HORSEBACK - Half Blood


Reapse Records

Horseback è Jenks Miller da Chapel Hill, North Carolina. Lui è il chitarrista dei Mount Morian, è batterista con In The Year Of The Pig, è anche un autore solista e ha mani in pasta in un altro progetto denominato In Deux Trois. Gli Horseback hanno inciso già diverse cose, e questo nuovo album esce per la Relapse. Jenks Miller compone da solo, ma nella sostanza non disdegna di condividere le sue idee e lo studio di registrazione con altri, come John Crouch, Nick Petersen, Nora Rogers, Rich James, Bradley Cook, Jon Mackey e altri ancora. "Half Blood" cristallizza dentro di se canzoni lente e andanti, a metà tra lo psycho-rock, schemi folk e minimal rock, l'alternative e i Merzbow. "Mithras", "Ahriman", due canzoni che aprono l'album e lo segnano con le atmosfere lente, soffuse, placide, grazie anche all'organo che in sottofondo si distende come un lago di acque sonnacchiose, se non fosse per quel cantato spettrale, quel sussurro in screaming. Si, come un rock portato ai confini di se stesso. Jenks non rientra nei canoni ed ecco che "Inheritance (The Changeling)" è una lunga sperimentazione rumorista: onde radio, suoni in crescendo, rumori, note sparse e improvvise. Tutto finisce in dissoluzione, mentre monta una melodia frammentaria. "Arjuna" è un nuovo passo, una nuova cadenza, sempre lenta, ma con una batteria più marcata e con la melodia che diventa sinuosa, nonostante delle chitarre comunque scheletriche. "Arjuna" è una sorta di alternative-noise rock ma con un clima stile anni 70. C'è in esso qualcosa di acido e in parte southern. Non è possibile catalogare nulla con Miller e quando arriva "Hallucigenia", la quale è divisa in tre parti, ci si rende conto che qualcosa di inaspettato o ancora più controverso sta per sorgere. La sezione "Hermetic Gifts" di questa suite è un crescendo di tastiere e suoni, la melodia c'è, ma è camuffata, ombrosa. "Spiritual Junk" si sviluppa in quasi sei minuti: il clima è inquietante, la batteria è colpita in modo ossessivo, i synth si stratificano, una chitarra emerge in arpeggio, sovraccarica di delay e distorsioni vibranti. "Spiritual Junk" termina tra feedback, suoni slabbrati e incerti. La terza parte successiva di "Hallucigenia", cioè "The Emerald Tablet" ha qualcosa che ricorda il krautrock: i crescendo sonori dei Faust, i suoni dilatati dei Neu e tutta quella roba li. E' un mantra di onde sonore e in loop che vanno avanti per dodici minuti e tracciano una costellazione di momenti stranianti. La mente vola, la musica avvolge il sistema nervoso. A quel punto il mondo sparisce e Jenks Miller ci ha tirato via metà del nostro sangue. Il suo scopo è stato raggiunto!

Voto: 7,5/10

Alberto Vitale