l’uomo Stefano Cerati ?


-“Facile rispondere. Musica è vita, è entusiasmo, ma soprattutto è energia, energia positiva, energia buona. Ancora oggi non riesco a stare fermo quando ascolto gli Slayer. Nessuna band riesce a darmi quella carica. Ed è proprio vero che il rock mantiene giovani. Io faccio tante cose che i ragazzi di vent’anni non fanno. Ancora mi faccio trasferte massacranti per i festival, dormo in tenda e non mi faccio la doccia per tre giorni oppure sto sveglio in aeroporto quando vado a Londra e ritorno col primo volo della mattina senza dormire (quello che io ed i miei amici chiamiamo “il giro della morte”) perché ho la PASSIONE per il rock. Non riuscirei a fare quello che faccio se non avessi la passione che ho. Come diceva Lemmy “se pensi di essere troppo vecchio per il rock, allora forse lo sei”. Ecco io sono così, non sono ancora abbastanza vecchio, ahah.”

Ancora ti ringraziamo per quest’incontro “virtuale” e, salutandoti calorosamente, ti chiediamo di chiudere con le tue parole quest’intervista…

-“Volevo dire un paio di cose che non mi hai chiesto. Curiosamente non ho mai suonato e quindi non sono un musicista frustrato che poi ha ripiegato sul giornalismo. Semplicemente non ci ho mai provato. Forse perché intimamente sapevo di non avere talento per suonare. Se ho un talento, è quello di scrivere. Mi piace raccontare storie, belle storie, andare a fondo delle cose. La seconda cosa che volevo dire è che sono una persona aperta di mente, ottimista, entusiasta della vita e che vede sempre il bicchiere mezzo pieno (tanto poi a svuotarlo ci penso io, ahah), ma soprattutto curiosa. La curiosità è il sale della vita ed è questo che ci fa andare avanti e ci impedisce di sederci. Sedersi è come morire ed io non voglio morire, voglio fare ancora tante belle cose e scrivere ancora tante belle storie. E magari pubblicare dei romanzi horror e hard boiled (stay tuned).” Grazie a te delle belle domande ed a tutti voi che leggerete le risposte. Stefano Cerati

Salvatore Mazzarella